È L’IMMAGINE OTTICA PIÙ NITIDA MAI REALIZZATA DI QUESTO ASTRO CICLOPICO

R136a1, la stella più massiccia dell’universo in HD

Utilizzando lo strumento Zorro montato sul telescopio cileno Gemini South dell'International Gemini Observatory, un gruppo di astronomi ha ottenuto l'immagine più nitida mai realizzata prima di R136a1, un colosso di massa compresa fra 170 e 230 masse solari. Meno massiccia di quanto si pensasse in precedenza, ma comunque ben salda sul gradino più alto del podio dei pesi massimi. I risultati dello studio sono riportati in un articolo in uscita su ApJ

     23/08/2022

Nell’universo si stima vi siano da diecimila miliardi di miliardi (1022, un 1 seguito da 22 zeri) a un milione di miliardi di miliardi (1024, un 1 seguito da 24 zeri) di stelle. Alcune di esse sono pesi piuma. Altre sono pesi leggeri. Altre ancora pesi medi. Infine ci sono loro, i pesi massimi del cielo: stelle che superano le cento masse solari. In genere presenti nei cuori densamente popolati di grandi ammassi stellari, questi giganti del cosmo hanno una vita relativamente “breve”: in pochi milioni di anni bruciano le loro riserve di carburante per poi esplodere come potenti supernove.

R136a1 è una di queste stelle. Situata all’interno di R136 – un ammasso stellare che si trova a circa 160mila anni luce dalla Terra al centro della Nebulosa Tarantola, nella Grande Nube di Magellano,  una galassia satellite della Via Lattea – R136a1 è a oggi la stella più massiccia che si conosca nell’universo. Sfruttando le capacità del telescopio cileno Gemini South da 8,1 metri di diametro dell’Osservatorio Internazionale Gemini, un team internazionale di astronomi ha ora ottenuto, di questo peso massimo, l’immagine ottica più nitida mai realizzata. Una immagine che ha permesso di ri-stimare con una migliore approssimazione la massa della stella.

Crediti: International Gemini Observatory/NoirLab/Nsf/Aura. Processamento immagini: T.A. Rector (University of Alaska Anchorage/ NoirLab), M. Zamani e D. de Martin; Nasa/Esa Hubble Space Telescope

Lo “scatto”, che vedete qui sopra nel riquadro a sinistra, è in realtà il frutto di 40mila esposizioni di appena 60 millisecondi catturate nel corso di 40 minuti, combinate insieme per realizzare una foto con una risoluzione di circa 30 milliarcosecondi. Quella che vedete nel riquadro a destra, visibilmente più sfocata, è invece un’immagine dell’ammasso scattata in precedenza con il telescopio spaziale Hubble. L’ammasso stellare che ospita R136a1 era infatti già stato osservato anche utilizzando il telescopio spaziale Nasa/Esa e una varietà di telescopi terrestri. Sebbene nessuno di questi telescopi sia stato in grado di ottenere immagini sufficientemente nitide da risolvere i singoli componenti stellari, gli astronomi avevano stimato per la stella una massa compresa tra 250 e 320 volte quella del Sole.

Le nuove osservazioni, effettuate utilizzando lo strumento Zorro di Gemini South – un imager che utilizza la tecnica dello speckle imaging per ridurre drasticamente gli effetti negativi della turbolenza atmosferica e ottenere così immagini astronomiche di eccezionale qualità e nitidezza –, indicano una massa della stella compresa tra 170 e 230 masse solari. Si tratta di una stima significativamente inferiore alle precedenti, che lascia comunque R136a1 ancora sul gradino più alto del podio dei pesi massimi.

«La stella più massiccia che attualmente conosciamo non è così massiccia come pensavamo in precedenza», dice Venu M. Kalari, astronomo presso il Gemini Observatory e primo autore dell’articolo, accettato per la pubblicazione su The Astrophysical Journal, che descrive i risultati dello studio. Un risultato, questo, che ha almeno due implicazioni. La prima, sottolinea Kalari, è «che il limite superiore delle masse stellari potrebbe essere più piccolo di quanto si pensasse in precedenza». La seconda riguarda l’origine nell’universo di alcuni elementi più pesanti dell’elio. Questi elementi vengono creati durante la morte esplosiva di stelle oltre 150 masse solari in eventi che gli astronomi chiamano supernove a instabilità di coppia. Se R136a1 è meno massiccia di quanto si pensasse in precedenza, spiegano i ricercatori, lo stesso potrebbe valere per altre stelle massicce. Di conseguenza, le supernove con instabilità di coppia potrebbero essere più rare del previsto.

«Gemini South continua a migliorare la nostra comprensione dell’universo, trasformando l’astronomia come la conosciamo», conclude Martin Still, astrofisico responsabile del programma Gemini. «Questa scoperta è un altro esempio delle imprese scientifiche che possiamo realizzare grazie alle collaborazioni internazionali, utilizzando un’infrastruttura di alto livello tecnologico e un team stellare».

Per saperne di più:

  • Leggi su arXiv il preprint dell’articolo in uscita su The Astrophysical JournalResolving the core of R136 in the optical”, di Venu M. Kalari, Elliott P. Horch, Ricardo Salinas, Jorick S. Vink, Morten Andersen, Joachim M. Bestenlehner e Monica Rubio

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