Non sempre c’è bisogno di nuovi dati, per fare ricerca astrofisica di punta. Spesso si arriva a risultati importanti anche attraverso il “riciclo” di quelli già raccolti: rianalizzando, cioè, i dati presenti negli archivi con uno sguardo nuovo, magari multidisciplinare. È ciò che da anni sollecita e sostiene concretamente l’International Space Science Institute (Issi), un’organizzazione non-profit con base a Berna che promuove incontri fra scienziati di tutto il mondo – in un ambiente caratterizzato, appunto, dalla forte interdisciplinarietà – per raggiungere nuovi traguardi scientifici nell’ambito, in particolare, della fisica del Sistema solare e delle scienze planetarie, dell’astrofisica, della cosmologia, delle scienze della Terra e dell’astrobiologia.
Fra i 25 progetti scientifici selezionati dall’Issi per il 2022, due hanno come team leader altrettante ricercatrici dell’Istituto nazionale di astrofisica: Raffaella D’Amicis, di Roma, dove lavora nel campo della fisica del mezzo interplanetario (in particolare, sulla turbolenza nel vento solare), e Anna Galiano, nata a Taranto e originaria di Oria, in provincia di Brindisi, ora approdata – dopo una laurea a Lecce e un dottorato a Roma Tor Vergata – nello stesso istituto della collega D’Amicis, l’Inaf Iaps di Roma, dove si occupa dello studio di superfici planetarie e di corpi minori del Sistema solare. Entrambe avranno dunque l’opportunità di organizzare, nel corso dei prossimi 12-18 mesi, una serie di due o tre team meeting nelle sedi dell’Issi di Berna o di Pechino, con ospitalità interamente a carico dello stesso Issi, per condurre ricerche – lavorando con gruppi di scienziati di diversi laboratori, nazionalità ed esperienza – da pubblicare poi su riviste scientifiche. Di quali ricerche si tratti lo raccontano loro stesse a Media Inaf.
«L’ambito di ricerca del mio progetto», spiega Raffaella D’Amicis, che guiderà il suo team insieme a Marco Velli della Nasa, «è la fisica solare ed eliosferica. Il mio team, formato da 12 scienziati europei e statunitensi, ha l’obiettivo di comprendere l’origine e l’evoluzione del vento solare lento alfvénico, che mostra cioè correlazioni tra le fluttuazioni del campo magnetico e quelle della velocità del plasma, solitamente osservate nei flussi di vento solare veloce. Si utilizzeranno dati delle due recenti missioni Parker Solar Probe e Solar Orbiter che, congiuntamente, stanno esplorando la regione più interna e sconosciuta del Sistema solare e da satelliti posti nel punto lagrangiano L1, studiando in particolare il ruolo relativo della rapida espansione del campo magnetico solare e della turbolenza alfvénica nell’accelerazione del vento solare. Benché vento lento alfvénico e veloce abbiano origine da regioni di campo magnetico aperto, il vento lento alfvénico sembra subire una forte espansione super-radiale nella corona, che può avere origine da strette estensioni equatoriali di buchi coronali polari e/o da piccoli buchi coronali isolati a bassa latitudine. Lo studio di questo regime di vento solare può fornire una migliore comprensione dell’origine e accelerazione del vento solare in generale che è ancora un problema aperto nella fisica solare».
Il progetto del team di 11 scienziati europei e statunitensi coordinato da Anna Galiano ha invece come obiettivo scientifico Mercurio, e in particolare la caratterizzazione dei depositi piroclastici formatisi sul pianeta in seguito a vulcanismo di tipo esplosivo. «I depositi saranno studiati usando i dati forniti da tre strumenti a bordo della sonda Messenger, che ha visitato e studiato il pianeta Mercurio», ricorda la ricercatrice, «dal 2011 al 2015: la camera Mdis, lo spettrometro Mascs e il laser Mla. Le analisi dei dati di remote sensing saranno supportate da misure in laboratorio e modelli. Con questo approccio multidisciplinare potremo indagare alcune proprietà dei depositi piroclastici, come la composizione e la dimensione dei piroclasti, la loro evoluzione e la natura dei gas responsabili delle eruzioni. Tale indagine è uno strumento importante per ottenere ulteriori informazioni sulla composizione del magma e sull’evoluzione termica del pianeta più vicino al Sole. Infine, tale studio potrà rivelare potenziali target che potranno essere indagati con strumenti ad alta risoluzione presenti sulla sonda BepiColombo dell’Esa e della Jaxa, che raggiungerà Mercurio alla fine del 2025».