LO STUDIO SU NATURE ASTRONOMY

All’origine del problema del riscaldamento coronale

Grazie a simulazioni al supercomputer, un team di astronomi guidati dall'Università di Otago, in Nuova Zelanda, ha scoperto che alla base del riscaldamento della corona solare – uno dei misteri che da decenni i fisici solari cercano di risolvere – potrebbe esserci la cosiddetta barriera di elicità, un meccanismo unificatore delle due teorie precedentemente proposte per spiegare questo enigma

     25/03/2022

Illustrazione artistica che mostra la sonda Nasa Parker Solar Probe sorvolare la corona solare. Crediti: Nasa / John Hopkins Apl / Ben Smith

Man mano che ci si allontana da una fonte di calore, è esperienza quotidiana, la temperatura diventa gradualmente inferiore. Stranamente, però, ciò non vale per la nostra stella. Non ovunque, almeno: passando dal nucleo – il luogo dove avvengono le reazioni di fusione nucleare – alla superficie – la fotosfera – la sua temperatura diminuisce, scendendo da decine di milioni a migliaia di gradi; tuttavia, al limite esterno di questo strato, la temperatura inizia a risalire, toccando nella corona – l’atmosfera esterna del Sole – il milione di gradi. Perché ciò accada è in parte ancora un mistero irrisolto. Un mistero sul quale lo studio di un team di scienziati guidati dall’Università di Otago, in Nuova Zelanda, i cui risultati sono stati pubblicati ieri su Nature Astronomy, sta contribuendo a far luce.

«Sappiamo dalle misurazioni e dalla teoria che l’improvviso innalzamento della temperatura della corona è correlato ai campi magnetici che fuoriescono dalla superficie del Sole», ricorda Jonathan Squire, ricercatore all’Università di Otago e primo autore dello studio, «ma il modo esatto in cui ciò avviene non è ben compreso. Questo è noto come il “problema del riscaldamento coronale”».

Le principali teorie proposte per spiegare lo strano fenomeno dell’innalzamento della temperatura nella corona solare, e la conseguente accelerazione del vento solare che da questo strato dell’atmosfera si origina, si basano sul riscaldamento causato da turbolenze prodotte da onde Alfvéniche e sul riscaldamento causato da un tipo di onde magnetiche chiamate onde ioniche ciclotroniche. Simili teorie devono dar conto di come l’energia dei moti della fotosfera e dei campi magnetici presenti possa essere liberata per causare un riscaldamento così estremo e improvviso del plasma coronale, insieme alla sua accelerazione a velocità ben superiori alla velocità di fuga del Sole, con il vento solare.

I due paradigmi proposti soddisfano, almeno in linea di principio, i requisiti di cui sopra. «Entrambe le teorie, tuttavia, hanno qualche problema», sottolinea Romain Meyrand, ricercatore all’Università di Otago, tra i firmatari dello studio. «La turbolenza fatica a spiegare perché l’idrogeno, l’elio e l’ossigeno nel gas diventino così caldi, mentre gli elettroni rimangono sorprendentemente freddi. La teoria delle onde magnetiche potrebbe spiegare quest’ultima caratteristica, tuttavia non sembra che ci siano abbastanza onde che escono dalla superficie del Sole per riscaldare il gas».

Squire e Meyrand, insieme a ricercatori delle università di Princeton (Usa) e di Oxford (Regno Unito), hanno utilizzato simulazioni al supercomputer del gas coronale, scoprendo che le due teorie possono essere fuse in una sola, concorrendo insieme a risolvere un pezzo chiave del mistero. Secondo quanto riportato nello studio, il filo unificatore delle due teorie del riscaldamento coronale potrebbe essere un effetto scoperto dallo stesso team di ricerca in uno studio precedente, chiamato “barriera di elicità”.

«Se paragoniamo il plasma all’acqua che scorre giù da una collina, con il riscaldamento degli elettroni che avviene a fondo valle, la barriera di elicità agisce come una diga, interrompendo il flusso e deviando la sua energia in onde ioniche ciclotroniche. In questo modo, la barriera collega le due teorie e risolve ciascuno dei loro problemi individuali», spiega Meyrand. Una conclusione, questa, che i ricercatori traggono dal risultato delle loro simulazioni: la turbolenza nella corona ha creato le onde e queste hanno provocato il riscaldamento del plasma.

«Quando ciò accade», nota Meyrand, «le strutture e i vortici che si formano sembrano estremamente simili a quanto si osserva nei dati delle sofisticate misurazioni della sonda Nasa Parker Solar Probe, diventata recentemente il primo oggetto creato dall’uomo a volare effettivamente nella corona. Questo ci dà la certezza che stiamo analizzando accuratamente la fisica chiave della corona che, insieme alle scoperte teoriche sui meccanismi di riscaldamento, è un percorso promettente per comprendere il problema del suo riscaldamento».

Comprendere la fisica che si svolge nella corona solare significa anche comprendere meglio la fisica del vento di particelle che si origina da questo strato dell’atmosfera: il vento solare, ricordano i ricercatori. E poiché i suoi effetti si possono manifestare sulla Terra, ad esempio attraverso le tempeste geomagnetiche – fenomeno studiato dalla meteorologia spaziale – lo studio della corona, oltre che per la nostra comprensione generale del Sole, è importante anche per il profondo impatto che la sua dinamica può avere sul nostro pianeta.

«Con una migliore comprensione della fisica di base della corona, forse in futuro saremo in grado di costruire modelli migliori per prevedere il meteo spaziale», concludono i ricercatori. «Ciò consentirà l’implementazione di strategie di protezione che potrebbero scongiurare, letteralmente, miliardi di dollari di danni».

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