IN PREVISIONE DELLE MISSIONI MARZIANE DEI PROSSIMI ANNI ‘30

Lattuga spaziale per prevenire l’osteoporosi

Insalata transgenica in grado di stimolare l’ormone deputato alla crescita ossea per contrastare l’osteopenia degli astronauti nelle lunghe missioni spaziali: la pianta è stata presentata ieri alla conferenza dell’American Chemical Society

     23/03/2022

Lattuga transgenica che produce un ormone che stimola la crescita ossea e che potrebbe aiutare a prevenire la perdita ossea nello spazio e sulla Terra. Crediti: Kevin Yates

Quali fonti alimentari sono ricche di calcio? Molti di voi sicuramente penseranno subito: latte e latticini. In verità, moltissimi vegetali ne sono ricchi e, fra questi, un posto di tutto rispetto è occupato dalle verdure a foglia verde: rucola, bieta, cicoria, tarassaco e anche alcuni tipi di insalata. E forse ricorderete anche il caso della lattuga spaziale prodotta nel Vegetable production system (Veggie) a bordo della Stazione spaziale internazionale (Iss). La notizia è che è stata creata una nuova varietà di lattuga che produce un ormone stimolante della crescita ossea: coltivarla direttamente sulla Iss (o a bordo di future lunghe missioni spaziali) potrebbe essere una soluzione pratica e intelligente per combattere i problemi di perdita di massa ossea associati alla permanenza nello spazio. La lattuga in questione è stata presentata alla conferenza di primavera dell’American Chemical Society ieri, martedì 22 marzo, e potrebbe essere impiegata anche sulla Terra per combattere l’osteoporosi.

Un astronauta perde, in media, più dell’uno per cento della massa ossea per ogni mese trascorso nello spazio, una condizione nota come osteopenia. Per cercare di contrastarla, chi si trova in missione sulla Iss deve mantenere determinati regimi di esercizio. E se questo può essere sufficiente per un periodo di permanenza di sei mesi – quello tipico di un astronauta sulla Iss – la musica cambia se pensiamo alle missioni estese che le agenzie spaziali mondiali stanno progettando per il futuro. Prendiamo il caso di Marte: per arrivarci ci vogliono circa dieci mesi, l’esplorazione in sito durerebbe circa un anno e poi occorrerebbero altri dieci mesi per tornare sulla Terra. In totale, almeno tre anni: un tempo più che sufficiente perché l’osteopenia si manifesti e porti con sé il rischio concreto di trasformarsi, più tardi, in osteoporosi.

Come fare, quindi? Esiste, attualmente, un farmaco che contiene un frammento dell’ormone paratiroideo umano (Pth) che stimola la formazione ossea: questo potrebbe certamente aiutare a ripristinare la massa ossea in microgravità, ma richiede iniezioni giornaliere e, inoltre, trasportare grandi quantità del farmaco e siringhe durante le missioni spaziali è poco pratico. E qui arriva l’idea: trovare un modo per indurre gli astronauti a produrlo da soli, questo ormone. E cosa c’è di più pratico che portare con sé dei piccoli semini transgenici – ce ne stanno, pensate, migliaia in una fiala delle dimensioni di un pollice – e coltivarli come normale lattuga da consumare durante i pasti?

Sulla Stazione spaziale, l’abbiamo detto, la coltivazione di ortaggi – e lattuga – è ormai sdoganata. Per modificare geneticamente la lattuga, i ricercatori dell’Università della California hanno usato un particolare batterio (Agrobacterium tumefaciens) utilizzato comunemente in laboratorio perché in grado di trasferire geni alle piante. Non solo: nella lattuga in questione gli scienziati hanno incluso anche un frammento di un’altra proteina che rende il contenuto di Pth più biodisponibile, e quindi più efficace.

I risultati preliminari indicano che, in media, le piante esprimono circa 10-12 milligrammi dell’ormone peptidico modificato per chilogrammo di lattuga fresca. Secondo gli autori, assumendo circa il 10 per cento di biodisponibilità, gli astronauti avrebbero bisogno di mangiare circa 380 grammi di lattuga al giorno per ottenere una dose sufficiente di ormone: un’insalata piuttosto grande. Per questo, i ricercatori stanno cercando di analizzare diverse varietà di lattuga transgenica per trovarne una con un’espressione dell’ormone Pth maggiore. Rimane anche da verificare, poi, che la crescita in microgravità non alteri la produzione e l’espressione del gene. Quanto al gusto, infine, è ancora ignoto: gli scienziati non si aspettano grandi differenze rispetto alla lattuga tradizionale, ma prima di procedere all’assaggio bisogna essere sicuri che non vi siano effetti collaterali inattesi e, soprattutto, che la funzionalità sia garantita.