TRA LE COSTELLAZIONI DI PEGASO E DI ANDROMEDA

Capodanno col botto: visto un Grb da record

Ha viaggiato per oltre 12 miliardi di anni, è arrivato sulla Terra all’alba del primo gennaio ed è uno dei lampi di raggi gamma più potenti e lunghi mai registrati. Fra i primi strumenti al mondo a intercettarne e caratterizzarne il segnale, quelli a bordo del telescopio spaziale “made in Italy” Agile e quelli dei telescopi dell’Osservatorio di Asiago dell’Inaf di Padova. Na parliamo con due fra i protagonisti dell’osservazione, Alessandro Ursi e Lina Tomasella dell’Inaf

     03/01/2022

La regione di cielo nella quale è stato osservato Grb 220101A, tra le costellazioni di Pegaso e Andromeda. Crediti: Lina Tomasella/Inaf

Il botto di Capodanno più spettacolare, per gli astronomi, è arrivato quando qui da noi era già l’alba, alle 06:09:55 ora italiana di sabato primo gennaio. Mentre a New York era passata da pochi minuti la mezzanotte, a circa 600 km sopra le nostre teste il Burst Alert Telescope (Bat) del satellite Swift della Nasa registrava un improvviso flusso di fotoni ad altissima energia (nel range 15-350 keV) lungo parecchie decine di secondi: la firma inequivocabile di un lampo di raggi gamma. Un Grb, dall’inglese gamma ray burst. Il primo Grb dell’anno, da cui il suo “nome”: la sigla Grb 220101A, dove il numero a sei cifre sta per il primo gennaio del 2022.

Circa 15 secondi dopo, il segnale viene registrato anche dagli strumenti a bordo di altri due satelliti per le alte energie: dal Large Area Telescope (Lat) del telescopio Fermi della Nasa e dai rivelatori di Agile, un piccolo gioiello per la rilevazione dei raggi gamma interamente made in Italy attivo dal 2007, che nasce da una collaborazione tra l’Asi, l’Inaf, l’Infn e diverse università italiane, e che già ha avuto occasione di osservare altri Grb da record, come ad esempio Grb 080916C e Grb 160625B. Da un’analisi preliminare dei dati raccolti emerge subito che Grb 220101A non è solo il primo del 2022: è anche uno fra i lampi di raggi gamma più energetici di sempre. E se consideriamo che i lampi di raggi gamma, in generale, sono – Big Bang a parte – i fenomeni più potenti dell’universo, in grado di raggiungere luminosità pari a milioni di volte quella dell’intera nostra galassia, è facile intuire l’eccezionalità di questo evento.

«È molto raro osservare eventi così lunghi ed energetici», spiega a Media Inaf il primo autore della circolare (Gcn) che riporta l’osservazione con Agile, Alessandro Ursi dell’Inaf Iaps di Roma. «Il Grb 220101A ha attirato grande interesse da parte della comunità scientifica e in due giorni sono già state pubblicate più di venti Gcn che riportano osservazioni effettuate da missioni spaziali e da osservatori astronomici a terra».

Infatti nell’arco di pochi minuti dalle prime osservazioni avvenute nello spazio si mette in moto una catena ben collaudata per allertare telescopi di tutto il mondo e invitarli a osservare nella direzione dalla quale proviene il lampo gamma: un fazzoletto di cielo tra le costellazioni di Pegaso e Andromeda, ben circoscritto dallo strumento Xrt di Swift. La prima osservazione da Terra arriva alle 15:33 ora italiana da parte del telescopio robotico Master-Kislovodsk, in Russia, dove il Sole è appena tramontato. Nel frattempo il telescopio cinese Xinglong-2.16m offre una prima stima della distanza, calcolando un redshift z = 4.61, suggerendo dunque che si tratti di un segnale emesso oltre 12 miliardi di anni fa, quando l’universo aveva poco più di 1.3 miliardi di anni. E all’inizio della notte è il turno dei telescopi della Stazione osservativa di Cima Ekar dell’Inaf, ad Asiago.

«Non avevo guardato gli email quel primo giorno dell’anno», racconta a Media Inaf la prima autrice della circolare che riporta l’osservazione da Asiago, l’astronoma Lina Tomasella dell’Inaf di Padova, «ma verso le 22 mi ha chiamata al cellulare Enzo Brocato; ho pensato subito che potesse esserci un evento particolare in cielo. Altre volte ci siamo sentiti con Enzo dopo un alert da Ligo e Virgo per coordinarci – come gruppo Grawita – nella ricerca con i nostri telescopi Inaf delle controparti ottiche di onde gravitazionali, ma in questo periodo gli interferometri non sono in funzione. Con una certa ansia ho capito da Enzo che l’afterglow ottico del Grb stava già quasi tramontando: avevo solo un’ora scarsa per attivare gli strumenti di Asiago».

«Per il telescopio Schmidt, che da un paio di anni opera in modalità robotica», continua Tomasella, «è stato facile: pochi minuti sono bastati per inserire gli OB (observing blocks) contenenti i dati utili per attivare immediatamente l’osservazione automatica. Al telescopio Copernico era di turno Mauro D’Onofrio: gli ho girato subito coordinate, mappa del cielo e le indicazioni del set-up per fare la spettroscopia. Mauro è stato abilissimo nell’ottenere uno spettro, nel poco tempo a disposizione prima che l’oggetto fosse troppo basso sull’orizzonte, che, seppur debole, ha permesso di confermare l’elevato redshift dell’evento, z=4.61, ovvero quei fotoni sono arrivati da un oggetto che dista oltre 12 miliardi di anni luce da noi, in un universo giovanissimo».

Il Copernico e lo Schmidt dell’Osservatorio di Asiago non sono gli unici telescopi italiani ad essersi subito attivati. Scorrendo la lista delle “circolari” relative all’evento sul sito del Gamma-ray Burst Coordinates Network (Gcn) si incontra infatti anche l’osservazione firmata dalll’Osservatorio astronomico Salvatore Di Giacomo, ad Agerola (NA), al quale si deve l’immagine che vedete nel tweet qui sopra.

Ma perché tanto interesse attorno a Grb 220101A? «È un evento eccezionale», sottolinea Ursi. «Ad oggi è tra gli eventi con la più alta energia isotropica equivalente (un parametro utilizzato per stimare l’energia emessa da questi fenomeni) mai ricostruita per un Grb, pari a 3.7 x 1054 erg. È un Grb molto lungo, la cui fase di prompt è durata più di due minuti. Dalle prime stime del redshift ottenute dai telescopi a terra, l’evento sembra aver avuto luogo ad una distanza di 12.4 miliardi di anni luce, ossia quando l’universo aveva solo 1.3 miliardi di anni. Nonostante questa enorme distanza, il flusso di fotoni gamma sopravvissuto fino a noi e rivelato dai satelliti per l’astrofisica delle alte energie – a oggi Swift, Fermi e Agile – è estremamente elevato. La durata del Grb 220101A è dovuta anche alla grande distanza a cui ha avuto luogo, che ha l’effetto di “stirarne” la lunghezza temporale e di farlo apparire più lungo, in accordo con la dilatazione temporale cosmologica attesa dal modello di universo in espansione».

Le curve di luce ottenute con gli strumenti SuperAgile, MiniCalorimetro e AntiCoincidenza a bordo di Agile. Fonte: Alessandro Ursi et al. Gnc 31354, 2022

«I Grb sono eventi elusivi, la cui posizione celeste non è prevedibile in anticipo», continua Ursi. «La fortuna ha voluto che il satellite Agile stesse puntando esattamente nella direzione del Grb 220101A al momento in cui ha avuto luogo, permettendone una completa rivelazione a bordo. Agile è equipaggiato con diversi strumenti, operativi in diverse lunghezze d’onda, ed è quindi in grado di fornire una panoramica spettrale degli eventi di alta energia in un range energetico che va dalla banda X fino al GeV. In particolare, analisi preliminari effettuate con lo strumento minicalorimetro (MCal), sensibile nella banda tra 400 keV e 100 MeV e dotato di una risoluzione temporale di pochi microsecondi, hanno permesso di osservare nel dettaglio i primi istanti del Grb 220101A e di determinare che si tratta di un evento estremamente “duro” (ossia caratterizzato da una massiccia presenza di fotoni di alta energia) già nelle prime fasi del suo sviluppo».

Per saperne di più:

Integrazione del 3/1/2022, ore 18:00: nel pomeriggio del 3 gennaio, quando questo articolo era già online, è stata pubblicata sul sito del Gcn anche la circolare relativa alle osservazioni di un altro telescopio italiano, il Telescopio nazionale Galileo, che portano alla prima identificazione dell’afterglow nelle bande del vicino infrarosso.