LO STUDIO SU ASTRONOMY & ASTROPHYSICS

Così esplode una luminosa variabile blu

Quali processi portano le stelle “variabili S Doradus” (Lbv, in inglese) a esplodere come supernove? Attraversano o meno la fase di stelle di Wolf-Rayet? Per indagare il fenomeno, un team di astronomi guidato da Sabina Ustamujic dell’Inaf di Palermo ha messo a punto un modello idrodinamico tridimensionale che segue l’evoluzione del materiale espulso dall’esplosione di una supernova prodotta dal collasso del nucleo di una stella Lbv

     26/11/2021

Morfologia degli ejecta ricchi in ferro (arancione), silicio (verde) e ossigeno (blu) previsti dal modello in cui l’energia rilasciata durante l’esplosione è pari a 12×1051 erg. Ogni pannello rappresenta un diverso momento dell’evoluzione del resto di supernova, col tempo che aumento dai pannelli in alto verso quelli in basso. Ogni colonna raffigura la morfologia del resto di supernova ottenuto assumendo le 4 combinazioni tra due valori di massa della stella esplosa (60 e 80 masse solari) e di velocità iniziale (0 e 300 km/s). La superficie semitrasparente mostra la posizione dell’onda d’urto, la superficie gialla mostra la posizione dell’onda d’urto inversa. Crediti: S. Ustamujic et al. A&A, 2021

Le stelle Lbv (Luminous Blue Variable, in italiano variabili S Doradus) sono stelle massicce, instabili, e caratterizzate da importanti perdite di massa, sia dovute a intensi venti stellari che a sporadici eventi di espulsione di grandi quantità di gas. A causa della loro instabilità, le stelle Lbv sono sorgenti variabili, con variazioni quasi-periodiche della loro luminosità dell’ordine di 0.5-2 magnitudini. Esempi tipici di stelle di questa classe sono: la supergigante S Doradus nella Grande Nube di Magellano, una delle stelle più luminose conosciute; la stella Eta Carinae, circondata dalla nebulosa Omuncolo formata da un’intensa espulsione di massa avvenuta circa 7500 anni fa; e la supergigante blu ζ Scorpii, visibile nella costellazione dello Scorpione nei nostri cieli estivi.

Secondo i modelli di evoluzione delle stelle massicce comunemente accettati, le stelle Lbv costituiscono una fase transiente che porta alla formazione delle stelle di Wolf-Rayet, stelle di grande massa molto calde – con temperature efficaci maggiori di 30mila gradi – che hanno espulso gli strati esterni ricchi di idrogeno. Modelli recenti indicano però che alcune stelle Lbv possano esplodere come supernove a collasso del nucleo prima di raggiungere la fase di stelle di Wolf-Rayet. Questa ipotesi è stata suggerita per spiegare l’esistenza di resti di supernova come Sn 2005gl, osservata nella galassia a spirale Ngc 266, dove l’onda d’urto sembra propagarsi in mezzi circumstellari particolarmente densi e asimmetrici, tipicamente prodotti dalle stelle Lbv.

Nel suo ultimo studio, l’astronoma Sabina Ustamujic dell’Inaf di Palermo ha sviluppato un modello idrodinamico tridimensionale che segue l’evoluzione del materiale espulso (gli ejecta) dall’esplosione di una supernova prodotta dal collasso del nucleo di una stella Lbv. Lo scopo delle simulazioni è identificare eventuali caratteristiche chimiche e morfologiche che possano permettere di identificare i resti di supernova prodotti da esplosioni di stelle Lbv. Il modello è basato sulle proprietà della stella Lbv Gal 026.47+0.02, situata a circa 21mila anni luce di distanza da noi, milioni di volte più luminosa del Sole e con una temperatura di circa 17mila gradi. La stella espelle gas al ritmo di circa 0.0001 masse solari per anno, e osservazioni in banda radio e infrarossa hanno evidenziato l’esistenza attorno la stella di due densi involucri (shells) a forma di toro – una figura geometrica a forma di ciambella. Il modello ha riprodotto l’interazione tra l’onda d’urto in espansione prodotta nell’esplosione e i due involucri di mezzo circumstellare, e la conseguente formazione di strutture elongate lungo l’asse perpendicolare al piano dei tori. Inoltre, in funzione dell’energia dell’esplosione (compresa tra 1 e 12×1051 erg), è possibile che il resto di supernova presenti delle caratteristiche disomogeneità chimiche, con gli ejecta interni più ricchi di ferro e le strutture elongate più abbondanti in silicio. Queste caratteristiche sono comuni in alcuni resti di supernova noti (come W50, Snr G309.2-00.6, Snr W44 e Snr S 147), che potrebbero quindi essere esempi di resti di supernova formati dall’esplosione di stelle Lbv.

Sabina Ustamujic, ricercatrice all’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Palermo e prima autrice dello studio pubblicato su A&A

«I resti di supernova rivelano importanti indizi sulle loro stelle progenitrici e sul mezzo circumstellare in cui queste sono esplose. Il nostro modello mostra che l’ambiente in cui una stella esplode come supernova è fondamentale nel determinare la morfologia del suo resto», spiega Ustamujic a Media Inaf, «in particolare nel caso di stelle Lbv, che sono caratterizzate da un ambiente molto denso e disomogeneo. Per tutte le progenitrici Lbv considerate in questo lavoro, abbiamo riscontrato un’asimmetria caratteristica del resto simulato, dovuta all’interazione con strati del mezzo ad alta densità. I modelli prevedono che una parte significativa di materia (soprattutto di elementi pesanti, come il ferro) ricada verso l’oggetto compatto di nuova creazione, portando generalmente alla produzione di un buco nero, e non dunque di una stella di neutroni. Un altro aspetto interessante dell’ipotesi di esplosione come supernova di stelle Lbv sta nel fatto che, date le caratteristiche estreme in termine di densità dell’ambiente e di energie in gioco, l’interazione tra l’onda d’urto dell’esplosione e il mezzo potrebbe generare radiazione gamma molto energetica».

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