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Gli evanescenti dischi protoplanetari di Dolidze 25

I tempi di dispersione dei dischi protoplanetari, e in generale i tempi disponibili per formare pianeti, sono più rapidi in ambienti a bassa metallicità. È quanto emerge da uno studio, guidato da Mario Guarcello dell’Inaf di Palermo, condotto su dati d’archivio in banda ottica e infrarossa e su osservazioni ai raggi X ottenute con il satellite Chandra della Nasa

     07/07/2021

Frazione di stelle associate a 58 ammassi stellari di varia età che ancora ospita un disco protoplanetario, in funzione dell’età dell’ammasso. Gli ammassi entro 3300 anni luce di distanza dal Sole sono segnati con cerchi neri, ammassi con una ricca popolazione di stelle massicce con cerchi rossi, ambienti a bassa metallicità con cerchi verdi. La frazione di Dolidze 25 è segnata con un simbolo a stella. Crediti: M. Guarcello et al., A&A, 2021

I dischi protoplanetari sono strutture a disco da cui si formano i sistemi planetari, e che caratterizzano le stelle di piccola massa tipicamente più giovani di 10 milioni di anni, dette stelle di pre-sequenza. Negli ultimi anni, la comunità scientifica ha rivolto una grande attenzione allo studio dell’evoluzione e della dispersione dei dischi protoplanetari. Questo per merito di strumenti come Alma che, grazie ad una risoluzione angolare senza precedenti, hanno permesso di osservare molti dischi protoplanetari con un grande dettaglio spaziale, e anche grazie all’evidenza – ottenuta in questi ultimi anni di ricerca sugli esopianeti – che la presenza di pianeti è una caratteristica comune tra le stelle della nostra galassia.

Negli ultimi decenni diversi autori hanno stimato il numero di stelle con dischi protoplanetari associati a ammassi stellari con età diverse. Grazie a questi studi, sappiamo che i dischi si disperdono rapidamente: in ammassi stellari di 5 milioni di anni la frazione di stelle con disco è tipicamente molto bassa. Questo ovviamente pone un importante limite superiore ai tempi in cui una stella può formare un sistema planetario. Inoltre, alcuni studi hanno anche dimostrato che in determinati ambienti di formazione stellare i dischi possono disperdersi ancora più rapidamente, tanto da non permettere la formazione di pianeti. Si tratta principalmente di ambienti caratterizzati da intensi campi locali di radiazione ultravioletta, emessi da ricche popolazioni di stelle massicce, o da alte densità stellari. Ambienti con queste caratteristiche sono tipici delle regioni centrali degli ammassi stellari mediamente massicci, come Ngc 6611 (l’ammasso stellare nella Nebulosa dell’Aquila) e associazioni OB più popolate, come Cygnus OB2.

Mario Giuseppe Guarcello, ricercatore all’Inaf di Palermo, primo autore dello studio sull’ammasso Dolidze 25 pubblicato su A&A

I tempi di dispersione dei dischi protoplanetari possono dipendere anche dalla metallicità dell’ambiente in cui si sono formati, ossia dall’abbondanza di elementi chimici più pesanti di idrogeno ed elio. Dall’abbondanza di elementi pesanti, infatti, dipendono diverse proprietà dei dischi, come la quantità di polveri presenti e l’opacità del materiale nel disco, ossia la capacità di assorbire la radiazione esterna, proprietà che possono essere importanti nel determinare i tempi di dispersione dei dischi. Tali ambienti però sono tipicamente lontani, e quindi difficili da studiare.

Un’eccezione a questa regola è l’ammasso stellare giovane (circa un milione di anni) Dolidze 25, alla distanza di circa 15mila anni luce da noi, caratterizzato da una metallicità bassa. Studiando dati d’archivio in banda ottica e infrarossa e osservazioni ai raggi X ottenute con il satellite della Nasa Chandra, un team guidato dall’astrofisico Mario Giuseppe Guarcello dell’Inaf di Palermo ha identificato 1091 stelle associate all’ammasso stellare, determinandone i parametri stellari e calcolando che circa il 34 per cento delle stelle di Dolidze 25 ha ancora un disco protoplanetario. Se confrontata con ammassi stellari della stessa età, questa frazione risulta essere significativamente bassa, e confrontabile con quelle regioni di formazione stellare dove i dischi sono dispersi più rapidamente a causa delle proprietà dell’ambiente circostante.

«Questo risultato indica quindi che i tempi di dispersione dei dischi protoplanetari, e in generale i tempi disponibili per formare pianeti, sono più rapidi in ambienti a bassa metallicità: un risultato importante se si considera che la metallicità della galassia dipende sia dalla distanza dal centro galattico che dall’epoca considerata».

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