LA PRIMA OSSIGENAZIONE DELLA TERRA NON NE AVREBBE FAVORITO L’EVOLUZIONE

Ossigeno e pluricellularità, relazione complicata

Uno studio pubblicato su Nature Communications mette in discussione la teoria prevalente sullo sviluppo di forme di vita multicellulari sulla Terra, secondo la quale la concentrazione del gas presente nell’atmosfera avrebbe svolto un ruolo cruciale nell’evoluzione di organismi grandi e complessi. I nuovi risultati evidenziano invece che l’ossigeno si sarebbe comportato come un’arma a doppio taglio: fornendo significativi vantaggi metabolici quando abbondante, ma sopprimendo l’evoluzione di organismi multicellulari di grandi dimensioni in condizioni di scarsità

     24/05/2021

Illustrazione artistica della Terra primordiale. Crediti: Nasa

Gli scienziati hanno pensato per lungo tempo che alla base del passaggio dagli organismi unicellulari alle prime forme di vita pluricellulari ci sia stato l’aumento dell’ossigeno nell’atmosfera terrestre, iniziato 2.5 miliardi di anni fa con il cosiddetto Grande evento di ossigenazione. Questa teoria, chiamata dagli addetti ai lavori “ipotesi del controllo dell’ossigeno”, suggerisce che la transizione dalla vita unicellulare a quella pluricellulare, in cui le singole cellule sono in grado cooperare con i meccanismi tipici delle forme di vita più complesse, sia dipesa strettamente dalla quantità di ossigeno disponibile. L’ipotesi, inoltre, prevede che con l’aumentare della concentrazione dell’ossigeno nell’atmosfera sia aumentata anche la taglia degli organismi multicellulari che popolavano la Terra. Secondo un nuovo studio pubblicato questo mese su Nature Communications, condotto da un team di ricercatori del Georgia Institute of Technology di Atlanta (Usa), le cose non starebbero esattamente così.

Mediante esperimenti di laboratorio che hanno utilizzato come modello animale il lievito unicellulare Saccharomyces cerevisiae, e grazie a sofisticati modelli evolutivi, i ricercatori hanno ottenuto nuove importanti informazioni circa la relazione esistente tra l’ossigenazione della Terra primordiale e l’emergere di grandi organismi multicellulari. I risultati dello studio suggeriscono che l’effetto dell’ossigeno sull’evoluzione della pluricellularità non sarebbe stato sempre positivo, anzi: l’iniziale ossigenazione dell’atmosfera terrestre avrebbe addirittura limitato fortemente lo sviluppo di individui multicellulari, piuttosto che selezionare organismi più grandi e complessi.

«L’effetto positivo dell’ossigeno sull’evoluzione della multicellularità è dose-dipendente: la prima ossigenazione del nostro pianeta avrebbe fortemente limitato, e non promosso, lo sviluppo di forme di vita multicellulari», dice infatti Ozan Gonensin Bozdag, ricercatore presso il Georgia Institute of Technology e autore principale dello studio. «L’effetto positivo dell’ossigeno sulle dimensioni degli organismi multicellulari si è realizzato solo quando questo ha raggiunto livelli elevati».

A sinistra, fotografia ottenuta mediante microscopia confocale che mostra diversi ammassi multicellulari di lievito. A destra, l’ingrandimento di un singolo cluster con la tipica forma di un fiocco di neve. Crediti: Shane Jacobeen, Will Ratcliff, and Peter Yunker, Georgia Institute of Technology

Come anticipato, i ricercatori hanno utilizzato come modello il lievito unicellulare Saccharomyces cerevisiae, un microrganismo eucariote capace di ricavare energia sia in presenza di ossigeno con la respirazione che in sua assenza attraverso la fermentazione –  il processo chimico che da secoli sfruttiamo per produrre il pane, il vino e la birra. Ma quello usato nello studio non è il ceppo selvatico – o wild type, come si dice in gergo – bensì un mutante nella capacità di dividersi e riprodursi, e per questo in grado di formare un “individuo” pluricellulare la cui forma ricorda i fiocchi di neve, da cui il nome snowflake yeast con cui sono chiamati questi ammassi di cellule. Dopo aver selezionato circa 800 generazioni di forme pluricellulari di questo microrganismo, i ricercatori hanno esaminato la loro capacità di evolversi in aggregati multicellulari di dimensioni maggiori sottoponendoli a diverse concentrazioni di ossigeno.

«Le grandi dimensioni si sono evolute facilmente quando i nostri lieviti non avevano ossigeno o ne avevano in abbondanza, ma non quando l’ossigeno era presente a livelli bassi», spiega Will Ratcliff, anch’egli ricercatore al Georgia Institute of Technology e co-autore dello studio.

Risultati, questi, che possono essere spiegati da un meccanismo di selezione divergente mediata dall’ossigeno che agisce sulle dimensioni dell’organismo. Un esito, confermato anche dai modelli matematici, di compromessi evolutivi e biofisici quasi universali.

«Abbiamo lavorato molto per dimostrare che questa è in realtà una conseguenza abbastanza prevedibile e comprensibile del fatto che l’ossigeno, quando limitato, agisce come una risorsa se le cellule che possono utilizzarlo ottengono da esso un enorme beneficio metabolico», aggiunge a questo proposito Ratcliff. «Quando l’ossigeno scarseggia, questo non può diffondersi molto, quindi c’è un incentivo evolutivo che porta gli organismi multicellulari a essere di piccole dimensioni, il che consente alla maggior parte delle cellule che li costituiscono di accedere all’ossigeno. Questa limitazione non esiste quando l’ossigeno semplicemente non è presente, o quando ce n’è abbastanza da diffondersi molto più in profondità nei tessuti [nelle cellule interne di grandi ammassi pluricellulari, ndr]».

Questo studio, continuano i ricercatori, non solo sfida l’ipotesi del controllo dell’ossigeno, ma ci aiuta a capire perché nel miliardo di anni dopo il Grande evento di ossigenazione il mondo degli organismi multicellulari si sia evoluto così poco. In questo periodo – che i geologi chiamano il “Miliardo noioso” (Boring Billion, in inglese), o il Medioevo della Terra – l’ossigeno nell’atmosfera era presente, ma i suoi bassi livelli, piuttosto che selezionare organismi più grandi e complessi, hanno esercitato una pressione evolutiva che ha spinto gli organismi multicellulari a rimanere relativamente piccoli e semplici.

«In lavori precedenti la relazione tra ossigeno e dimensione degli organismi multicellulari è stata studiata principalmente attraverso i principi fisici della diffusione dei gas», sottolinea Bozdag. «Questo ragionamento è fondamentale, ma quando studiamo l’origine delle complesse forme di vita multicellulari sul nostro pianeta è necessario includere anche i principi dell’evoluzione darwiniana», conclude il ricercatore. Essere in grado di far crescere microrganismi attraverso numerose generazioni ha consentito di raggiungere questo obiettivo.

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