L’OCCHIO DI GIOVE DIVORA PICCOLI CICLONI E DIMAGRISCE

Tempeste nelle fauci della Grande Macchia Rossa

Un nuovo studio condotto da un gruppo di ricerca spagnolo ha valutato l’influenza delle piccole tempeste sul moto della Grande Macchia Rossa di Giove: la modificano solo superficialmente senza intaccare la sua struttura più profonda. I risultati su Journal of Geophysical Research: Planets

     19/03/2021

Lo scontro di una piccola tempesta anticiclonica con la Grande Macchia Rossa nelle immagini di Juno del 2019. Crediti: Agu/Journal of Geophysical Research: Planets

La Grande Macchia Rossa è probabilmente il vortice più antico, esteso e famoso del Sistema solare. Situato poco sotto l’equatore gioviano, da est a ovest misura 15mila chilometri e da nord a sud poco meno. I suoi venti soffiano a centinaia di chilometri all’ora in verso antiorario, lo fanno da secoli e lo continueranno a fare ancora per molto tempo.

Negli ultimi decenni però, tramite le osservazioni telescopiche, di Hubble e delle varie sonde spaziale che hanno visitato il gigante gassoso (Voyager, Galileo, Juno), è apparso chiaro un fenomeno in atto: la Grande Macchia Rossa si sta restringendo. A partire dal 1879, quando si iniziò a osservarla in maniera sistematica, il suo diametro si è probabilmente più che dimezzato, variando da 40mila chilometri fino alla dimensione attuale in soli 130 anni. Non sappiamo di preciso in che modo avvenga questo restringimento della Grande Macchia Rossa, ma fino a poco tempo fa si riteneva che ogni volta che ingloba una tempesta più piccola, questa la perturba riducendone le dimensioni. Un processo lento, ma dalla fine in apparenza inesorabile: la scomparsa della Grande Macchia Rossa.

Un nuovo studio pubblicato sul Jgr Planets aggiunge un nuovo tassello nella nostra comprensione del fenomeno in atto tra le nubi di Giove, confermando alcuni risultati già riportati in precedenza da altri studi. Secondo quanto analizzato dal team guidato da Agustín Sánchez-Lavega dell’Università del paese Basco di Bilbao gli scontri tra la Macchia Rossa e le altre piccole tempeste danno in realtà origine a perturbazioni del solo strato superficiale del vortice, mantenendone intatta la struttura profonda.

Una serie di piccoli cicloni (1, 2 e 3) arrivati nel 2019 nei pressi della Grande Macchia Rossa. Nell’immagine in altro una vista d’insieme, mentre nelle tre sottostanti i piccoli cicloni sono ingranditi singolarmente. Crediti: Agu/Journal of Geophysical Research: Planets

Per giungere a questo risultato i ricercatori e le ricercatrici hanno utilizzato i dati di Hubble, della sonda Juno e di una rete di osservatori terrestri, osservando le tempeste inglobate dalla Grande Macchia Rossa tra il 2018 e il 2020 (un paio all’anno prima nel 2019, una dozzina tra il 2019 e il 2020). I piccoli anticicloni creano una perturbazione in una situazione già molto dinamica cambiando leggermente il tempo che la Grande Macchia Rossa impiega a oscillare in longitudine (lo fa ogni 90 giorni in media), ma sembrano forse essere in grado di rifornire di energia la Macchia, mantenendola in vita. «L’ingestione di anticicloni non è necessariamente distruttiva,» dice  Sánchez-Lavega, «può incrementare la velocità di rotazione della Grande Macchia Rossa e forse sul lungo periodo ne può mantenere costante lo stato di rotazione».

Quello del restringimento della Grande Macchia Rossa continua quindi a restare un mistero irrisolto, ma questo studio aggiunge importanti dettagli alle nostre conoscenze della dinamica delle nubi e delle tempeste gioviane che potrebbero in futuro portarci a districare il mistero.

Per saperne di più:

  • Leggi su Journal of Geophysical Research: Planets l’articolo “Jupiter’s Great Red Spot: strong interactions with incoming anticyclones in 2019”, di A. Sánchez‐Lavega, Anguiano‐Arteaga,  P. Iñurrigarro,  E. Garcia‐Melendo,  J. Legarreta,  R. Hueso,  J. F. Sanz‐Requena,  S. Pérez‐Hoyos,  I. Mendikoa,  M. Soria,  J. F. Rojas,  M. Andrés‐Carcasona,  A. Prat‐Gasull,  I. Ordoñez‐Extebarria,  J.H. Rogers,  C. Foster,  S. Mizumoto,  A. Casely,  C.J. Hansen,  G.S. Orton,  T. Momary e  G. Eichstädt