LA PRIMA OSSERVAZIONE È DEL 1888

Centotrent’anni di una stella nell’Unicorno

Un gruppo di ricercatori e ricercatrici statunitensi ha condotto uno studio su una variabile Rv Tauri nella costellazione dell’Unicorno, osservandone l’evoluzione per 130 anni. La ricerca, la più completa mai condotta su questo tipo di oggetti, è pubblicata su The Astrophysical Journal

     15/03/2021

Le componenti in scala del sistema U Monocerotis. Crediti: Nasa Goddard Space Flight Center/Chris Smith (Usra/Gestar)

Nella costellazione del Toro c’è una debole stella che si chiama Rv, è invisibile a occhio nudo ma fin dall’inizio del ‘900 ha attirato l’attenzione degli astronomi. Rv Tauri è una stella variabile che ogni ottanta giorni varia di una magnitudine la sua luminosità. La stella si trova in un sistema binario e, insieme alla compagna, è immersa in un disco di gas e polveri. La sua luminosità varia per due ragioni: le pulsazioni di raggio e temperatura e il parziale oscuramento dovuto alla polvere nel disco. Nonostante non si sia meritata un nome proprio, Rv ha dato il suo nome a un’intera classe di stelle variabili, quelle di tipo Rv Tauri per l’appunto, a cui appartengono appena 300 oggetti della Via Lattea.

Un gruppo di ricercatori statunitensi guidati da Laura Vega della Vanderbilt University di Nashville, negli Usa, si è concentrato sul secondo sistema più luminoso di questa classe, U Monocerotis, situato a 3600 anni luce di distanza nella costellazione dell’Unicorno. Le due stelle che compongono il sistema U Monocerotis orbitano una attorno all’altra in sei anni e mezzo su un piano inclinato di 75 gradi rispetto alla nostra linea di vista.

La stella primaria è un’antica supergigante gialla, ha una massa due volte quella del Sole e un volume circa cento volte maggiore. Della compagna invece non si sa molto, ma i ricercatori pensano sia simile in massa ma più giovane della primaria. Entrambe le stelle sono circondate da un disco di gas e polveri espulsi durante l’evoluzione della primaria.

Il 12 maggio 1948, gli astronomi dell’Osservatorio Boyden a Bloemfontein, in Sud Africa, immortalarono una porzione di cielo contenente U Monocerotis (a sinistra, cerchiata) su una lastra fotografica di vetro, riportando l’osservazione sul giornale di bordo (a destra). Crediti: Harvard College Observatory, Photographic Glass Plate Collection

Per studiare il disco i ricercatori hanno utilizzato i dati di Sma (Submillimeter Array), un insieme di otto radiotelescopi di sei metri ciascuno situato sul Maunakea, alle Hawaii: il disco di U Monocerotis ha un diametro di 82 miliardi di chilometri e le stelle binarie orbitano in un buco al suo interno (vedi immagine d’apertura). Come Rv Tauri, anche U Monocerotis varia la sua luminosità a causa dell’interazione con il disco di polveri e dell’espansione e contrazione degli strati di plasma stellare.

Lo studio di Vega e colleghi ha utilizzato i dati sulla stella raccolti fin dal 1888 e custoditi nell’archivio dell’Aavso (American Association of Variable Star Observers) e dal progetto Digital Access to a Sky Century dell’osservatorio di Harvard, ma non ha disdegnato i dati ben più recenti raccolti dal satellite Xmm-Newton dell’Esa. Nei dati del satellite, specializzato nei raggi X, nel 2016 sono comparse alcune emissioni a queste frequenze provenienti da U Monocerotis. Con i dati storici il team di ricercatori ha scoperto un ulteriore ciclo di luminosità di ben 60 anni che si sovrappone a quello di sei anni e mezzo. Probabilmente, ritengono Vega e colleghi, potrebbe essere legato a un addensamento di materiale nel disco che si forma a una distanza dal sistema binario simile a quella che Nettuno ha dal Sole. «Le osservazioni di Xmm rendono U Mon la prima variabile Rv Tauri rilevata ai raggi X», dice Kim Weaver, project scientist statunitense di Xmm. «È incredibile vedere come si possano unire dati da satellite e antiche osservazioni terrestri per ottenere nuove informazioni su un sistema studiato così a lungo».

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