PRODURRE OSSIGENO ALLA LUCE DI UNA NANA ROSSA

Fotosintesi aliena in un laboratorio padovano

I cianobatteri possono vivere e riprodursi anche sulle super-Terre. Lo dicono i risultati recentemente pubblicati su “Life” ottenuti da esperimenti di laboratorio condotti per la prima volta a Padova. Grazie a un innovativo setup sperimentale e alla stretta collaborazione tra astrofisici e biologi, è stato possibile simulare condizioni molto vicine a quelle presenti in determinati ambienti extraterrestri e studiare la risposta dei microrganismi più comuni e antichi del nostro pianeta

     19/01/2021

Alcune super Terre osservate con il satellite Kepler a confronto. Il 40 per cento delle stelle nane di tipo M ospitano super Terre, pianeti con una massa che va da quella pari a 1 fino a 30 volte la massa terrestre. Hanno periodi orbitali di circa 50 giorni, molto vicine quindi alla loro stella, e raggi che variano da 1 a circa quattro volte quello della Terra. Crediti: Nasa/Ames/Jpl-Caltech

Da una parte ci sono le stelle M, che gli astrofisici chiamano così seguendo la classificazione stellare: sono stelle più deboli del Sole, rosse e relativamente piccole. Non solo sembrano essere le più comuni nella nostra galassia ma, essendo appunto di piccola massa e meno luminose, è più semplice scoprire esopianeti che ruotano attorno a esse. E infatti ne sono  stati trovati moltissimi, in particolare di tipo roccioso con masse e dimensioni pari o superiori a quelle della Terra: le cosiddette super-Terre.

Dall’altra vi sono i cianobatteri, microrganismi unicellulari che esistevano già molto tempo prima dei dinosauri e che sono ancora oggi presenti in gran quantità. Chiamati anche ‘alghe azzurre’, i cianobatteri sono – attraverso la fotosintesi – veri e propri produttori di ossigeno libero. A differenza delle altre alghe e delle piante, però, i cianobatteri contengono solo la clorofilla, sono ubiquitari e riescono a vivere in condizioni di vita estreme. Con la loro capacità di formarsi anche in ambienti totalmente privi di ossigeno libero, rappresentano la prima fonte biologica di questo prezioso gas, ed è proprio grazie a loro che il nostro pianeta si è arricchito di ossigeno, quindi di vegetazione e, più in generale, della vita così come oggi la conosciamo.

Microfotografia in falsi colori di cianobatteri. A partire da oltre tre miliardi di anni fa l’attività fotosintetica di questi microrganismi permise il lento accumulo, avvenuto nell’arco di un miliardo di anni circa, di ossigeno nell’atmosfera del nostro pianeta. Fino alla comparsa delle prime alghe eucariote, verificatasi circa un miliardo di anni fa, i cianobatteri rappresentarono dunque l’unica fonte biologica di ossigeno libero. Anche oggi essi svolgono un ruolo ecologico fondamentale, in quanto sono in grado di fissare l’azoto atmosferico, trasformandolo in composti utili, e renderlo quindi disponibile per gli altri organismi del pianeta. Si riproducono asessualmente per scissione binaria, presentano forme singole o possono aggregarsi in sottili filamenti. Crediti: Josef Reischig

Bene, pare che questi piccoli esserini siano perfettamente in grado di produrre ossigeno e quindi di vivere e riprodursi anche in condizioni aliene, quali quelle presenti sulla superficie delle succitate super-Terre.

Lo dimostra un esperimento – i cui risultati sono stati pubblicati il mese scorso nel numero speciale di Life “Frontiers of Astrobiology” – reso possibile dalla realizzazione di un setup sperimentale inedito che ha consentito una simulazione avanzata di condizioni non-terrestri e lo studio non invasivo della risposta di questi microrganismi. Esperimento condotto da un team multidisciplinare coordinato in modo congiunto da Riccardo Claudi dell’Inaf di Padova, Nicoletta La Rocca dell’Università di Padova e Luca Poletto dell’Istituto di fotonica e nanotecnologie del Cnr.

È da alcuni anni che gli astrobiologi si interrogano sulla possibilità di produrre ossigeno in un ambiente simile a quello che si può incontrare su una super-Terra in orbita attorno a una stella rossa. La domanda è lecita, perché sulla Terra la fotosintesi funziona utilizzando con la luce solare di un preciso intervallo di lunghezze d’onda denominato Par (Photosynthetic Active Region), in cui cade il massimo dell’emissione solare. La densità dei fotoni emessi da una stella rossa, più debole del Sole, nello stesso intervallo di lunghezze d’onda è chiaramente minore. Le discussioni fatte fino ad oggi su questo argomento sono state per lo più teoriche, e si sono compiuti sì alcuni esperimenti ma irradiando i cianobatteri solo con luci monocromatiche centrate su una singola lunghezza d’onda, non simulando l’emissione di una stella nella sua interezza.

L’esperimento italiano mostra, per la prima volta, che i cianobatteri irradiati dalla luce simulata di una stella rossa riescono a svolgere la fotosintesi senza particolari stress e, risultato ancora più importante, utilizzando solo quei pochi fotoni nel Par messi a disposizione dalla stella M.

A sinistra lo schema e a destra il setup strumentale utilizzato per l’esperimento. Esso è anche dotato di sensori che riescono a misurare da remoto e in continuo i parametri fotosintetici dei microorganismi quali il consumo di anidride carbonica (CO2) e il rilascio di ossigeno (O2), senza la necessità di aprire la camera di crescita e quindi senza modificare le condizioni di non-terrestri a cui essi sono esposti. Crediti: Bernardo Salasnich/Inaf

Un ruolo decisivo lo ha svolto l’innovativo apparato strumentale progettato e realizzato dal team, costituito da due principali componenti: un simulatore di luci stellari (Sls), che consente di generare in modo accurato gli spettri di luce emessa da diverse classi di stelle, e una camera di simulazione di atmosfere non-terrestri (Asc), in cui far crescere i microorganismi fotosintetici illuminandoli contemporaneamente con le luci stellari selezionate.

Gli esperimenti si sono svolti tutti presso il Dipartimento di biologia dell’Università di Padova, e a eseguirli è stato principalmente Mariano Battistuzzi, dottorando del Cisas di Padova. «La realizzazione di questi esperimenti», dice a Media Inaf, «è complessa: ciascuna specie ha esigenze e tempi di crescita diversi, bisogna inoltre prestare particolare attenzione alla contaminazione dei campioni, che potrebbe invalidare i risultati degli esperimenti. Si è trattato di un procedimento che ha richiesto molto tempo, ma i risultati sono stati molto promettenti. Il setup poi è assolutamente innovativo e la sua realizzazione è stata possibile grazie a un lungo lavoro del team di ricercatori e alla condivisione delle specifiche competenze in ambito astrofisico, ingegneristico, fisico-chimico e biologico».

Alcuni membri del team in riunione. Da in alto a sinistra: Lorenzo Cocola, Riccardo Claudi, Nicoletta La Rocca, Eleonora Alei, Mariano Battistuzzi, Vito Squicciarini e Luca Poletto

«Grazie alla strumentazione che abbiamo sviluppato», aggiunge Lorenzo Cocola del Cnr di Padova, «possiamo riprodurre a piacimento una varietà di ambienti diversi tenendo sotto controllo continuo i parametri vitali delle colture batteriche sotto test».

«Gli esperimenti di esposizione di cianobatteri a condizioni simulate di luce di nane rosse in atmosfere prive di ossigeno», conclude Claudi, proponente del progetto, «proseguiranno modificando altre condizioni ambientali. Questi studi saranno di grande importanza per capire se i pianeti simili alla Terra che sono stati scoperti orbitare attorno a stelle rosse nane – come Trappist-1 e Proxima Centauri – potrebbero consentire la fotosintesi ossigenica e di conseguenza l’evoluzione della vita. I dati ottenuti da queste misure potranno essere confrontati con le rilevazioni delle composizioni atmosferiche di questi pianeti previsti nelle prossime missioni spaziali».

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