SERGEJ PAVLOVIČ KOROLËV (12 GENNAIO 1907 – 14 GENNAIO 1966)

Il progettista capo

Esattamente 55 anni fa, il 14 gennaio 1966, moriva l’ingegnere ucraino Sergej Pavlovič Korolëv, padre e artefice del programma spaziale sovietico. Un gigante del secolo passato, scrive Roberto Della Ceca, ricordando oggi su Media Inaf il suo contributo immenso alla storia umana delle attività spaziali

     14/01/2021

Sergei Pavlovich Korolev in una foto del 1933

Il 14 gennaio 1966 muore a Mosca, per problemi insorti durante un’operazione chirurgica, l’ingegnere ucraino Sergej Pavlovič Korolëv, padre e artefice del programma spaziale sovietico. Conosciuto fino ad allora semplicemente come Glavniij Konstruktor (Progettista Capo) o come il N. 20, il nome, la vita e il lavoro di Sergej Korolëv furono coperti dal più stretto segreto fino alla sua prematura morte a 59 anni. Il suo contributo alla storia umana delle attività spaziali fu immenso, probabilmente – parere personale – anche maggiore del contributo dato dal conosciutissimo Wernher von Braun, l’artefice del successo americano dello sbarco sulla Luna.

Basta elencare i suoi successi per rendersi immediatamente conto di ciò. Supervisionò e diresse i primi e più importanti progetti di esplorazioni spaziali sovietici, tra cui di particolare rilievo: la progettazione e il lanciò del primo razzo sovietico a propellente liquido (1933); la progettazione e il successivo lancio (21 agosto 1957) del razzo R-7 “Semërka”, primo missile balistico intercontinentale (Icbm) mai costruito; il primo satellite artificiale della storia (4 ottobre 1957: Sputnik 1); i primi esperimenti con animali (3 novembre 1957, Sputnik 2 con a bordo la cagnolina Laika); le prime missioni umane nello spazio (programma Vostok), tra i quali il primo e secondo cosmonauta (Jurij Alekseevic Gagarin e German Stepanovič Titov, 12 aprile 1961 e 6 agosto 1961 rispettivamente) e la prima cosmonauta (Valentina Vladimirovna Tereshkova, 16 giugno 1963); le prime missioni spaziali con a bordo più di un astronauta (programma Voschod); la prima attività extra-veicolare: a bordo della missione Voschod 2, il cosmonauta sovietico Aleksej Archipovič Leonov effettuò la prima attività extraveicolare lasciando la capsula spaziale e rimanendo all’esterno per circa 12 minuti (18 marzo 1965).

Se ciò non fosse sufficiente per inquadrare e far capire la portata dei suoi contributi al progresso in campo spaziale, possiamo aggiungere alcuni dei primi programmi lunari sovietici, che per lui, come per von Braum, erano un test delle tecnologie da usare per raggiungere il suo vero sogno: Marte. Tra quelli di maggior rilievo, anzitutto la missione Luna 2, che raggiunse e impattò la Luna (13 settembre 1959), diventando il primo oggetto a raggiungere il nostro satellite (la missione Luna 1, lanciata il 2 gennaio 1959 ebbe successo ma mancò l’obiettivo lunare, diventando tuttavia il primo oggetto costruito dall’uomo a raggiungere la velocità di fuga dalla Terra e il primo satellite artificiale del Sole…). Poi la missione Luna 3 che, per la prima volta, riuscì a scattare (7 ottobre 1959) e mandare a Terra una serie di fotografie del lato opposto della Luna, quello a noi precluso, di fatto aprendo la strada alla planetologia spaziale. O ancora la missione Luna 9 che effettuò il primo atterraggio “morbido” sulla Luna (3 febbraio 1966) – impresa che, purtroppo, a causa della sua morte prematura, Sergej Korolëv non riuscì a vedere attuata.

Sergej Pavlovič Korolëv in una foto del 1961 con il primo gruppo di cosmonauti sovietici. Si riconoscono Jurii Gagarin (il primo seduto sulla destra di Korolëv) e German Stepanovič Titov (il primo in piedi dietro Korolëv sul suo lato sinistro)

Per finire, ma non per ordine di importanza, progettò sia il vettore Sojuz che la capsula Sojuz.  Come ho già scritto in un precedente articolo su Media Inaf, è veramente degno di nota il fatto che la capsula spaziale Sojuz sia essenzialmente la stessa ancora in uso, come “taxi”, per la Stazione spaziale internazionale: la sua affidabilità rappresenta un successo progettuale e realizzativo senza precedenti essendo stata progettata più di 50 anni fa.

Ciascuno dei successi riportati sopra sarebbe, da solo, fonte di soddisfazione, vanto ed appagamento di una singola carriera scientifico-professionale. Sergej Korolëv li portò a termine tutti (e molti altri qui non riportati, come il suo contributo fondamentale alle missioni sovietiche al pianeta Venere): un Gigante che andrebbe annoverato tra le persone chiave del ventesimo secolo.

Nonostante tutti questi successi Sergej Korolëv non ottenne mai riconoscimenti pubblici in quanto, per motivi di sicurezza, la sua identità venne tenuta segreta fino alla sua morte. Fu addirittura arrestato nel 1938, durante le purghe staliniane, con la falsa accusa di essere un controrivoluzionario e venne rilasciato dopo 6 anni, avendo passato i primi 6 mesi nel campo di Kolyma (Siberia orientale) lavorando come minatore. Stridente il confronto con gli Stati Uniti: nello stesso anno, Robert H. Goddard, il riconosciuto padre della missilistica americana, riceveva da parte di Harry F. Guggenheim ulteriori finanziamenti per supportare le sue attività di ricerca e sviluppo. Sembra che gli fu perfino preclusa la possibilità di concorrere per il Premio Nobel: per ben due volte, dopo il lancio dello Sputnik 1, la commissione per l’assegnazione del premio chiese all’Urss chi ne fosse l’artefice, ottenendo da Krusciov la risposta: “Non possiamo indicare una singola persona, è l’intero popolo che sta costruendo la nuova tecnologia”. Nonostante ciò la sua fede all’Unione Sovietica non cessò mai. Al funerale di stato dove i più, per la prima volta, seppero chi era e che faccia aveva l’uomo che aveva portato l’Unione Sovietica nello Spazio, tutti i vertici del paese marciarono uniti e compunti dietro al suo feretro.

Un bellissimo documentario, purtroppo in russo, ma con diversi filmati dell’epoca che ripercorrono la vita ed i successi di Sergej Korolëv può essere visionato su YouTube.

Tomba di Sergej Pavlovič Korolëv, presso la necropoli delle mura del Cremlino, dietro il mausoleo di Lenin

Mi sono chiesto spesso se la competizione sullo sbarco lunare, poi vinta dagli americani nel luglio del 1969, avrebbe avuto un esito diverso se Sergej Korolëv non fosse prematuramente scomparso nel gennaio del 1966. Probabilmente no, per due motivi principali. Con John Fitzgerald Kennedy la Luna e lo spazio diventarono la “nuova frontiera” degli americani e il programma per lo sbarco sulla Luna diventò prioritario tra gli interessi nazionali, innescando un enorme potenziale scientifico, tecnico ed economico se confrontato con i sovietici. In dollari attualizzati il programma Apollo costò tra i 150 e i 200 miliardi di dollari; negli stessi anni i sovietici investirono in attività spaziali non più di un decimo di tale somma. Inoltre la creazione della Nasa, nel 1958, centralizzò tutte le attività necessarie, al contrario dell’Unione Sovietica dove i diversi (e troppi) enti e organismi continuarono a farsi la guerra tra di loro, disperdendo cosi sforzi, risorse e reale comprensione delle difficoltà. Ma visto quello che Sergej Korolëv riusci a fare in vita il dubbio mi rimane…

Concludo con due curiosità che in qualche modo lo collegano al nostro paese. La sua prima moglie, Xenia Vicentini, sposata nel 1931, era di origini italiane – i suoi antenati erano emigrati in Russia per coltivare l’uva. L’altro collegamento riguarda l’ingegnere italiano, naturalizzato sovietico, Roberto Oros di Bartini, figura chiave dell’ingegneria aereospaziale sovietica dell’epoca, che Sergej Korolëv considerava il suo maestro e con cui condivise parte degli anni di prigionia.

Le ceneri di Sergej Pavlovič Korolëv – il Glavniij Konstruktor, “Eroe del lavoro Socialista”, “Ordine di Lenin”, un Gigante del secolo passato – riposano presso la necropoli delle mura del Cremlino, dietro il mausoleo di Lenin, il più alto onore per un cittadino sovietico.

Guarda il documentario (in russo) su YouTube:

https://www.youtube.com/watch?v=AvhykzxICAg