PRIMA MISURA DI TEMPERATURA DEL PIÙ GRANDE CAMPIONE DI SUPERFLARES

Super brillamenti e abitabilità planetaria

Alcuni ricercatori americani hanno utilizzato l'array di telescopi Evryscope e il satellite Tess della Nasa per osservare simultaneamente il più grande campione di super brillamenti stellari. Tali osservazioni hanno permesso di scoprire una relazione statistica tra le dimensioni di un super brillamento e la sua temperatura, connessa alle radiazioni Uv emesse e quindi all'abitabilità planetaria. Tutti i dettagli su ApJ

     12/10/2020

La cupola dell’Evryscope sud si affaccia sul Pacifico dal Cerro Tololo in Cile, uno dei luoghi più aridi della Terra, con i cieli più limpidi. Molte notti buie senza nuvole danno al sistema oltre 6 ore di tempo, ogni notte, per osservare simultaneamente al telescopio spaziale Tess della Nasa, super brillamenti stellari. Crediti: Unc-Chapel Hill

Forse qualcuno ricorderà Nicolas Cage nel film di fantascienza “Segnali dal futuro” in cui l’ultima profezia della spaventosa serie è quella di un brillamento solare tanto potente da spazzare via l’atmosfera e gli oceani dalla Terra. Ecco, il Sole in realtà non dovrebbe manifestare brillamenti così potenti, ma effettivamente tali brillamenti, in altre stelle, si verificano eccome. Si chiamano super brillamenti e sono violente eruzioni di plasma che fuoriesce dalla fotosfera di una stella. Effettivamente, come il film predice, la luce ultravioletta emessa dai super brillamenti può avere pesanti ripercussioni sull’abitabilità di un pianeta.

I super brillamenti hanno un’energia da 10 a 1000 volte superiore a quella dei più grandi brillamenti solari e possono “inondare” un pianeta con una quantità di radiazione ultravioletta abbastanza grande da condannare ogni forma di vita eventualmente presente sul pianeta stesso.

Una nuova ricerca dell’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill sta aiutando gli astrobiologi a capire quanta radiazione effettivamente colpisce i pianeti durante i super brillamenti, per arrivare a stabilire se la vita potrebbe di fatto esistere su altri mondi, oltre il nostro Sistema solare. I ricercatori hanno misurato, per la prima volta, la temperatura di un ampio campione di super brillamenti stellari e le loro probabili emissioni ultraviolette. I risultati, pubblicati su Astrophysical Journal, consentiranno ai ricercatori di porre dei limiti all’abitabilità dei pianeti che sono attualmente tra gli obiettivi delle missioni che si propongono di scoprire nuovi esopianeti.

In particolare, Howard e colleghi hanno utilizzato l’array di telescopi Evryscope e il Transiting Exoplanet Survey Satellite (Tess) della Nasa per osservare simultaneamente il più grande campione di super brillamenti stellari. La ricerca del team va ad ampliare un lavoro precedente che si era in gran parte concentrato sulle temperature dei brillamenti e sulle radiazioni provenienti da qualche super brillamento proveniente da poche stelle. Espandendo la ricerca, il team ha scoperto una relazione statistica tra le dimensioni di un super brillamento e la sua temperatura. In particolare, la temperatura è in grado di prevedere la quantità di radiazioni che potenzialmente precludono la vita sulla superficie del pianeta.

I super brillamenti in genere emettono la maggior parte della loro radiazione Uv durante un rapido picco della durata di soli 5-15 minuti. Le osservazioni simultanee di Evryscope e Tess sono state ottenute a intervalli di due minuti, assicurando che più misurazioni fossero effettuate durante il picco di ogni super brillamento.

Questa è la prima volta che sono state studiate le temperature di un campione così grande di super brillamenti. La frequenza delle osservazioni ha permesso di scoprire per quanto tempo i super brillamenti possono irraggiare i pianeti in orbita con intense radiazioni Uv.

I brillamenti osservati hanno già permesso di dare utili indicazioni alla Tess Extended Mission, che si propone di scoprire migliaia di esopianeti in orbita attorno alle stelle nane più luminose del cielo. Tess sta ora prendendo di mira stelle in cui sono stati evidenziati super brillamenti ad alta priorità dal campione della Unc-Chapel Hill per fare osservazioni più frequenti. «A lungo termine», conclude il coautore dello studio Nicholas M. Law, professore associato di fisica e astronomia presso Unc-Chapel Hill e primo ricercatore del telescopio Evryscope «questi risultati potrebbero indicare la scelta dei sistemi planetari da osservare con il telescopio spaziale James Webb della Nasa, sulla base dell’attività di flaring del sistema».

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