SONO SIMILI AI PIANETI NANI AI MARGINI DEL SISTEMA SOLARE

Le lune di Urano viste da Herschel

Più di 230 anni fa l’astronomo William Herschel scoprì il pianeta Urano e due delle sue lune. Utilizzando l’Herschel Space Observatory, un gruppo di astronomi è ora riuscito a determinare le proprietà fisiche delle sue cinque lune principali, sviluppando una nuova tecnica di analisi che ha estratto i deboli segnali dalle lune vicino a al pianeta, mille volte più luminoso. Tutti i dettagli su A&A

     15/09/2020

Le immagini mostrano la posizione delle cinque lune più grandi di Urano e le loro orbite attorno al pianeta il 12 luglio 2011, come viste da Herschel. A sinistra, le posizioni calcolate e le orbite delle lune. Il lato sinistro del piano orbitale punta verso di noi. La dimensione degli oggetti non viene mostrata in scala. A destra, la mappa in falsi colori della luminosità dell’infrarosso a una lunghezza d’onda di 70 micrometri dopo la rimozione del segnale di Urano, misurata con lo strumento Pacs dell’Herschel Space Observatory. La forma caratteristica dei segnali, che ricorda un trifoglio a tre foglie, è un artefatto generato dal telescopio. Crediti: T. Müller (HdA)/Ö. H. Detre et al./Mpia

Per esplorare le regioni esterne del Sistema solare, sonde spaziali come Voyager 1 e 2, Cassini-Huygens e New Horizons hanno affrontato viaggi lunghissimi. Ora, un gruppo di ricerca tedesco-ungherese, guidato da Örs H. Detre del Max Planck Institute for Astronomy (Mpia) di Heidelberg, mostra che con la giusta tecnologia e l’ingegnosità si possono ottenere risultati interessanti anche con osservazioni da lontano.

Gli scienziati hanno utilizzato i dati dell’Osservatorio spaziale Herschel dell’Esa – che ha operato tra il 2009 e il 2013 dal secondo punto di Lagrange del sistema Terra-Sole e nel cui sviluppo e operazione è stata coinvolta in modo significativo anche Mpia. Rispetto ai suoi predecessori che coprivano una gamma spettrale simile, le osservazioni di questo telescopio sono state significativamente più nitide. Prende il nome dall’astronomo William Herschel, che scoprì la radiazione infrarossa nel 1800 e che, pochi anni prima, scoprì anche il pianeta Urano e due delle sue lune – Titania e Oberon – che con questo studio sono state esplorate con maggiore dettaglio, insieme ad altre tre – Miranda, Ariel e Umbriel.

«In realtà, le osservazioni che abbiamo effettuato erano volte alla misura dell’influenza di sorgenti a infrarossi molto luminose – come Urano – sul rilevatore della fotocamera», spiega il coautore Ulrich Klaas, che ha guidato il gruppo di lavoro della fotocamera Pacs dell’Herschel Space Observatory presso Mpia con cui sono state scattate le immagini. «Abbiamo scoperto le lune solo per caso, come nodi aggiuntivi nel segnale estremamente luminoso del pianeta». La fotocamera Pacs, sviluppata sotto la guida del Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics (Mpe) di Garching, era sensibile a lunghezze d’onda comprese tra 70 e 160 micrometri – lunghezze d’onda più di cento volte maggiori di quella della luce visibile. Di conseguenza, le immagini del telescopio spaziale Hubble di dimensioni simili sono circa cento volte più nitide. Oggetti freddi – come Urano e le sue cinque lune principali che, riscaldate dal Sole, raggiungono temperature comprese tra circa –213 e –193 °C – irradiano molto intensamente in questa gamma spettrale.

Immagini delle cinque lune uraniane più grandi: Miranda, Ariel, Umbriel, Titania e Oberon. La sonda spaziale Voyager 2 ha scattato queste immagini durante un sorvolo del 24 gennaio 1986. I diametri delle lune sono mostrati in scala. Crediti: Nasa/Jpl/Mpia

«Anche il tempismo dell’osservazione è stato un colpo di fortuna», spiega Thomas Müller di Mpe. L’asse di rotazione di Urano, e quindi anche il piano orbitale delle sue lune, è insolitamente inclinato rispetto alla loro orbita attorno al Sole. Mentre Urano orbita attorno al Sole per diversi decenni, è principalmente l’emisfero settentrionale o meridionale a essere illuminato dal Sole. «Durante le osservazioni, però, la posizione è stata così favorevole che le regioni equatoriali hanno beneficiato dell’irraggiamento solare. Questo ci ha permesso di misurare quanto bene il calore viene trattenuto in superficie mentre si sposta verso il lato notturno a causa della rotazione della luna, insegnandoci molto sulla natura del materiale di cui è fatta», spiega Müller, che si è occupato del calcolo dei modelli per questo studio, da cui ha derivato le proprietà termiche e fisiche delle lune.

Quando la sonda spaziale Voyager 2 ha superato Urano nel 1986, l’osservazione è stata molto meno favorevole: gli strumenti scientifici hanno potuto catturare solo le regioni del polo sud di Urano e le lune. Müller ha scoperto che queste superfici immagazzinano il calore inaspettatamente bene e si raffreddano in modo relativamente lento. Questo comportamento è tipico di oggetti compatti con una superficie irregolare e ghiacciata, motivo per il quale gli scienziati presumono che queste lune siano corpi celesti simili ai pianeti nani ai margini del Sistema solare, come Plutone o Haumea.

Studi indipendenti su alcune delle lune uraniane esterne e irregolari, che si basano anche su osservazioni con Pacs, indicano che hanno proprietà termiche differenti. Queste lune mostrano caratteristiche tipiche degli oggetti transnettuniani più piccoli e debolmente legati, che si trovano in una zona oltre il pianeta Nettuno. «Questo scenario si adatterebbe anche alle speculazioni esistenti sull’origine delle lune irregolari», aggiunge Müller. «A causa delle loro orbite caotiche, si presume che siano stati catturati dal sistema uraniano solo in un secondo momento».

Queste immagini spiegano come sono state estratte dai dati le lune di Urano. A sinistra: l’immagine originale contiene i segnali infrarossi di Urano e delle sue cinque lune principali, misurati a una lunghezza d’onda di 70 micrometri. Urano è migliaia di volte più luminoso di una singola luna. La sua immagine è dominata da artefatti dovuti alle interferenze del telescopio e della fotocamera. Titania e Oberon sono appena visibili. Centro: utilizzando questi dati, una sofisticata procedura ha creato un modello per la distribuzione della luminosità del solo Urano, che viene sottratta all’immagine originale. A destra: i segnali delle lune rimasti dopo la sottrazione. Nella posizione di Urano il metodo di estrazione non proprio perfetto influisce leggermente sul risultato. Crediti: Ö. H. Detre et al./Mpia

Purtroppo, le cinque lune principali di Urano sono state quasi trascurate, perché oggetti molto luminosi come Urano generano forti artefatti nei dati Pacs che causano la distribuzione di parte della luce infrarossa nelle immagini su vaste aree. Se questo effetto è appena percettibile quando si osservano deboli oggetti celesti, con Urano è molto più pronunciato. «Le lune, che sono tra le 500 e le 7400 volte più deboli, sono a una distanza così piccola da Urano che si fondono con gli artefatti altrettanto luminosi. Solo le lune più luminose, Titania e Oberon, si distinguono un po’ dal bagliore circostante», spiega Gábor Marton dell’Osservatorio Konkoly di Budapest.

Questa scoperta accidentale ha spinto Örs H. Detre a rendere le lune “più visibili” in modo che la loro luminosità potesse essere misurata in modo affidabile. «In casi simili, come la ricerca di esopianeti, utilizziamo i coronografi per mascherare la loro brillante stella centrale», spiega Detre. “Herschel non aveva un dispositivo del genere. Noi invece abbiamo sfruttato l’eccezionale stabilità fotometrica dello strumento Pacs». Sulla base di questa stabilità – e dopo aver calcolato le posizioni esatte delle lune al momento delle osservazioni – i ricercatori hanno sviluppato un metodo che gli ha permesso di rimuovere Urano dai dati. «Siamo rimasti tutti sorpresi quando sono apparse chiaramente quattro lune nelle immagini, e abbiamo potuto persino rilevare Miranda, la più piccola e la più interna delle cinque lune più grandi di Urano», conclude Detre.

«Il risultato dimostra che non sempre abbiamo bisogno di elaborate missioni spaziali planetarie per ottenere nuove informazioni sul Sistema solare», sottolinea il coautore Hendrik Linz di Mpia. «Inoltre, il nuovo algoritmo potrebbe essere applicato ad altre numerose osservazioni che sono state raccolte in gran numero nell’archivio elettronico dei dati dell’Agenzia spaziale europea. Chissà quali sorprese ci aspettano, lì».

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