ALLA BASE DELLA FORMAZIONE I RAGGI COSMICI PROTOSTELLARI

(Al)luminati dal Sole

Secondo un nuovo studio guidato dall'università di Colonia, i cui risultati sono pubblicati su ApJ, la fonte dell'isotopo 26 dell'alluminio, una specie chimica presente in abbondanza nel Sistema solare e fondamentale per produrre corpi differenziati e con la giusta quantità di acqua come la Terra, sarebbe il Sole quand'era una giovane protostella: i suoi raggi cosmici irradiati nel disco protostellare avrebbero innescato le reazioni alla base della sua produzione.

     29/07/2020

Frammento di 520 gr del meteorite Allende. Crediti: H. Raab

L’alluminio è uno degli elementi chimici più diffusi nella crosta terrestre. Dei nove isotopi conosciuti, quelli che è possibile trovare in natura sono però solo due: l’isotopo 27 (27Al), stabile, e l’isotopo 26 (26Al), radioattivo, con un’emivita di circa 770mila anni. Nel lontano 1976, Typhoon Lee e colleghi trovarono per la prima volta quest’ultima forma isotopica in una meteorite, la meteorite di Allende: la più grande e più studiata condrite carbonacea mai giunta sul nostro pianeta. L’isotopo era presente all’interno di inclusioni chiamate CAI (calcium-aluminium-rich inclusions) insieme con l’isotopo 27, in un rapporto di abbondanze [26Al/27Al]  di  5×10−5: un valore che è poi risultato essere abbastanza costante in tutti i corpi del Sistema solare (Dauphas & Chaussidon 2011).

Da allora gli astronomi hanno cominciato a chiedersi quale fosse l’origine di questo alluminio-26, iniziando le ricerche per trovare una spiegazione plausibile a questa domanda e al perché del rapporto fisso trai due isotopi. Il motivo di questo interesse è il ruolo che l’isotopo si pensa abbia avuto nella formazione dei pianeti come la Terra. La sua presenza all’interno dei planetesimi – la fase pre-embrionale di un pianeta – nel disco di polveri e gas attorno a giovani stelle, attraverso il suo decadimento radioattivo, si pensa infatti abbia fornito abbastanza calore per produrre corpi differenziati con nuclei metallici e mantelli di silicati (Wadhwa et al. 2007; Dauphas & Chaussidon 2011).). Il decadimento radioattivo dell’isotopo si pensa inoltre possa aver giocato un ruolo nell’asciugare questi corpi rocciosi, producendo pianeti con la giusta quantità di acqua.

Negli anni, i meccanismi proposti per spiegare la sua provenienza sono stati diversi. In uno di questi, Cameron e Truran (1977) hanno ipotizzano che l’isotopo possa essere stato prodotto da una stella massiccia presente nelle vicinanze del nostro sistema planetario in formazione e che sia giunto a noi dopo la morte della stella per esplosione di supernova, spinto dai venti stellari o dagli ejecta dell’esplosione stessa.

Questo scenario secondo alcuni astronomi è tuttavia poco probabile: il Sole e i pianeti avrebbero dovuto formarsi esattamente alla giusta distanza da queste stelle massicce, il che è piuttosto raro. Tra astronomi che ritengono l’ipotesi poco probabile ci sono ad esempio Brandt Gaches, ricercatore postdoc all’Università di Colonia, in Germania, e il suo team di ricerca: in un articolo pubblicato di recente su The Astrophysical Journal propongono un nuovo meccanismo di formazione che non chiama in causa nessuna sorgente esterna e nessuna esplosione di supernova. Secondo i ricercatori, la produzione dell’alluminio-26 sarebbe infatti avvenuta in house, nel disco protoplanetario del Sole, quando questo era ancora una giovane protostella, sotto l’influenza dei raggi cosmici prodotti per “shock di accrescimento”.

Schema del meccanismo proposto da Brandt A. L. Gaches et al. secondo il quale l’isotopo 26 dell’alluminio nel Sistema solare è stato prodotto durante le prime fasi di formazione del Sole nella parte interna del suo disco protostellare a seguito di reazioni chimiche indotte dai raggi cosmici generati per “accretion shock” sulla superficie. Crediti: Brandt Gaches et al./Univ. of Cologne

«Atomi come l’alluminio e il suo isotopo radioattivo, l’alluminio-26, ci consentono di studiare l’archeologia del Sistema solare», sottolinea Stella S. R. Offner, dell’Università del Texas, a Austin (Usa), co-firmataria dello studio. «È emozionante che l’abbondanza di diversi atomi che troviamo oggi possa fornire indizi sulla formazione del Sistema solare miliardi di anni fa».

Sulla base di sofisticati modelli matematici e simulazioni al computer, i ricercatori propongono in particolare che l’alluminio-26 si sia formato nella parte interna del disco di accrescimento protostellare – l’anello di polvere e gas che circonda una giovane stella e dal quale queste accrescono materia per ingrandirsi. Da questa regione, parte della materia caduta sulla stella durante l’accrescimento avrebbe creato onde d’urto (“shock di accrescimento”) responsabili della produzione e accelerazione in superficie di protoni ad alta energia noti come raggi cosmici protostellari. Questi, “sparati” quasi alla velocità della luce nella stessa regione del suddetto disco protostellare, avrebbero interagito con l’alluminio-27 e il silicio-28 lì presenti, innescando reazioni chimiche che alla fine hanno portato alla produzione dell’isotopo 26 dell’alluminio. In questo modello, alla base della formazione e dell’arricchimento dell’isotopo nel Sistema Solare ci sarebbero dunque i protoni dei raggi cosmici prodotti e accelerati durante l’accrescimento del Sole sulla sua superficie.

Tutto ciò non sarebbe avvenuto durante una fase qualsiasi della formazione. Il team ha concentrato i propri studi su un particolare periodo di transizione durante la formazione del Sole: il passaggio dalla classe spettrale I alla classe spettrale II, un periodo nel quale il gas che circonda una stella si sta per esaurire e la quantità di materia che vi cade all’interno diminuisce in modo significativo. Una fase di basso tasso d’accrescimento che tutte le giovani stelle attraversano durante le ultime decine o centinaia di migliaia di anni di formazione e che «è in grado» osserva Gaches., «di produrre le quantità di alluminio-26 e il rapporto tra alluminio-26 e alluminio-27 presenti nel Sistema solare»,

Secondo i ricercatori, il meccanismo proposto in questo studio potrebbe essere stato valido non solo per il Sistema solare, ma anche per una vasta gamma di stelle simili al Sole – dove gli astronomi hanno scoperto la maggior parte degli esopianeti che conosciamo – e per quelle tutt’ora in formazione. «I raggi cosmici accelerati dall’accrescimento delle giovani stelle in formazione potrebbero rappresentare un percorso generale attraverso il quale avviene l’arricchimento dell’alluminio-26 in molti sistemi planetari», conclude Gaches, «la cui verifica potrebbe arrivare osservando il meccanismo nelle stelle in formazione».

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