LE FAGLIE ESTENSIVE TESTIMONIANO UN OCEANO LIQUIDO PRIMORDIALE

L’inizio caldo di Plutone

È stato presentato oggi su Nature Geoscience lo scenario "hot start" per Plutone, che contrasta con la visione tradizionale dell’origine del pianeta nano come una palla di ghiaccio e roccia congelata. Il decadimento degli elementi radioattivi e l'energia gravitazionale rilasciata dal bombardamento della superficie del proto-pianeta potrebbero avere generato il calore per formare un oceano sotterraneo

     22/06/2020

Faglie estensive (frecce) sulla superficie di Plutone che indicano l’espansione della crosta ghiacciata del pianeta nano, attribuito al congelamento di un oceano sotterraneo. Crediti: Nasa/Johns Hopkins University Applied Physics Laboratory/Southwest Research Institute/Alex Parker

Durante la formazione di Plutone, l’accumulo di nuovo materiale potrebbe aver generato abbastanza calore da creare un oceano liquido che non è escluso persista tuttora sotto la crosta ghiacciata, nonostante l’orbita del pianeta nano sia lontana dal Sole, nelle fredde zone esterne del Sistema solare.

Questo scenario, presentato in un articolo pubblicato oggi su Nature Geoscience, contrasta con la visione tradizionale dell’origine di Plutone come una palla di ghiaccio e roccia congelata, e prevede che il decadimento radioattivo potrebbe avere generato abbastanza calore da sciogliere il ghiaccio e formare un oceano sotterraneo.

«Per molto tempo le persone hanno pensato all’evoluzione termica di Plutone e alla possibilità che un oceano sia sopravvissuto fino ai giorni nostri», afferma il coautore Francis Nimmo, professore alla Uc Santa Cruz. «Ora che abbiamo immagini della superficie di Plutone della missione New Horizons della Nasa, possiamo confrontare ciò che vediamo con le previsioni di diversi modelli di evoluzione termica».

Poiché l’acqua congelando espande il suo volume, e al contrario lo riduce quando dallo stato solido passa a quello liquido, i due scenari contrapposti inizio caldo e inizio freddo (hot start e cold start) presentano diverse implicazioni per la tettonica e le risultanti caratteristiche superficiali del pianeta nano. «Se all’inizio l’interno di Plutone fosse stato freddo e ghiacciato, con lo sciogliersi del ghiaccio si sarebbe dovuto contrarre e dovremmo vedere sulla sua superficie caratteristiche di compressione; mentre se all’inizio fosse stato caldo, avrebbe dovuto espandersi mentre l’oceano si congelava e ora sulla sua superficie dovremmo vedere caratteristiche di estensione», spiega Carver Bierson, primo autore dello studio. «Vediamo molte evidenze di un’espansione, ma non vediamo alcuna prova di compressione, quindi le osservazioni sono più coerenti con l’esistenza di un oceano liquido iniziale».

L’evoluzione termica e tettonica di Plutone con un inizio freddo è in realtà un po’ complicata, perché dopo un primo periodo di fusione graduale, l’oceano sotterraneo dovrebbe iniziare a ricongelarsi. Quindi si avrebbe una prima compressione superficiale, seguita da un’estensione più recente. Con un avvio a caldo, l’estensione si verificherebbe lungo tutta la storia del pianeta. «Le caratteristiche più antiche della superficie di Plutone sono più difficili da capire, ma sembra che sulla superficie ci siano indizi sia di estensioni antiche, sia di estensioni più recenti», commenta Nimmo.

La domanda successiva è se fosse realmente disponibile l’energia sufficiente per consentire a Plutone un hot start. Si pensa che le due principali fonti di energia potrebbero essere state il calore liberato dal decadimento degli elementi radioattivi nella roccia e l’energia gravitazionale rilasciata dal bombardamento di nuovo materiale sulla superficie del proto-pianeta.

I calcoli di Bierson hanno mostrato che se tutta l’energia gravitazionale fosse stata trattenuta come calore, sarebbe stata sufficiente a creare un oceano liquido primordiale. In pratica, tuttavia, gran parte di quell’energia sarebbe stata irradiata lontano dalla superficie, specialmente se l’accrescimento del nuovo materiale fosse avvenuto lentamente. «Il modo in cui Plutone si è formato è molto importante per la sua evoluzione termica», dice Nimmo. «Se si accumula troppo lentamente, il materiale caldo sulla superficie irradia energia nello spazio, ma se si accumula abbastanza rapidamente il calore rimane intrappolato all’interno».

I ricercatori hanno calcolato che se Plutone si fosse formato in un periodo inferiore a 30mila anni, avrebbe avuto un iniziato caldo. Se, invece, l’accrescimento fosse avvenuto nell’arco di qualche milione di anni, sarebbe stato possibile un avvio caldo solo nel caso in cui il materiale impattante avesse seppellito la sua energia in profondità, sotto la superficie.

Le nuove scoperte implicano che probabilmente anche altri oggetti di grandi dimensioni della cintura di Kuiper hanno avuto un inizio a caldo e potrebbero avere avuto oceani primordiali. Oceani che potrebbero essere riusciti a persistere fino ai giorni nostri negli oggetti più grandi, come i pianeti nani Eris e Makemake. «Anche in questo freddo ambiente così lontano dal Sole, tutti questi mondi potrebbero essersi formati velocemente e con calore, con oceani liquidi», conclude Bierson.

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