LO STUDIO È PUBBLICATO SU PLANETARY SPACE SCIENCE

Cassis cerca la rugiada sui pendii di Marte

Osservate per la prima volta con la camera del Tgo le Recurring slope lineae: misteriose venature di sabbia e brina che compaiono stagionalmente sul Pianeta rosso. Lo studio, guidato dall’Inaf, riporta l’analisi di 125 Rsl e il confronto con le immagini ottenute da altre missioni

     14/05/2020

Riquadro a) Immagine a colori ottenuta da Cassis che mostra il picco centrale del cratere Hale, dove sono state identificate e studiate 125 Recurring slope lineae (Rsl). I punti rossi indicano le Rsl che hanno mostrato segni di attività tra le due immagini, i punti verdi indicano le Rsl che sono rimaste invece statiche. Riquadri b,c,d) esempi di Rsl “attive” e “statiche”, indicate da frecce rosse e verdi, rispettivamente. Crediti: Munaretto et al., Planetary Space Science, 2020

Un gruppo di scienziati guidati da ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e dall’Università di Padova ha utilizzato per la prima volta la camera Cassis (Colour and Stereo Surface Imgaging System), a bordo del Trace Gas Orbiter (Tgo) della missione ExoMars 2016, per ottenere inedite immagini delle Recurring slope lineae (Rsl): linee scure che appaiono stagionalmente in corrispondenza di affioramenti rocciosi in cima a molte scarpate sulla superficie di Marte. Queste strutture sembrano delle strisce di sabbia bagnata e si propagano per centinaia di metri, seguendo la topografia del terreno. L’interesse verso le Rsl è dovuto alla speranza di avvistare acqua liquida per la prima volta sulla superficie di Marte, e la loro origine rappresenta uno dei grandi misteri del Pianeta rosso. Lo studio, accettato per la pubblicazione sulla rivista Planetary Space Science, riporta l’analisi di 125 Rsl e il confronto con le immagini ottenute da altre missioni. Nello specifico sono state studiate le Rsl all’interno del cratere marziano Hale.

Scoperte nel 2011, le recurring slope lineae variano col passare delle stagioni marziane e sono visibili generalmente in molte zone dove si hanno delle scarpate, come i crateri da impatto. Appaiono durante le stagioni calde (temperatura oltre gli zero gradi Celsius) come delle linee scure che si propagano seguendo la pendenza del pendio, e svaniscono nelle stagioni fredde. La correlazione tra la presenza delle Rsl e temperature superiori al punto di fusione del ghiaccio d’acqua – eventualmente salata (brine) – ha portato la comunità scientifica ad avanzare l’ipotesi che queste potessero essere flussi di acqua liquida sulla superficie di Marte.

Secondo questa ipotesi, le Rsl sarebbero generate dallo scioglimento del ghiaccio nel sottosuolo o da un processo chiamato deliquescenza, ovvero l’assorbimento dell’umidità atmosferica da parte di sali igroscopici presenti nel terreno e il suo successivo rilascio come soluzione acquosa. Altri ricercatori, con simulazioni numeriche e analisi topografiche, hanno suggerito che le Rsl siano invece dei flussi di materiale granulare, del tutto privi d’acqua. Il fatto che a oggi non vi sia ancora una spiegazione univoca circa la loro natura rende queste strutture stagionali una tematica scientifica di grande interesse per lo studio del Pianeta rosso. Se la correlazione tra le Rsl e la presenza di acqua liquida sulla superficie fosse confermata avrebbe infatti innumerevoli implicazioni, di carattere astrobiologico e relative all’esplorazione e all’abitabilità futura di Marte.

L’aspetto importante di questo studio è che le immagini di Cassis sono state ottenute durante il mattino marziano (verso le ore 11) e confrontate poi con immagini di Hirise (la camera ad alta risoluzione a bordo della missione Nasa Mars Reconnaissance Orbiter) prese nel pomeriggio (intorno alle 14 ora su Marte). Questo tipo di osservazioni è ora possibile proprio grazie alla camera del Tgo, poiché – per motivi orbitali – è l’unico strumento attualmente attorno a Marte in grado di acquisire immagini ad alta risoluzione (4.65 metri per pixel) durante le ore del mattino, e di conseguenza un’analisi di osservazioni questo tipo non era mai stata fatta prima d’ora. Cassis consente di seguire l’evoluzione Rsl sia al variare delle stagioni, ma soprattutto e per la prima volta durante il giorno marziano.

Queste osservazioni sono fondamentali per lo studio delle Rsl poiché, se esse fossero formate da acqua, ci si aspetterebbe che evaporino durante l’arido pomeriggio marziano, diventando meno scure rispetto al mattino, quando invece l’aria è più umida. È come quando annaffiamo il terreno: inizialmente è pregno d’acqua e appare più scuro; man mano che questa viene assorbita ed evapora, però, si schiarisce e ritorna del suo colore originario. Cassis consente di osservare queste variazioni di colore al mattino anche per la sua elevata risoluzione spaziale. Hirise, pur consentendo una risoluzione spaziale addirittura maggiore, può osservare le Rsl solo al pomeriggio, precludendo una caratterizzazione della loro evoluzione diurna.

Oltre a studiare l’evoluzione diurna, i ricercatori hanno confrontato le caratteristiche delle 125 Rsl identificate con quelle che ipotizzate dai modelli che interpretano la formazione di Rsl tramite lo scioglimento di ghiaccio o la deliquescenza di sali. In particolare, è stata effettuata un’analisi termica individuando le orientazioni del terreno che favorirebbero la formazione delle Rsl secondo questi due processi.

Giovanni Munaretto, primo autore dell’articolo e dottorando del Dipartimento di fisica e astronomia dell’Università di Padova con una borsa Inaf, spiega i risultati: «Osservando le stesse Rsl al mattino grazie a Cassis e al pomeriggio con Hirise, non troviamo differenze significative, ovvero non rileviamo alcuna deidratazione, come previsto se si trattasse di flussi di materiale granulare privi di acqua. A supporto di questa tesi, osserviamo che la propagazione delle Rsl da noi identificate non avviene nelle zone predette dai modelli di deliquescenza e di scioglimento di ghiacci. Infine, osserviamo le Rsl propagarsi solo lungo le scarpate più ripide per poi arrestarsi quando la pendenza del terreno è pari al limite di scivolamento dei flussi granulari. Tutti questi tre risultati ci portano a dire che le Rsl sono probabilmente prive di acqua e meglio interpretabili come flussi di materiale granulare secco».

Cassis è stato realizzato dall’Università di Berna (Svizzera) sotto il coordinamento scientifico di Nicolas Thomas (principal investigator), e con il contributo di Italia e Polonia. In particolare l’Italia ha fornito il cuore optronico (piano focale ed elettronica di processamento) di Cassis, sfruttando quanto già sviluppato per lo strumento Simbio-Sys a bordo della missione Bepi Colombo realizzato dalla Leonardo Spa con il finanziamento e coordinamento dell’Agenzia spaziale italiana. Responsabile nazionale del programma è Gabriele Cremonese dell’Inaf di Padova, il quale commenta: «Malgrado la quarantena che ha fermato Cassis solo per poche settimane, stiamo continuando a osservare la superficie di Marte. Questo lavoro sfrutta al massimo le caratteristiche dello strumento e le sue potenzialità di osservazione grazie all’orbita del Tgo. L’evoluzione diurna delle Rsl e di altri cambiamenti della superficie sono tra gli obiettivi principali e la possibilità di generare immagini 3D consentono di studiarne le pendenze».

L’analisi è stata portata avanti grazie al supporto dell’Asi e in un contesto internazionale. «Il lavoro scientifico prodotto dal team italiano conferma ancora una volta le grandi capacità a livello nazionale di elaborare e analizzare le osservazioni ottiche da remoto delle superfici planetarie, in questo caso la superficie marziana», dice Raffaele Mugnuolo, responsabile Asi per la partecipazione scientifica alla missione ExoMars. «I fenomeni descritti aggiungono un importante tassello nel contesto in cui si muove la comunità scientifica internazionale per la comprensione completa di determinati fenomeni stagionali sulla superficie del pianeta Marte». L’Italia è il maggiore contributore del programma ExoMars, sfiorando il 40 per cento dell’investimento totale, con un ritorno importante per l’industria italiana e per la comunità scientifica nazionale.

Per saperne di più:

Guarda l’intervista dell’agenzia Dire a Giovanni Munaretto: