MISURE COMPIUTE SU 92MILA CURVE DI LUCE

Tess prende il polso delle giovani Delta Scuti

Oggi su Nature la prima misura del “battito“ di una particolare classe di stelle, le Delta Scuti, che fino a oggi aveva dato filo da torcere a ogni studio di astrosismologia. Le sessanta sorgenti selezionate mostrano frequenze di pulsazione regolari e molto elevate (dell’ordine di 30 per giorno), una giovane età e una spiccata tendenza a frequentare gli assembramenti di stelle

     13/05/2020

Screenshot di una simulazione delle pulsazioni di Hd 31901, una stella variabile di classe Delta Scuti, basata sulle misure di luminosità ottenute da Tess. Crediti: Chris Boshuizen (@DrChrispyMusic), Simon Murphy e Tim Bedding

La sinestesia è una figura retorica che si costruisce con l’accostamento di due parole appartenenti a due piani sensoriali diversi. Con la sinestesia, si può fare poesia.

Non solo. La sinestesia è anche un’alterazione sensoriale che induce il cervello di chi ne è affetto a coinvolgere più di un senso per volta in risposta a uno stimolo, facendo percepire la “sensazione sbagliata”. Ne è un esempio Melissa McCracken, artista che vede la musica e la dipinge come una miscela di colori, forme e movimenti che si spostano come elementi vitali e intenzionali. Con la sinestesia, si può fare arte.

E con quanti sensi si può ascoltare la musica suonata dal cuore pulsante delle stelle? Osservando mediante una curva di luce le armoniche prodotte dalla pulsazione interna delle stelle, un team di astronomi ha identificato per la prima volta il ritmo regolare di una particolare classe di stelle, le Delta Scuti (dal nome della stella prototipo di questa classe, δ Scuti). Con la sinestesia, si può fare scienza.

L’articolo riporta la prima rivelazione di sequenze regolari di pulsazioni ad alta frequenza in sessanta stelle con massa intermedia (fra 1.5 e 2.5 volte la massa del Sole), distanti da 60 a 1400 anni luce dalla Terra.

La presenza di pulsazioni è caratteristica comune delle stelle: si tratta di risonanze naturali, generate dai moti convettivi connessi ai processi di fusione nucleare al centro. Le Delta Scuti però, stelle giovani appena giunte nella cosiddetta sequenza principale di età zero, avevano sempre vanificato qualunque tentativo di ricerca in questo ambito.

«Prima d’ora vedevamo solo una confusione troppo grande di note, per poter comprendere veramente questa classe di stelle pulsanti», ricorda il primo autore dello studio pubblicato oggi su Nature, Tim Bedding, dell’Università di Sydney. «Era un disastro, come ascoltare il suono prodotto da un gatto che cammina su un pianoforte».

La branca sinestesica dell’astrofisica porta il nome di astrosismologia. Essa posa le sue fondamenta sulla sismologia terrestre e sullo studio della propagazione delle onde generate dai terremoti nel nostro pianeta. Uno dei modi utilizzati per capire come sia fatta la Terra al suo interno è infatti studiare come si propagano le onde sismiche prodotte proprio in seguito ad un terremoto. L’estensione di studi di tipo sismografico ai corpi celesti comincia dalla nostra “stella di prova”, il Sole. Il suo interno è costantemente percorso da onde sonore nella forma di armoniche, che possiamo scomporre e analizzare con il grande dettaglio offerto dalla nostra stella per capire quali fenomeni accadano al suo interno e quale ne sia la composizione.

«L’astrosismologia è il metodo che usiamo per rivelare l’interno nascosto delle stelle», spiega il coautore dello studio Tanda Li, della School of Physics and Astronomy dell’università di Birmingham. «E questo è stato applicato con grande successo a molte categorie di stelle pulsanti fra cui stelle di piccola massa come il Sole, giganti rosse, stelle molto massicce e nane bianche», aggiunge Bedding.

Come nella musica, la combinazione di diverse armoniche genera suoni diversi. Tecnicamente, quindi, ogni stella là fuori sta suonando la propria particolare musica, che possiamo ascoltare e studiare.

Le stelle, a causa della loro distanza, ci permettono di ascoltare solo le armoniche più semplici.  Tuttavia, se inserite nel grande database musicale creato negli ultimi anni dagli astrosismologi, queste semplici melodie danno informazioni fondamentali sulla struttura interna e sulla densità delle stelle. La densità è infatti proporzionale alla spaziatura in frequenza fra alcuni particolari modi di pulsazione, e inversamente proporzionale al tempo impiegato dalle onde acustiche per viaggiare attraverso la stella.

Nel caso del Sole, ad esempio, un’onda impiega circa cinque minuti per attraversare l’intero volume stellare. In stelle giganti, come nel caso di Betelgeuse, un’onda può impiegare settimane – addirittura mesi – per raggiungere la superficie, e verrà rivelata quindi con una frequenza molto minore. Analogamente, stelle piccole e giovani, come le Delta Scuti, offrono frequenze di variazione molto più alte.

Tornando alla sinestesia, bisogna dire che in realtà gli astronomi non ascoltano le stelle, bensì le osservano e cercano in esse variazioni regolari di luminosità causate dall’emergere di onde acustiche sulla superficie.

Il “primo violino” nell’osservazione delle pulsazioni stellari è il satellite della Nasa Tess (Transiting Exoplanet Survey Satellite), un telescopio spaziale progettato per cercare pianeti extrasolari orbitanti attorno alle stelle a noi più vicine. Tess ha misurato la luminosità di migliaia di stelle con un livello di campionamento elevatissimo, fornendo 92mila curve di luce di due minuti ciascuna, fra le quali gli scienziati hanno cercato le Delta Scuti, che si distinguono per avere la frequenza di pulsazione più alta (circa 30 volte al giorno).

«Abbiamo dovuto analizzare tutte le 92mila curve di luce, che misurano la luminosità di una stella nel tempo, ed eliminare il rumore, lasciando emergere lo schema regolare delle sessanta stelle che abbiamo identificato in questo studio», dice Daniel Hey, lo studente di dottorato dell’Università di Sidney – e coautore dello studio – che ha sviluppato il software in grado di analizzare la consistente mole di dati in arrivo da Tess.

Questo sottoinsieme di sessanta stelle sembra essere più giovane di tutti i tentativi di Delta Scuti analizzati in precedenza. Il coautore Warrick Ball spiega infatti che «questo calza a pennello con il fatto che gli spettri di pulsazione tendono a diventare più complicati mentre una stella invecchia. Le stelle più giovani ci offrono l’occasione migliore per trovare spettri ordinati».

«Siamo ora nella posizione», aggiunge Bill Chaplin, a capo del gruppo di ricerca di astrosismologia a Birmingham, «di poter cominciare a indagare questo tipo di stelle, e usarle come riferimento per interpretare le tantissime stelle del campione che presentano spettri molto più complicati».

Alcune fra queste stelle ospitano pianeti. È il caso di Beta Pictoris, che dista circa 60 anni luce da terra ed è visibile ad occhio nudo dal cielo dell’Australia. «Più riusciamo a conoscere queste stelle, più capiremo i loro potenziali effetti sui pianeti», osserva Isabel Colman dell’Università di Sydney, coautrice dello studio.

«Il nostro risultato», conclude Bedding, «mostra che questa categoria di stelle è molto giovane e alcune di esse tendono ad andarsene in giro in ampi assembramenti. Non conoscono ancora le regole di distanziamento sociale».

Guarda il servizio video di MediaInaf Tv:

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature l’articolo “Very regular high-frequency pulsation modes in young intermediate-mass stars”, di Timothy R. Bedding, Simon J. Murphy, Daniel R. Hey, Daniel Huber, Tanda Li, Barry Smalley, Dennis Stello, Timothy R. White, Warrick H. Ball, William J. Chaplin, Isabel L. Colman, Jim Fuller, Eric Gaidos, Daniel R. Harbeck, J. J. Hermes, Daniel L. Holdsworth, Gang Li, Yaguang Li, Andrew W. Mann, Daniel R. Reese, Sanjay Sekaran, Jie Yu, Victoria Antoci, Christoph Bergmann, Timothy M. Brown, Andrew W. Howard, Michael J. Ireland, Howard Isaacson, Jon M. Jenkins, Hans Kjeldsen, Curtis McCully, Markus Rabus, Adam D. Rains, George R. Ricker, Christopher G. Tinney e Roland K. Vanderspek