LE TAPPE PRINCIPALI A BREVE E A LUNGO TERMINE

Guardando il Sole dall’alto in basso

Manca solo una settimana al lancio di Solar Orbiter, la missione di Esa e Nasa che per la prima volta produrrà immagini delle regioni polari della nostra stella. Per almeno cinque anni, nel corso di 22 orbite, la sonda si scosterà sempre di più dal piano dell’eclittica, spingendosi fino ad appena 42 milioni di km dal Sole e affrontando temperature infernali. Significativo il contributo dell’Italia

     04/02/2020

Rappresentazione artistica della sonda attorno al Sole. Crediti: Esa

Nella notte fra domenica 9 e lunedì 10 febbraio, alle 5:03 ora italiana, Solar Orbiter si alzerà in volo da Cape Canaveral, a bordo di un razzo Atlas V 411, per intraprendere un viaggio interplanetario che la porterà, nell’arco di qualche anno, là dove nessuna sonda spaziale è stata mai: in orbita a distanza ravvicinata al di sopra dei poli della nostra stella. Sfruttando l’assist gravitazionale della Terra e di Venere e sotto la guida di un “pilota” d’eccezione – il flight director dell’Esa Andrea Accomazzo, lo stesso che guidò la missione Rosetta – la navicella spaziale dell’Esa e della Nasa, avvicinandosi al suo obiettivo, si smarcherà progressivamente dal piano dell’eclittica, consentendoci così di vedere per la prima volta il polo nord e il polo sud del Sole.

Ecco le principali tappe in programma, a breve e a lungo termine. Circa 53 minuti dopo il lancio, alla fine della sequenza standard di separazione dai vari stadi, la navicella spaziale si troverà a viaggiare da sola verso la sua destinazione. Quattro minuti più tardi si apriranno i pannelli solari e verrà stabilito il primo contatto con la Terra. Trascorse altre 28 ore avrà inizio una lunga sequenza di dispiegamenti, che richiederà circa 13 ore per essere completata: si parte con l’antenna per le onde radio e al plasma, poi il braccio telescopico con gli strumenti sensibili ai campi magnetici (che devono dunque essere posizionati a una certa distanza dalla sonda) e infine altre tre antenne, compresa quella ad alto guadagno. A questo punto la navicella spaziale dovrebbe essere in “assetto da combattimento”.

Le tappe principali del lancio (in alto) e della missione (in basso). Crediti: Esa

Più a lungo termine, invece, il calendario della missione prevede un primo passaggio ravvicinato alla nostra stella (a 0.5 unità astronomiche, dunque meno di 75 milioni di km) fra un anno, nel febbraio 2021, e un secondo (questa volta ameno di 0.3 unità astronomiche) nell’ottobre del 2022. Dopodiché avranno inizio orbite a latitudini via via maggiori, da 17 gradi (marzo 2025) fino a oltre 33 gradi (luglio 2029). Orbite che condurranno la sonda – nei punti di massima prossimità – ad appena 42 milioni di km dalla nostra stella.

«Terra incognita», la definisce Daniel Müller, project scientist Esa della missione. «Questa è vera scienza d’esplorazione». Terra incognita e ostile. Per resistere al caldo infernale, Solar Orbiter dispone di uno scudo termico multistrato in titanio con un rivestimento in fosfato di calcio: una tecnologia ad hoc, chiamata Solar Black, in grado di far fronte a temperature fino a 500 gradi. Scudo sul quale si aprono fenditure attraverso le quali cinque dei dieci strumenti di bordo osserveranno direttamente il Sole, mentre un sesto strumento sarà girato di lato per tenere d’occhio il vento solare.

Le grandi domande alle quali Solar Orbiter è chiamato a dare risposta sono anzitutto quelle relative al campo magnetico della nostra stella: da quali processi ha origine? E come si propaga oltre la corona, verso lo spazio esterno? E ancora: cosa accade ai poli quando la polarità del campo magnetico si inverte? Fondamentali per il potenziale impatto sulle nostre vite saranno poi i dati utili a comprendere più a fondo lo space weather.

Significativo il contributo dell’Italia alla missione. Tre degli strumenti scientifici – Metis, Swa e Stix – sono stati finanziati dall’Agenzia spaziale italiana e sono stati realizzati con il contributo di ricercatori dell’Inaf, del Cnr, di numerose università e industrie italiane.

Guarda il servizio video di MediaInaf Tv: