STUDIO SULLA SIMBIOSI TRA BUCO NERO E GALASSIA

Venti di quasar nell’universo primordiale

Grazie a un’analisi di tutte le osservazioni disponibili condotte con Alma di galassie nell’universo giovane che ospitano un buco nero attivo, un team guidato da Manuela Bischetti dell’Inaf di Roma è riuscito per la prima volta a confermare la presenza di venti di materia a meno di un miliardo di anni dal Big Bang

     17/10/2019

Questa rappresentazione artistica mostra i dintorni del buco nero supermassiccio al centro di una galassia attiva. Crediti: Eso/M. Kornmesser

Volevano studiare i venti prodotti dai primi buchi neri supermassicci. Imbrigliarli è stata un’impresa. Hanno dovuto far scendere in campo 54 delle 66 antenne di Alma – le 54 più grandi, quelle da 12 metri. Antenne distanti fra loro fino a 16 km e situate nel deserto di Atacama – in Cile, sull’altopiano di Chajnantor, a 5000 metri di altitudine. Schierate in modo coordinato per osservare all’unisono – come un unico telescopio gigante di ineguagliata sensibilità, sfruttando i principi dell’interferometria – 48 lontanissimi quasar: oggetti in grado di raggiungere luminosità estreme, fino a un milione di miliardi di volte quella del Sole. Oggetti lontanissimi e dunque antichissimi. In gergo astronomico, il loro redshift va da 4.5 a 7.1: vale a dire che i fotoni emessi dagli esemplari più lontani – prima d’andare a cozzare con i ricevitori delle antenne di Alma, quelli fra i 250 e i 335 GHz – hanno viaggiato grosso modo per 13 miliardi di anni.

Imbrigliare quei venti primordiali è stata un’impresa, dicevamo. Condotta dal deserto di Atacama e dal Kavli Institute for Cosmology di Cambridge, dove tra il 2017 e 2018 si trovava, per il suo dottorato di ricerca, Manuela Bischetti, ricercatrice all’Inaf di Roma e prima autrice dell’articolo – pubblicato il mese scorso su Astronomy & Astrophysics – che descrive il risultato.

Manuela Bischetti, ricercatrice all’Inaf di Roma e prima autrice dell’articolo pubblicato su A&A

«Per la prima volta il nostro studio ha osservato che tali buchi neri sono in grado di generare tempeste estremamente potenti già nella prima popolazione di galassie», spiega Bischetti a Media Inaf. «Vengono infatti accelerati venti di gas freddo caratterizzati da velocità superiori ai 1000 km/s (più di tre milioni di km/h) che, espandendosi, possono sconvolgere l’intera galassia in cui il buco nero è ospitato. In particolare i venti accelerati da buchi neri possono essere talmente potenti e dannosi da impedire la formazione di nuove stelle. Il nostro risultato fornisce così una possibile spiegazione alla rarità di galassie massicce che si osservano nell’universo di ogni età, e all’impossibilità delle galassie di crescere oltre una certa massa».

«Prima del nostro lavoro», continua Bischetti, «questo tipo di fenomeno è stato osservato solo in un singolo quasar di epoca comparabile, nonostante siano decine e decine gli oggetti studiati con Alma. Questo perché le singole osservazioni non avevano una profondità sufficiente per rivelare la presenza dei “venti”. Grazie alla combinazione di tutte le osservazioni incluse nel nostro campione di 48 oggetti, abbiamo potuto aumentare la profondità e – per la prima volta, appunto – mostrare che queste tempeste sono comuni nella popolazione di quasar così distanti e quantificare il loro impatto medio».

Studiare le proprietà fisiche e dinamiche del gas contenuto in queste sorgenti è una delle sfide dell’astrofisica moderna, perché costituisce la chiave per capire come si siano formate le galassie più grandi e i buchi neri più massicci, con masse pari a miliardi di volte la massa del Sole, che popolano l’universo attuale. I risultati ottenuti dal team guidato da Bischetti – del quale fanno parte ricercatori degli osservatori astronomici Inaf di Roma e Trieste e dell’università di Cambridge – sono molto utili, in particolare, per arrivare alla piena comprensione di un processo che negli ultimi anni sta sempre più affascinando gli astrofisici: la simbiosi tra buco nero centrale e galassia ospite.

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