LO STUDIO GRAZIE AL TELESCOPIO SPAZIALE HUBBLE

Non tanto tempo fa, al centro della Galassia

Tre milioni e mezzo di anni fa, il buco nero supermassiccio nel cuore della nostra galassia è stato teatro di una potente esplosione che ha lasciato tracce nelle galassie satelliti della Via Lattea e, in particolare, nelle nubi di gas che formano la corrente Magellanica. Un team di scienziati dell’Astro 3D è andato alla ricerca delle prove a sostegno di questa ipotesi. Media Inaf ne ha parlato con Magda Guglielmo, co-autrice dello studio in pubblicazione su The Astrophysical Journal.

     10/10/2019

Impressione artistica dei flare di radiazioni ionizzanti che esplodono al centro della Via Lattea e colpiscono la corrente Magellanica. Crediti: James Josephides/Astro 3d

Tre milioni e mezzo di anni fa, vicino al buco nero supermassiccio che risiede nel centro della nostra galassia, si sprigionò un maestoso getto energetico, che si fece strada verso entrambi i poli della nostra galassia. Il fenomeno, noto come flare di Seyfert, creò due enormi “coni di ionizzazione” che attraversarono la Via Lattea, con un diametro relativamente piccolo vicino al buco nero ma che si espanse enormemente uscendo dalla galassia. Il flare fu così potente che ebbe un impatto su quella che viene comunemente chiamata Corrente Magellanica (o Magellanic Stream), una lunga scia di gas che si estende dalla Grande e Piccola Nube di Magellano verso il polo sud della Via Lattea.

Questo è ciò che è emerso da una ricerca condotta da un team di scienziati guidati da Joss Bland-Hawthorn dell’Arc Centre of Excellence for All Sky Astrophysics in 3 Dimensions (Astro 3D) e che presto sarà pubblicata su The Astrophysical Journal. Tra gli autori, la ricercatrice Magda Guglielmo, dell’Università di Sydney, che Media Inaf ha intervistato per scoprire com’è avvenuta la scoperta, in cosa consiste e quali sono le sue possibili conseguenze.

Cos’è successo al centro della nostra galassia 3.5 milioni di anni fa?

«Il buco nero nel cuore della nostra galassia ha emesso un enorme bagliore di radiazioni che sarebbe stato chiaramente visibile dalla Terra. Questa potente esplosione ha lasciato tracce nelle galassie satelliti della Via Lattea e in particolare, nelle nubi di gas che formano lo Stream di Magellano. Si sospettava da tempo che il nucleo della Via Lattea avesse dato vita a queste esplosioni ma nuove osservazioni ci hanno permesso di identificarne la potenza e di comprenderne gli effetti».

Cosa ha provocato questo evento?

«Quando stelle e nubi di gas si avvicinano al buco nero, vengono attratte in un vortice mortale. In questo processo, la materia si riscalda raggiungendo temperature molto elevate e poco prima di sparire nel buco nero, forti radiazioni sono emesse sotto forma di bolle, getti e venti cosmici. Le evidenze osservative suggeriscono che più o meno 3 milioni di anni fa, una grande quantità di materia è stata divorata dal buco nero, provocando una potente esplosione».

Magda Guglielmo si è laureata all’Università Federico II di Napoli e ha ricevuto il dottorato all’Universita di Sydney, studiando gli effetti dell’interazione gravitazionale tra le galassie del Gruppo Locale. In particolare, attraverso simulazioni cerca di ricostruire la storia delle galassie a partire dai dati osservativi. Crediti: Magda Guglielmo

Come avete fatto a scoprirlo?

«Differenti osservazioni suggerivano attività al centro della nostra galassia. Un’attività che si mostra sotto forma di radiazioni a differenti lunghezze d’onda. Per esempio, nel 2003 grazie ai risultati del satellite Midcourse Space Experiment (Msx) e Rosat, è stata scoperta una struttura bipolare di x-rays, molto luminosa, che si estendeva dal centro della galassia. Nel 2010, il satellite spaziale Fermi ha rivelato che questa struttura ha anche una componente gamma (le famose Fermi Bubbles), dimostrando quanto potente fosse l’evento che l’aveva prodotta. Il problema era capire che cosa l’avesse provocato. Tra i modelli forniti, quello dell’esplosione dovuta al buco nero è capace di spiegarne non solo l’origine, ma anche la potenza.

Quindi l’ipotesi sembrava corretta, ma bisognava trovare le prove che la sostenessero. Un’esplosione di questo calibro avrebbe dovuto lasciare tracce anche su altri oggetti che orbitano la nostra Galassia. L’idea di questo studio è proprio di identificare gli effetti di questa esplosione.

Per farlo, abbiamo studiato una delle strutture di gas più famose e complesse: lo Stream delle Nubi di Magellano. Questo Stream si è formato dall’interazione gravitazionale tra la Grande e la Piccola Nube di Magellano, due galassie satelliti che orbitano la Via Lattea. Tale struttura presenta delle peculiarità che sono difficili da spiegare, come il fatto che alcune nubi di gas sono altamente ionizzate.  Nuovi risultati ottenuti con il telescopio spaziale Hubble hanno rivelato che ad esserlo sono proprio quelle zone nella direzione dei poli galattici, ovvero quelle più soggette alle radiazioni dell’esplosione. Sembra di guardare i pezzi di un puzzle che si incastrano meravigliosamente».

Un evento del genere può avere ripercussioni anche per chi vive sulla Terra?

«Una domanda legittima, la cui risposta è complicata. Se il raggio fosse stato nella direzione del Sistema solare, il getto di radiazione avrebbe dovuto attraversare il disco della Via Lattea, impiegando circa dieci milioni di anni per raggiungere la Terra. Quindi è possibile che lo farà in futuro. Tuttavia, è improbabile che l’intensità del getto che (e se) ci raggiungerà superi quelle delle eruzioni solari più energetiche. Si sa che queste hanno ripercussioni sui satelliti, ma sulla Terra siamo protetti dalla nostra atmosfera».

Il centro della nostra galassia è un po’ come un vulcano attivo? Potrebbe “eruttare” da un momento (cosmico) all’altro?

«Sì, l’evento potrebbe ripetersi. Molte stelle e nubi di gas popolano il centro della nostra galassia, quindi è possibile che queste verranno in contatto con il disco di accrescimento del buco nero e si avrà una seconda “eruzione”. Ma è un po’ come per i terremoti o le eruzioni vulcaniche: si sa che succederanno, ma è difficile prevedere quando questo accadrà».

Per saperne di più:

  • Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “The large-scale ionization cones in the Galaxy” di Joss Bland-Hawthorn, Phil Maloney, Ralph Sutherland, Brent Groves, Magda Guglielmo, Wen Hao Li, Andrew Curzons, Gerald Cecil e Andrew Fox

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