INSTALLATE IN AUSTRALIA DA UN TEAM DELL’INAF

Bosco d’antenne “made in Italy” per Ska

Si è appena conclusa presso il Murchison Radio Observatory, nel deserto dell’Australia Occidentale, l’installazione della prima stazione prototipo di Ska-Low Aavs 2.0, realizzata da ingegneri e tecnici dell’Istituto nazionale di astrofisica, del Consiglio nazionale delle ricerche e di numerose aziende italiane

     08/10/2019

Crediti: Inaf

In Australia il made in Italy va a gonfie vele. Non stiamo parlando del parmigiano reggiano: a portare la firma del Belpaese, in questo caso, sono particolari antenne concepite per ricevere con Ska – lo Square Kilometre Array, un radiotelescopio internazionale e immenso in cui c’è una grande fetta di Italia – segnali radio a bassa frequenza provenienti dall’universo. Si è infatti appena conclusa presso il Murchison Radio Observatory, nel deserto dell’Australia Occidentale, l’installazione della prima stazione prototipo di Ska-Low Aavs 2.0 (Aperture Array Verification System 2.0), composta da 256 antenne chiamate Skala 4.1AL, e a opera di ingegneri e tecnici dell’Inaf – Istituto di Radioastronomia (Radiotelescopi di Medicina) con il supporto dei colleghi australiani.

Skala 4.1AL non è un nome che “suona” italiano, ma in realtà le antenne lo sono a tutti gli effetti. Vediamo perché. Le antenne – somiglianti ad alberi di Natale e di tipo log-periodico, che assicura un’ampia banda di ricezione per osservare il cosmo alle radiofrequenze da 50 MHz fino a 350 MHz – sono state realizzate dall’azienda Sirio Antenne, di Mantova, e il design elettromagnetico è stato curato dalla collaborazione dell’Inaf con l’Istituto di elettronica e di ingegneria dell’informazione e delle telecomunicazioni (Ieiit) del Consiglio nazionale delle ricerche, mentre le parti attive e gli amplificatori a basso rumore (low noise amplifier) sono stati sviluppati e integrati grazie ad una collaborazione dell’Inaf con l’azienda koreana Asb. Sempre basati su design italiani, i nuovissimi sistemi di acquisizione (tile processing module) nati dalla collaborazione dell’Inaf con le aziende milanesi Sanitas Eg e Optel.

Da sinistra: Marco Schiaffino, Andrea Mattana e Jader Monari, della Stazione radioastronomica di Medicina (BO) dell’Inaf. Crediti: Inaf

Il lavoro dello staff dei Radiotelescopi di Medicina (BO) non conosce pause. Un secondo gruppo ha appena raggiunto il deserto australiano per la preparazione – già in corso – degli SmartBox, che sono delle scatole contenenti i front end ottici (elementi per trasformare il segnale elettrico in arrivo dalle antenne in un segnale ottico da trasmettere su fibra ottica), anche questi italiani e realizzati dall’Inaf con l’azienda bolognese Protech, e che saranno installati il prossimo novembre da un terzo gruppo dello staff medicinese. Subito dopo arriverà il momento cruciale: 3, 2, 1, ignition… verrà premuto il pulsante di accensione per un test dell’intero array.

Se tutto procede per il meglio, a metà novembre Aavs 2.0 potrebbe essere pronto per fare le prime osservazioni. Saranno test importanti per valutare l’affidabilità dell’elettronica e il rischio di interferenze radio, che potrebbero disturbare e distorcere i segnali radioastronomici.

Insomma, questo è un assaggio molto importante del tanto lavoro sul fronte australiano in merito a Ska, radiotelescopio che arriverà a contenere 130mila antenne  (senza contare quelle sudafricane operanti a più alta frequenza) e in cui l’Inaf riversa da anni molte risorse, grazie anche alle collaborazioni sul territorio nazionale, oltre a quelle già citate, con le università di Bologna, Firenze e Politecnico di Torino.

Guarda su MediaInaf Tv il servizio video sull’Aavs: