IL LAVORO PUBBLICATO SU ASTRONOMY & ASTROPHYSICS

Elettroni sotto shock nelle nursery stellari

Un team di scienziati guidati da Marco Padovani dell'Inaf ha proposto un modello teorico che dimostra come sia possibile accelerare gli elettroni presenti nelle regioni H II fino alle energie relativistiche quando attraversano le onde d’urto che si propagano all’interno della regione stessa

     24/09/2019

La regione Sgr B2 osservata con il radiotelescopio Vla alla frequenza di 6 GHz. L’inserto a destra mostra uno zoom sulla regione “Deep South” (Ds) dove è stato calcolato l’indice spettrale. Crediti: Fanyi Meng

C’è un enigma che avvolge le regioni di formazione stellare, le cosiddette regioni H II, nebulose di gas caldo e ionizzato che ospitano al loro interno stelle giovani ed estremamente luminose. Recenti osservazioni in banda radio di queste regioni indicano la presenza di radiazione, detta di sincrotrone, emessa da elettroni che viaggiano a velocità prossime a quelle della luce mentre si muovono lungo le linee di campo magnetico seguendo un moto a spirale. Le varie teorie finora proposte per giustificare la presenza di questo tipo di radiazione prodotta da elettroni relativistici non sono riuscite nel loro intento. Ora però un gruppo di ricercatori guidati da Marco Padovani, ricercatore postdoc all’Inaf di Arcetri con una borsa Marie Skłodowska-Curie del programma AstroFit2, ha proposto un nuovo scenario che sembra finalmente mettere d’accordo teoria e osservazioni.

Gli scienziati hanno dimostrato che è possibile accelerare gli elettroni presenti nelle regioni H II fino alle energie relativistiche quando attraversano le onde d’urto che si propagano all’interno della regione stessa, secondo il meccanismo di accelerazione di Fermi. Il banco di prova per testare la validità del modello è stata la regione “Deep South” (Ds) in Sagittario B2, una nube molecolare gigante situata a circa 400 anni luce dal centro della nostra Galassia, osservata in banda radio con il radiotelescopio Vla. «Il nostro modello è riuscito a riprodurre le densità di flusso osservate con un’accuratezza del 20%, nonché gli indici spettrali, vincolando anche l’intensità del campo magnetico, la velocità del materiale in espansione e la densità prevista in Ds» dice Padovani, primo autore dell’articolo che descrive l’indagine, pubblicato oggi online sul sito della rivista Astronomy & Astrophysics.

Marco Padovani

Il team ha anche sviluppato un software online interattivo e pubblico che calcola il flusso di elettroni accelerato dalle onde d’urto, la densità di flusso e l’indice spettrale previsti in una regione HII nello spazio dei parametri densità-intensità del campo magnetico per un determinato set di temperatura, velocità e frequenza di osservazione.

«La maggiore sensibilità, il campo visivo più ampio, la maggiore velocità di rilevamento e la capacità di realizzare misure di polarizzazione dei futuri telescopi come Ska, lo Square Kilometre Array, in cui l’Istituto nazionale di astrofisica è fortemente coinvolto, consentiranno di scoprire un numero maggiore di regioni H II associate all’emissione di sincrotrone, offrendo l’opportunità di caratterizzare meglio l’origine delle sorgenti di sincrotrone galattico» conclude Padovani.

 

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