EFFETTO FIONDA RILEVATO CON LA VELOCITÀ RADIALE

Eccentrico gioviano seduce la sua stella

Una ricerca basata su osservazioni ventennali ha individuato, a cento anni luce da noi, un pianeta grande ben tre volte il nostro Giove dall’orbita estremamente eccentrica. La spiegazione per un’orbita così anomala va cercata nel passato del sistema stellare

     29/08/2019

L’immagine mette a confronto l’orbita eccentrica di Hr 5183 b con le orbite, più circolari, dei pianeti nel nostro Sistema solare. Crediti: W. M. Keck Observatory / Adam Makarenko

Hr 5183 è una anonima stellina di bassa magnitudine che si trova nella costellazione della Vergine a poco più di cento anni luce da noi. Questa relativa vicinanza ne ha fatto da molti anni un oggetto molto osservato in quanto potenziale candidato a ospitare uno o più esopianeti.

Una ricerca, condotta dalla ricercatrice del Caltech Sarah Blunt, in uscita su The Astronomical Journal, ha individuato intorno alla stella un pianeta grande ben tre volte il nostro Giove, ribattezzato Hr 5183 b, che le ruota intorno con un’orbita fortemente ellittica. Talmente ellittica che, se fosse collocato nel nostro Sistema solare, spazierebbe  dalla fascia degli asteroidi, da una parte, fino a toccare l’orbita di Nettuno dalla parte opposta, come mostrano chiaramente sia l’immagine che l’animazione video fornita dagli stessi autori.

I primi dati utilizzati dallo studio risalgono addirittura al 1997, quando nel quadro del progetto osservativo di lungo termine del California Planet Search, condotto da Andrew W. Howard, lo spettrometro HiRes del Keck Observatory di Maunakea, isole Hawaii, iniziò a puntarle gli occhi addosso a cadenza regolare, seguito a ruota da altri due istituti, il Lick Observatory nel nord della California e il McDonald Observatory in Texas. L’obbiettivo era quello di monitorare il movimento della stella.

In pratica, tutte le stelle – compreso il Sole – che hanno intorno dei pianeti risentono, nel loro movimento, della gravità esercitata da questi ultimi. Di conseguenza, non stanno ferme – se ci consentite una metafora puramente filosofica – come l’aristotelico “primo motore immobile”, ma ruotano intorno a un centro di gravità niente affatto permanente, anzi: mutevole in base alle posizioni reciproche tra i due corpi. La misurazione del movimento delle stelle in queste orbite quasi impercettibili è chiamata velocità radiale”.

In mancanza di riferimenti celesti certi, l’unico modo per misurare la velocità radiale di una stella è capire se si sta allontanando o avvicinando rispetto all’osservatore sulla Terra, ed è qui che entra in gioco la tecnica della spettroscopia doppler (ben illustrata in questa animazione dell’Eso). Se la stella è in allontanamento, nello spettro osservato aumenta la componente rossa, mentre se si avvicina aumenta la componente blu. La ricorrenza di queste fasi di “andata e ritorno” consente agli astronomi di calcolare orbita e massa – non precisa, ma almeno “minima” – di un esopianeta in grado di generare quel movimento nella stella.

Il fatto è che non sempre si ha il tempo di vedere un ciclo chiudersi con la stella che torna al punto di partenza, perché le orbite dei pianeti possono durare giorni, mesi, ma anche decine o centinaia di anni. Dunque quel che si vede è un arco limitato dell’orbita che gli astronomi possono solo ipotizzare per quella stella.

A volte, però, la pazienza e la perseveranza premiano. Nel 2018, dopo più di vent’anni di osservazioni continue, su Hr 5183 si è notata un’accelerazione mai vista, seguita da un’altrettanto intensa e regolare decelerazione. Questo è stato un segno inequivocabile del passaggio ravvicinato di un grosso pianeta alla stella, in quello che viene chiamato “periastro” e che – analogamente al “perielio” che avvicina Sole e Terra – produce un’accelerazione dei corpi e un conseguente effetto di fionda gravitazionale.

«Questo pianeta», dice Howard, «trascorre la maggior parte del tempo a vagare nella parte esterna del sistema planetario della sua stella descrivendo un’orbita altamente eccentrica, quindi inizia ad accelerare fino ad eseguire una fionda gravitazionale attorno alla sua stella. La chiave di tutto è stata la perseveranza. Il nostro team ha seguito questa stella per oltre due decenni e ha visto prove dell’esistenza di un pianeta solo negli ultimi due! Senza questo sforzo di lungo termine, non avremmo mai trovato Hr 5183 b».

Dalle lunghe osservazioni è dunque emerso che l’orbita di Hr 5183 b rientra in un intervallo tra 45 e 100 anni ed ha un’ampiezza di ben 18 unità astronomiche: quasi tre miliardi di chilometri. Resta tuttavia da capire perché quest’orbita sia così eccentrica. «Il fatto che questo pianeta abbia un’eccentricità così elevata», osserva Blunt, «indica una certa differenza nel modo in cui si è formato o si è evoluto rispetto agli altri pianeti. I pianeti si formano dai dischi di materiale rimasto in orbita dopo la formazione delle stelle. Ciò significa che i pianeti dovrebbero iniziare ad aggregarsi in orbite piane e circolari. Per potersi trovare su un’orbita così eccentrica, il pianeta deve aver ricevuto un calcio gravitazionale da qualche altro oggetto».

Lo scenario più plausibile, dunque, è che un tempo Hr 5183 avesse un vicino di dimensioni simili che ha avuto la peggio quando si sono avvicinati troppo ed è schizzato via dal nascente sistema planetario, costringendo tuttavia il “sopravvissuto” a un’orbita altamente eccentrica. Un’orbita, dunque, piuttosto problematica e complicata rispetto a orbite circolari non interessate da brusche frenate e ripartenze.

Questa scoperta mostra quanto la nostra conoscenza sugli esopianeti sia ancora limitata e in continua evoluzione. Fino a pochi decenni fa, infatti, eravamo convinti che il Sistema solare fosse un perfetto strumento di misura per il resto dell’universo. Abbiamo scoperto che non è affatto così e che abbiamo necessità di riscrivere le regole di convivenza tra stelle e pianeti facendo tesoro di ogni singolo caso che riusciamo ad analizzare fino in fondo.

Per saperne di più:

  • Leggi il preprint dello studio in uscita su The Astronomical JournalRadial Velocity of an Eccentric Jovian World Orbiting at 18AU“, di Sarah Blunt, Michael Endl, Lauren M. Weiss, William D. Cochran, Andrew W. Howard, Phillip J. MacQueen, Benjamin J. Fulton, Gregory W. Henry, Marshall C. Johnson, Molly R. Kosiarek, Kellen D. Lawson, Bruce Macintosh, Sean M. Mills, Eric L. Nielsen, Erik A. Petigura, Glenn Schneider, Andrew Vanderburg, John P. Wisniewski, Robert A. Wittenmyer, Erik Brugamyer, Caroline Caldwell, Anita L. Cochran, Artie P. Hatzes, Lea A. Hirsch, Howard Isaacson, Paul Robertson, Arpita Roy e Zili Shen

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