SCOPERTA GRAZIE ALLO SPETTROMETRO VIMS DI CASSINI

Su Titano una pista da pattinaggio di 6300 km

Una sorta di “cordigliera”, non di magma bensì di ghiaccio, quella trovata sulla luna principale di Saturno da un team internazionale che voleva scoprire eventuali giacimenti di metano. Con il commento di Giuseppe Mitri dell’Università di Pescara, tra gli autori dello studio pubblicato su Nature Astronomy

     02/05/2019

Immagine composita in infrarosso di Titano ripresa da Cassini il 13 novembre 2015. Crediti: Nasa/Jpl/University of Arizona/University of Idaho

La sonda Cassini ha smesso ormai da un anno e mezzo di analizzare Saturno e le sue lune, ma dal corposo archivio della prolifica missione spaziale continuano a spuntare sorprese. Una ricerca internazionale, guidata dall’Università dell’Arizona e a cui ha partecipato Giuseppe Mitri dell’Università “d’Annunzio” di Pescara, ha ora scoperto un’inaspettata conformazione geologica su Titano, la principale luna del sistema saturniano, uno dei corpi rocciosi più massicci dell’intero sistema solare.

Si tratta di una cintura ghiacciata, che stringe il girovita di Titano per una lunghezza equivalente a più del 40 per cento della sua circonferenza. La scoperta è stata ora pubblicata su Nature Astronomy.

«La missione Cassini-Huygens ha mostrato che la superficie di Titano è ricoperta da uno strato di sedimenti organici sotto il quale si trova una spessa crosta di ghiaccio d’acqua di circa 50-100 chilometri che si sovrappone, a sua volta, a un oceano», commenta Mitri a Media Inaf. «La recente analisi della superficie di Titano, che ha utilizzato i dati spettrali della missione Cassini, ha rivelato l’esistenza di una lunga ed estesa cintura di ghiaccio d’acqua esposto lungo le regioni equatoriali e che copre circa il 40% dell’intera circonferenza di Titano».

Il gruppo di ricerca ha analizzato gli oltre 13mila spettri ottenuti dallo strumento Vims a bordo di Cassini – realizzato con un forte contributo italiano – con una nuova tecnica chiamata “analisi del componente principale”. Tecnica che ha permesso di ottenere dettagli inediti della superficie che, ricordiamolo, risulta perennemente nascosta dalla fitta foschia presente nell’atmosfera di Titano.

Tre viste del globo di Titano: il corridoio ghiacciato è mappato in blu.
Crediti: Nasa/Jpl-Caltech/Space Science Institute

L’atmosfera è composta essenzialmente da azoto e da una piccola percentuale di metano. Percentuale che deve essere mantenuta grazie a una o più fonti di metano, dal momento che le molecole di metano vengono degradate continuamente dall’azione solare, andando a sedimentarsi sulla superficie.

Una delle teorie più diffuse sull’origine del metano, ipotizza che quest’ultimo possa provenire da serbatoi situati nel sottosuolo, che lo riversano nell’atmosfera. Proprio andando a caccia di questi giacimenti, gli autori del nuovo studio si sono invece imbattuti nel gigantesco corridoio di ghiaccio che solca la zona equatoriale di Titano.

Giuseppe Mitri

Una scoperta che ha sorpreso i ricercatori, in quanto non corrisponde a nessuna conformazione rintracciabile sulla superficie o nel sottosuolo. Siccome non vi sono tracce di attività criovulcanica nel presente geologico, l’ipotesi degli scienziati è che il sostrato ghiacciato possa rappresentare le vestigia di fenomeni avvenuti in passato, ora messi a nudo da processi d’erosione.

«Il ghiaccio d’acqua è stato probabilmente esposto da processi che prima hanno eroso lo strato di materiale organico e successivamente lo strato più profondo composto di ghiaccio d’acqua», spiega Mitri. «La presenza di questa cintura di ghiaccio d’acqua lunga 6300 chilometri indica che i processi erosivi su Titano operano su scala globale».

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