BRILLAMENTI E FLUORESCENZA DI RAGGI X IN ELIAS 29

Guarda come luccica la protostella dell’Ofiuco

Un articolo pubblicato su Astronomy & Astrophysics, con primo autore Ignazio Pillitteri dell'Inaf di Palermo, presenta una dettagliata analisi dell’emissione di raggi X della protostella di classe I Elias 29, nella regione di rho Ophiuchi

     14/03/2019

Nello scenario proposto dagli autori dello studio, il brillamento ha avuto origine in una regione della stella posta alla base della colonna di gas che dal disco accresce sulla stella. Fonte: A&A 623, A67 (2019)

Le protostelle sono stelle con pochi milioni di anni di età, che stanno ancora attraversando una fase di accrescimento e contrazione gravitazionale e il cui nucleo non ha ancora raggiunto i valori di temperatura e pressione necessari per sostenere i processi termonucleari. Le più giovani tra queste stelle sono circondate da un disco protoplanetario di gas e polveri (protostelle di classe II) o anche dal residuo della nube protostellare da cui si sono formate (protostelle di classe I). Le protostelle sono generalmente sorgenti brillanti di raggi X, prodotti da un’attività magnetica molto più intensa di quella che caratterizza le stelle di sequenza principale come il Sole, e dalla regione dove il gas in accrescimento dal disco alla stella impatta sulla superficie della stella. Lo studio di questa emissione può quindi rivelare preziose informazioni sui processi che interessano la corona stellare di queste stelle, l’accrescimento di gas e le proprietà della regione interna del disco protoplanetario e come questa interagisce con la protostella.

Un articolo pubblicato il 6 marzo scorso su Astronomy & Astrophysics, con primo autore Ignazio Pillitteri dell’Inaf di Palermo, presenta una dettagliata analisi dell’emissione di raggi X della protostella di classe I Elias 29, nella regione di rho Ophiuchi. I dati analizzati da questo studio sono stati ottenuti dai ricercatori dell’Osservatorio astronomico dell’Inaf di Palermo grazie ad un progetto – un cosiddetto large project – che ha permesso di ottenere osservazioni simultanee con i satelliti Xmm/Newton dell’Esa e NuStar della Nasa. Grazie alla lunghezza delle due osservazioni (83 e 125 ore, rispettivamente) è stato possibile osservare sia l’emissione di quiescenza della protostella – proveniente principalmente dalla sua corona – che due brillamenti, durati rispettivamente circa 5 ore e mezza e 14 ore. Durante questi brillamenti gli autori hanno osservato un aumento dell’assorbimento dei raggi X da parte del gas posto lungo la linea di vista. Questo fenomeno è stato spiegato ipotizzando che il brillamento sia avvenuto in una regione della stella posta alla base della colonna di gas che dal disco accresce sulla stella, come indicato nella figura in apertura. Alternativamente, questo risultato potrebbe essere indotto da fotoni riflessi dalla nube che circonda la stella.

Ignazio Pillitteri (Inaf Palermo), primo autore dello studio pubblicato su Astronomy & Astrophysics

Un altro importante risultato riguarda l’osservazione di emissione di fluorescenza di raggi X con un’energia di circa 6.4 keV da parte della protostella. Questa emissione è stata osservata anche in altre protostelle, ed è tipicamente interpretata come emissione di fluorescenza da parte di atomi di ferro neutro situati sulla superficie del disco protoplanetario, che vengono eccitati da fotoni ai raggi X ad alta energia (> 7.1 keV) emessi durante brillamenti stellari. La radiazione di fluorescenza in Elias 29, però, è stata osservata non solo durante i due brillamenti stellari, ma anche durante la quiescenza. Per spiegare questa discrepanza, gli autori di questo studio hanno ipotizzato che l’eccitamento degli atomi di ferro necessario per l’emissione di fluorescenza sia dovuta a particelle molto energetiche accelerate dall’intenso campo magnetico attorno a Elias 29. Questa ipotesi è supportata dall’osservazione di raggi X energetici non compatibili con l’emissione da parte della corona stellare.

«L’uso simultaneo di due osservatori nella banda di raggi X», dice a Media Inaf Pillitteri, «ci permette di indagare i meccanismi fisici di emissione che avvengono nelle primissime fasi di formazione stellare. L’emissione X rivela plasma molto caldo, dell’ordine di centinaia di milioni di gradi, che interagisce con la parte più interna del disco di accrescimento modificandone in profondità struttura e caratteristiche. È plausibile che questa interazione determini anche la maniera in cui il disco formerà pianeti. Questo studio spinge al limite le possibilità di indagine con i telescopi attuali, Xmm e NuStar, e allo stesso tempo traccia la strada per le future osservazioni con satelliti più avanzati e sensibili, quali Athena dell’Esa, che sarà lanciato nel 2031».

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