I RISULTATI SU NATURE ASTRONOMY

C’è puzza d’acetone attorno a quella protostella

Utilizzando le antenne di Alma, in Cile, un team di ricercatori ha scoperto molecole organiche complesse attorno alla giovane stella V883 Ori, fra le quali metanolo, acetaldeide, formiato di metile, acetonitrile e acetone – quest’ultimo mai rilevato prima con certezza in un disco protoplanetario

     05/02/2019

Illustrazione schematica della composizione dei dischi protoplanetari nello stato normale e in quello di outburst (cliccare per ingrandire). Crediti: National Astronomical Observatory of Japan

Diverse molecole organiche complesse, tra le quali metanolo, acetaldeide, formiato di metile, acetonitrile e acetone, quest’ultimo rilevato per la prima volta con certezza. Questo il bottino di uno studio condotto dal team di ricerca guidato da Jeong-Eun Lee, della Kyung Hee University, in Corea del Sud, utilizzando il telescopio Alma (Atacama Large Millimeter/submillimetre Array), in Cile. I ricercatori hanno identificato queste molecole studiando le caratteristiche del disco protoplanetario attorno alla stella V883 Ori: una protostella nella costellazione di Orione situata a 1300 anni luce dalla Terra. L’osservazione è stata possibile grazie a un outburst: un’eruzione di materia che è esplosa dalla fotosfera della stella causando un improvviso aumento della sua luminosità. Non solo: l’eruzione ha anche ampliato la sua cosiddetta linea di neve – la regione del disco protoplanetario della stella dove la temperatura raggiunge quella di sublimazione delle molecole. È stato proprio grazie a questo ampliamento, causato dall’eruzione, che le molecole in questione sono state identificate.

Le giovani stelle sono spesso circondate da un denso disco di gas e polvere in rotazione, noto come disco protoplanetario. In una stella nel suo stato quiescente (vedi schema in alto), possiamo identificare due regioni del disco protoplanetario nelle quali sono presenti molecole: una regione più esterna (a destra, nello schema), nella quale le molecole sono congelate nel ghiaccio attorno a micrometriche particelle di polvere; e una regione più interna del disco (a sinistra), contenente invece molecole in fase di gas, rilasciate dalla sublimazione del ghiaccio a causa delle elevate temperature vicino alla stella.

La regione del disco dove la temperatura raggiunge quella di sublimazione delle molecole – ovvero, il passaggio diretto dallo stato solido a quello gassoso – è chiamata in gergo tecnico proprio linea di neve, snow line in inglese: è la linea tratteggiata che vedete nell’immagine. Una linea la cui osservazione all’interno di un disco protoplanetario è stata compiuta per la prima volta dallo stesso osservatorio Alma.

Se le molecole della regione più esterna risultano pressoché invisibili a causa del ghiaccio che le avvolge, quelle presenti nella regione più interna del disco sono a loro volta difficili da rilevare, questa volta perché oscurate dalla materia polverosa e densa. In condizioni normali, dunque, l’osservazione e lo studio della loro composizione chimica è quasi proibitiva. L’improvvisa esplosione di materia dalla stella (rappresentata nella parte inferiore dello schema), tuttavia, amplia enormemente – di quasi dieci volte – questa regione, incrementando il raggio della linea di neve. Il risultato è che le molecole prima avvolte nel ghiaccio vengono rilasciate in un ambiente assai meno denso di quello più interno, diventando così visibili a strumenti come quelli di Alma, che può dunque analizzarne il contenuto.

«Con gli attuali telescopi, è difficile studiare un disco protoplanetario la cui linea di neve si trovi entro poche unità astronomiche», spiega infatti Jeong-Eun Lee, prima autrice dell’articolo. «Tuttavia, attorno a una stella dove è esplosa materia, il ghiaccio si scioglie in una area del disco più ampia, e ciò rende più facile vedere la distribuzione delle molecole organiche complesse».

«Poiché i pianeti rocciosi e ghiacciati sono fatti di materia allo stato solido, la composizione chimica dei solidi nei dischi protoplanetari è di particolare importanza», aggiunge Yuri Aikawa, dell’Università di Tokyo, coautrice dell’articolo. «Un’eruzione è un’occasione unica per indagare sulla loro composizione studiando il prodotto della loro sublimazione».

Impressione artistica del disco protoplanetario attorno alla giovane stella V883 Ori. Crediti: National Astronomical Observatory of Japan

Questi outbursts di materia non sono comuni, anzi, sono piuttosto rari. Tuttavia, poiché diverse giovani stelle di età variabile sperimentano esplosioni di questo tipo, gli astronomi sono fiduciosi di poter tracciare la composizione chimica del ghiaccio durante l’evoluzione di queste stelle.

Grazie alla visione nitida di Alma e alla linea di neve allargata, dunque, gli astronomi sono riusciti a identificare le cinque molecole organiche complesse – cinque precursori di amminoacidi e zuccheri, dunque potenziali semi di materiale prebiotico – elencate prima: metanolo, acetaldeide, formiato di metile, acetonitrile e acetone, appunto, ottenendone anche la distribuzione spaziale. Una distribuzione ad anello con un raggio di 60 unità astronomiche – il doppio dell’orbita di Nettuno.

Una composizione, questa, simile a quella delle comete. Sappiamo, ad esempio,  che la leggendaria esploratrice di comete dell’Agenzia spaziale europea, Rosetta, ha trovato una ricca chimica organica attorno alla cometa Churyumov-Gerasimenko. Si pensa che le comete come Churyumov-Gerasimenko si siano formate nelle regioni più esterne e fredde del Sistema solare primordiale, dove le molecole erano contenute all’interno di ghiacci. La ricerca della composizione chimica di questi ghiacci nei dischi protoplanetari sarebbe, quindi, direttamente correlata alla ricerca dell’origine delle molecole organiche nelle comete e all’origine dei mattoni della vita. «Ciò suggerisce», concludono i ricercatori, «che le giovani stelle possano fornire un’opportunità speciale per studiare la composizione del ghiacci direttamente correlati alla formazione dei pianeti».

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