INTERVISTA A SARA RICCIARDI

Un errore per amico: tinkering e scienza

Nel numero di inizio luglio di Nature Astronomy, all'interno di un meeting report sul Cap 2018 di Fukuoka dello scorso marzo, si parla di tinkering e del suo impiego per attività didattiche di astronomia e ricerca scientifica in generale

     01/08/2018

Sara Ricciardi (terza da sinistra) con tre partecipanti al Cap 2018 di Fukuoka attorno a una “scribbling machine” (una macchina per scarabocchiare) realizzata durante il workshop. Fonte: Nature Astronomy, vol. 2, July 2018. Crediti: CAP2018 Local Organizing Committee

Si chiama tinkering ed è un nuovo approccio per l’apprendimento delle materie scientifiche e tecniche per le generazioni del 21esimo secolo. In italiano significa “tentare di aggiustare”, o anche “trafficare con”, e viene dalla figura dello stagnino ambulante che tutto aggiusta e ripara. Un metodo sviluppato all’Exploratorium di San Francisco che privilegia l’esperienza diretta e creativa per apprendere le materie Stem: scienza, tecnologia, ingegneria e matematica.

Lo scorso marzo, a Fukuoka (Giappone), durante il convegno Cap 2018 – Communicating Astronomy with the Public – un congresso internazionale nel quale, ogni anno, astronomi da tutto il mondo discutono e si confrontano sui nuovi metodi per coinvolgere il pubblico dei non esperti, dagli adulti ai giovanissimi – Sara Ricciardi, ricercatrice all’Inaf Oas di Bologna, ha organizzato un workshop dedicato al tinkering per la divulgazione dell’astronomia. Workshop che ha ottenuto una menzione speciale nel meeting report del Cap 2018 pubblicato a inizio luglio sulla rivista Nature Astronomy.

Sara Ricciardi e Fabrizio Villa già hanno sperimentato questo metodo nei laboratori dell’Oas, l’Osservatorio di astrofisica e scienza dello spazio dell’Inaf di Bologna. Entrambi astrofisici, hanno lavorato per il satellite Planck e ora si occupano principalmente dello sviluppo di ricevitori per Alma. Oltre a una gran passione per la loro professione, non risparmiano energie e fatica per appassionare le nuove  generazioni. Tra le caratteristiche del metodo quello dell’arrangiarsi per provare a creare oggetti che prima non esistevano, servendosi della fantasia e del gioco di squadra. Sembra facile ma il lavoro di preparazione è complesso e articolato e richiede tinkerer molto motivati e preparati. Seppure nella semplicità dei mezzi messi a disposizione, il gioco propone ai bambini il mondo di chi fa ricerca e scienza: immagina, crea, riproduci e realizza. Nell’attività scientifica non si può prescindere da questi elementi: è necessario parlarsi e lavorare in squadra, riflettere e immaginare.

La spirale dell’apprendimento creativo (“ The kindergarten approach to learning ”, Resnick, 2007). La “creative learning spiral” riassume il processo che i ragazzi compiono attraverso un laboratorio di tinkering (per l’hardware) e attraverso una sessione di coding (per il software)

Ricciardi, lei è una tinkerer convinta. Perché è così importante questo nuovo metodo?

«Il tinkering è una pratica importante per i ragazzi perché, invece di trasmettere un sapere, cerca di sviluppare un’attitudine a farsi domande, mettersi in gioco, imparare a conoscere. Nel 21esimo secolo queste qualità non saranno importanti solo per i ricercatori, che per fare ricerca di frontiera devono per forza essere coraggiosi e provare nuove strade, ma anche per tutti i futuri cittadini che vorranno vivere attivamente un’era in cui sarà fondamentale interagire in modo creativo con gli strumenti tecnologici, in un dialogo continuo tra linguaggi diversi. È un metodo eccezionale anche per noi ricercatori che ci occupiamo di didattica e comunicazione, perché consente di mostrare in pratica come lavora una vera e onesta comunità scientifica. In una sessione di tinkering i ragazzi si organizzano in gruppi traendo spunto gli uni dagli altri, in competizione o in cooperazione, arrivando a un sapere condiviso, frutto del coinvolgimento in un’attività estremamente significativa in cui i ragazzi si sentono protagonisti. Questo meccanismo è esattamente ciò che avviene in una comunità scientifica, dove i vari gruppi tentano nuove strade per poi condividere le scoperte, che vengono valutate democraticamente ed eventualmente accettate come sapere comune».

Essere stati citati su Nature Astronomy per l’importanza del progetto presentato al Cap 2018 è qualcosa che certamente porta lustro, ma tanto quanto la firma di un articolo scientifico? Insomma, si fa carriera facendo tinkering?

«A parte i proceedings del Cap, sono stati già pubblicati gli atti di una conferenza che si è tenuta questa primavera, “New perspectives in science education”, con un nostro articolo nel quale raccontiamo un progetto per noi molto importante: riuscire a portare il tinkering in un museo civico bolognese, il Museo del patrimonio industriale. Essere in grado di aprire queste esperienze a ragazze e ragazzi che per genere e situazione socio-economica in genere non hanno la possibilità di mettersi alla prova con le Stem è una questione principalmente di democrazia. Questi laboratori, per come sono progettati, sono estremamente inclusivi, e quindi sono perfetti come “prima volta”, ma ovviamente per funzionare al meglio devono diventare una pratica diffusa. Per questo a settembre partirà un corso di aggiornamento organizzato dall’Inaf per gli insegnanti della scuola primaria, sempre presso il Museo del patrimonio industriale: “Officina degli errori: il tinkering a scuola”. Questo corso, oltre a fornire le basi teoriche del costruzionismo, sarà improntato sulla pratica, e sperabilmente potrà aiutare gli insegnanti a portare le attività di tinkering in classe. Riguardo la seconda domanda, penso che questo genere di attività non sia proprio il modo più facile per fare carriera: è molto dispendiosa in termine di energie e tempo, e non è convenzionale rispetto ad altre attività didattiche, però per ora è tra le cose che mi rendono più felice e forse per questo riesco a farla funzionare bene».

Nelle sue esperienze di tinkering, quali messaggi trasferisce ai bambini?

«Il senso più profondo di un’esperienza di tinkering non sta nella trasmissione di un contenuto specifico ma nel coinvolgimento in un processo in cui i bambini si sentono coinvolti e capaci di individuare soluzioni possibili per risolvere un problema. In questo processo l’errore è parte integrante, passaggio essenziale e imprescindibile. Questo dà un contributo importantissimo a un cambiamento di paradigma fondamentale rispetto a quello che spesso è la norma nelle istituzioni scolastiche. Nella scuola, quando i contenuti vengono parcellizzati, separati artificiosamente nelle discipline e nei manuali, messi alla prova in test costruiti e spessissimo dalle soluzioni chiuse, i bambini vengono esercitati a scappare dall’errore, averne paura come misura diretta e proporzionale della loro performance e, in ultima istanza, del loro valore. Certo anche nella scuola ci sono voci di maestri e insegnanti che lavorano in modo interdisciplinare e che sanno valutare l’errore come un’opportunità di crescita, piuttosto che un insuccesso. Quello che mi piace pensare è di poter in qualche modo ispirare e suggerire modalità nuove di fare didattica e creare e utilizzare nuovi ambienti di apprendimento. I ricercatori in questo potrebbero avere un ruolo fondamentale».


Per saperne di più:

Guarda su MediaInaf Tv un servizio del 2014 sulle attività di tinkering all’Inaf: