L’ESOPIANETA K2-229B

Una super-Terra con un super nucleo

Francesca Faedi e Aldo Bonomo, ricercatori dell'Inaf, hanno partecipato alla caratterizzazione di K2-229b, un esopianeta che assomiglia per dimensioni alla Terra, ma è molto più massiccio. Tanto da essere avvicinato, per la sua possibile composizione interna, al nostro Mercurio. Il lavoro è stato pubblicato sulla rivista Nature Astronomy

     26/03/2018

Rappresentazione artistica di un pianeta potenzialmente simile a K2-229b. Crediti: NASA, Ames, JPL-Caltech

Come dimensioni è simile alla nostra Terra, ma la sua massa di 2,6 volte più grande suggerisce che la sua struttura sia composta da un nucleo ferroso molto più grande, rendendolo in questo aspetto decisamente simile al pianeta Mercurio. Il suo nome è K2-229b: l’esopianeta è stato caratterizzato da un team di ricercatori guidato da Alexandre Santerne (Laboratorio di Astrofisica di Marsiglia, LAM) e del quale fanno parte Francesca Faedi e Aldo Bonomo, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf), grazie alle osservazioni combinate della missione spaziale Kepler-2 della Nasa e dello spettrografo Harps installato al telescopio da 3,6 metri dell’ESO a La Silla, in Cile. Un pianeta insolito per la sua composizione dunque, ma anche per il periodo orbitale brevissimo – tanto che il suo anno dura meno di un giorno – e la sua temperatura superficiale rovente, di poco superiore ai duemila gradi Celsius. Lo studio di K2-229b può aiutarci a capire la formazione e l’evoluzione dei pianeti rocciosi, non solo nel Sistema solare, ma anche in altri luoghi dell’universo.

«K2-229b è il primo pianeta ad essere scoperto con dimensione della Terra ma composizione interna simile a quella di Mercurio» ribadisce Bonomo, dell’Inaf di Torino, coautore dell’articolo pubblicato su Nature Astronomy che descrive la scoperta. «È inoltre la prima volta che è stata evidenziata una differenza significativa fra la composizione chimica del pianeta e quella della sua stella e da quest’ultima ci saremmo aspettati una struttura interna del pianeta diversa, analoga a quella della Terra. Non riusciamo al momento a capire bene quale processo abbia portato K2-229b ad avere una composizione simile a Mercurio, sebbene diverse ipotesi siano state avanzate per spiegarla».

La stella K2-229 è stata osservata tra luglio e settembre del 2016 dal telescopio spaziale Kepler che ha permesso di individuare un sistema con tre pianeti, di cui K2-229b è il più interno e possiede un raggio di 1,16 volte quello della Terra. Le misure di velocità radiale di questa stella condotte con Harps hanno infine permesso di determinarne la massa. Questi due dati, combinati insieme, hanno consentito agli scienziati di dare una stima di quella che potrebbe essere la struttura di K2-229b: la più verosimile prevede un nucleo ferroso molto grande, che conterebbe circa il 70 per cento della massa planetaria, e un mantello di silicati relativamente sottile. Una struttura molto simile a quella di Mercurio, il pianeta più interno del nostro Sistema solare.

L’ipotesi più probabile avanzata dagli scienziati per spiegare la struttura di K2-229b è che gli strati esterni del pianeta siano stati strappati via da un impatto gigantesco, in analogia a quanto si ritiene sia avvenuto alcuni miliardi di anni fa per Mercurio. In alternativa a questo possibile scenario, la struttura interna di K2-229b si potrebbe spiegare ipotizzando la sua formazione in una zona interna del disco protoplanetario con una bassa concentrazione di silicati oppure con l’evaporazione del suo mantello di silicati prodotta dal forte irraggiamento da parte della stella dovuto alla estrema vicinanza del pianeta.

«Con il lancio della missione Plato dell’Esa, previsto nel 2024, avremo finalmente la possibilità di studiare in dettaglio pianeti come K2-229b che orbitano attorno a stelle brillanti di diversa massa e composizione chimica» commenta Francesca Faedi, dell’Inaf di Catania, anche lei coautrice dell’articolo su Nature Astronomy. «Grazie a queste osservazioni capiremo meglio i meccanismi di formazione e migrazione planetarie collocando il nostro Sistema solare in un più ampio contesto globale. Plato osserverà stelle molto brillanti garantendo la possibilità di condurre investigazioni dettagliate anche sull’atmosfera e la composizione interna di questi pianeti con lo scopo di identificare un possibile pianeta abitabile analogo della Terra».

Aldo Bonomo  e Francesca Faedi  collaborano al programma italiano GAPS (Global Architecture of Planetary Systems) che studia in dettaglio i pianeti extrasolari sfruttando le capacità uniche dello spettrografo HARPS-N montato al Telescopio Nazionale Galileo dell’INAF alle Isole Canarie (Spagna) e alla preparazione scientifica della missione PLATO dell’Agenzia Spaziale Europea, dedicata alla ricerca di esopianeti, finanziata in Italia dall’Agenzia Spaziale Italiana.

 

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