ESISTONO DISCHI CHE SI “INCIDONO” DA SOLI

Chi traccia quei solchi? Non sempre è un pianeta

Anelli, archi, spirali… le strutture che segnano taluni dischi circumstellari potrebbero non sempre significare che lì, fra quelle particelle di polvere e gas in rotazione attorno a stelle neonate, sta prendendo forma un nuovo mondo. Una simulazione propone spiegazioni alternative

     12/01/2018

Archi, anelli e spirali appaiono nel disco dei detriti attorno alla stella HD 141569A. La regione nera al centro è dovuta a una maschera per coprire la luce diretta dalla stella. L’immagine è ottenuta da osservazioni compiute nel 2015 utilizzando lo strumento STIS del telescopio spaziale Hubble. Crediti: Nasa / Hubble / Konishi et al. 2016

Si chiamano dischi circumstellari, e quando avvolgono una giovane stella sono ritenuti le culle dei pianeti: è lì, in quelle strutture discoidali di gas e polveri in rotazione attorno ad astri neonati, che per effetto della gravità – e di altri fenomeni – i futuri mondi prendono forma. Mondi che, formandosi, “arano” il disco stesso, dando origine a una sorta di “solchi” nella polvere e nel gas. I telescopi più potenti mostrano questi solchi come scuri anelli concentrici sulla superficie del disco, come per esempio nel caso della coppia di pianeti in formazione nel disco protoplanetario che circonda la stella HD 163296 ripreso da Alma. Dunque tutte le volte che vediamo un solco possiamo ritenere che lì si stia formando un pianeta? Secondo una simulazione messa a punto da un team guidato da un dottorando della Penn State University statunitense, Alexander Richert, non è così: altri processi sarebbero ugualmente in grado di “incidere” il disco.

Presentati ieri a Washington al meeting dell’American Astronomical Society e proposti per la pubblicazione a The Astrophysical Journal, i risultati della simulazione non solo confermano come la radiazione ultravioletta possa produrre effetti analoghi, ma prendono in considerazione anche l’azione della pressione di radiazione (quella che spinge le “vele solari”). E mostrano come i due processi combinati lascino il segno sui dischi circumstellari.

Quando la luce ultravioletta ad alta energia proveniente dalla stella colpisce i granelli di polvere, strappa loro alcuni elettroni. Questi elettroni si scontrano con il gas circostante, riscaldandolo e facendone aumentare la pressione. Ciò fa sì che venga intrappolata una maggiore quantità di polvere, che a sua volta riscalda più gas. Il ciclo risultante, noto come instabilità fotoelettrica, agendo in combinazione con altre forze può dare origine, come dicevamo, ad alcune delle strutture caratteristiche che gli astronomi hanno precedentemente associato alla presenza di pianeti in formazione: anelli, dunque, ma anche archi (anelli incompleti), come quelli osservati attorno alla stella HD 141569A (vedi immagine in alto).

Questo lo scenario già noto. La nuova simulazione aggiunge, appunto, l’azione della pressione di radiazione: quella causata dall’impatto della luce sugli stessi grani di polvere – come avviene, per esempio, con le code delle comete, sempre allungate in direzione opposta al Sole. Ebbene, quando questo effetto agisce in tandem con la radiazione ultravioletta, i solchi che ne risultano – stando alla simulazione – possono assumere anche una configurazione spiroidale, anch’essa effettivamente riscontrata attorno ad HD 141569A.

Insomma, raccomandano gli autori dello studio, prima di concludere che là dove vediamo anelli e altri solchi ci sia un mondo in fasce, è prudente verificare che non esista una spiegazione alternativa.

Per saperne di più:

Guarda il video della Nasa con i risultati della simulazione: