ECCO COME STUDIERÀ LE ATMOSFERE ALIENE

Ultima sosta in frigo per il James Webb

Solo per abbassarne la temperatura a una decina di gradi sopra lo zero assoluto occorrerà un mese, ma a quel punto nella camera termovuoto del Johnson Space Center a Houston ci saranno le stesse, probitive, condizioni spaziali in cui si troverà a operare dopo il lancio il nuovo telescopio spaziale James Webb. Verrà messo alla prova il funzionamento della struttura complessiva e degli strumenti, tra cui due che sembrano perfetti per studiare la composizione atmosferica di esopianeti

     10/05/2017

Il telescopio spaziale James Webb, ripiegato nel suo bozzolo protettivo, arriva al Johnson Space Center a Houston, in Texas (Usa). Crediti: Nasa/Chris Gunn

Il nuovo telescopio spaziale James Webb, il cui lancio è previsto nel 2018, ha avuto il suo “battesimo dell’aria”. Racchiuso in un candido contenitore protettivo, è volato a bordo di un cargo militare Lockheed C-5C Galaxy dal Maryland al Texas, per raggiungere il Johnson Space Center Nasa a Houston. Qui sarà sottoposto, per oltre tre mesi, ai test vacuo-criogenici, ovvero alle prove di operatività in condizioni di freddo e vuoto estremi, le stesse a cui si troverà esposto nella sua destinazione spaziale, a oltre un milione e mezzo di chilometri dalla Terra.

Le prove finali verranno condotte in una camera termovuoto di dimensioni enormi, qualcosa come 17 metri di diametro per 27 metri di altezza. Si tratta della gloriosa Chamber A, dove vennero fatte le prove di resistenza delle navicelle Apollo, ora riadattata a super-freezer per il James Webb: in un mesetto, la sua temperatura può essere portata al di sotto dei -262°, solo undici gradi sopra lo zero assoluto. C’è da restare di ghiaccio, non c’è che dire.

Il lancio del telescopio spaziale James Webb previsto per il 2018. Crediti: Nasa/Desiree Stove

Oltre al telescopio nel suo insieme, nella camera climatica verrà messa alla prova la capacità operativa dei quattro strumenti scientifici di cui è dotato, sensibili a varie bande dell’infrarosso. Tra questi, ve ne sono due la cui combinazione è perfetta per studiare le atmosfere aliene, un’opportunità che la comunità scientifica sta aspettando con ansia. Secondo Natasha Batalha della Penn State University e Michael Line della Arizona State University, che hanno sviluppato un modello matematico in proposito, l’utilizzo combinato di Niriss (Near Infrared Imager and Slitless Spectrograph) e della modalità G395 di NirSpec (Near Infrared Spectrograph) fornirà il maggiore contenuto di informazioni sulle atmosfere degli esopianeti, indipendentemente dalla sua temperatura e composizione.

Sia Niriss che NirSpec osserveranno alle lunghezze d’onda del vicino infrarosso, la regione dello spettro elettromagnetico in cui le stelle madri dei pianeti extrasolari risultano più brillanti. Niriss è tarata per rilevare il segnale distintivo del vapore d’acqua, mentre NirSpec può fare lo stesso per il metano e l’anidride carbonica: tre soli composti chimici, ma già in grado di fornire una notevole quantità di informazioni sulle caratteristiche di un’atmosfera.