STUDIO NELLA BANDA RADIO CON VLBA

Nel cuore di M87 per capire i getti

Un team internazionale di ricercatori ha utilizzato una serie di dati raccolti con il progetto Very Long Baseline Array e ha studiato in dettaglio il meccanismo di formazione del getto di M87, una delle galassie attive più vicine a noi. I risultati mostrano che il processo fisico in miglior accordo con i dati è quello della riconnessione magnetica

     20/04/2017

Rappresentazione schematica del processo turbolento alla base dell’iniezione di massa da parte del disco di accrescimento di un buco nero supermassiccio, verso un campo magnetico globale elicoidale. Crediti: Axel. M. Quetz/MPIA Heidelberg

All’interno della radiogalassia M87 c’è un buco nero supermassiccio noto per il suo getto molto esteso e luminoso. Tale getto, studiato in tutte le radiazioni elettromagnetiche, rappresenta uno dei migliori laboratori per indagare formazione, accelerazione e collimazione di getti relativistici. Un team di ricercatori, guidato da Silke Britzen del Max Planck Institute for Radio Astronomy di Bonn, ha analizzato dei dati radio ad alta risoluzione raccolti per M87 e ha trovato informazioni preziose che potrebbero aiutarci a risolvere il mistero della formazione di questi intensi getti.

La produzione di energia da parte dei buchi neri supermassicci è uno dei fenomeni più enigmatici dell’astrofisica moderna. Gli scienziati ritengono che questi colossi producano radiazione attraverso l’accrescimento di materia, che si dispone con un disco attorno al buco nero. Un chiaro segnale della presenza di un buco nero che inghiotte matera al centro di una galassia è la presenza di un getto, che può estendersi anche oltre le dimensioni otticamente visibili della galassia stessa.

M87 si trova nell’ammasso della Vergine, a una distanza di circa 50 milioni di anni luce da noi. È il secondo nucleo galattico attivo, per distanza da noi, e ospita al suo centro un buco nero di massa pari a 6 miliardi di volte quella del Sole. M87 è stata la prima galassia per cui sia stato osservato un getto, che è ad oggi uno dei più studiati, grazie anche alla sua emissione, estesa lungo tutto lo spettro elettromagnetico.

Nonostante la gran mole di dati a disposizione, il meccanismo che collega tra loro l’accrescimento sul buco nero e il getto emesso non è ancora chiaro. Il team di ricercatori ha raccolto osservazioni sfruttando il Very Long Baseline Array (Vlba), un grande sistema di radiotelescopi collocati in diversi punti del pianeta e operanti in remoto.

Sullo sfondo un’osservazione del getto di M87 realizzata con il telescopio spaziale Hubble. Nell’inserto l’illustrazione che mostra la regione centrale in cui il getto viene lanciato da processi turbolenti e guidato da un campo magnetico su larga scala. Crediti: J. A. Biretta et al., Hubble Heritage Team (STScI /AURA), NASA; Axel. M. Quetz/MPIA, S. Britzen/MPIfR

«Abbiamo analizzato i dati in cerca di indizi sui processi che collegano tra loro il getto e l’accrescimento di M87», spiega Britzen, primo autore dell’articolo pubblicato sulla rivista Astronomy & Astrophysics. «Per quanto ne sappiamo, è la prima volta che si riescono a indagare i meccanismi di formazione di un getto». I processi turbolenti e veloci che coinvolgono fenomeni di riconnessione magnetica, simili a quelli osservati sulla superficie del Sole, su scale molto più piccole, forniscono la migliore spiegazione per i risultati osservati.

«Ci sono buone ragioni per pensare che la superficie del disco di accrescimento si comporti in maniera molto simile a quella solare: un ribollire di gas caldo con attività magnetica, come riconnessione e brillamenti», aggiunge Christian Fendt del Max Planck Institute for Astronomy di Heidelberg, coautore dello studio. Mentre nei pressi della superficie del disco le strutture magnetiche di piccola scala dominano, su scale maggiori resta solo il campo magnetico globale, che regola il movimento del getto.

In futuro, le osservazioni a più alta risoluzione del progetto Event Horizon Telescope (Eht) permetteranno di avvicinarsi ancora di più ai buchi neri supermassicci, e di conoscerne in maggior dettaglio i processi fisici in corso. «Ci sono solo due obiettivi scientifici grazie ai quali potremo vedere da vicino l’orizzonte degli eventi: il buco nero centrale di M87 e quello della nostra galassia, la Via Lattea», spiega Andreas Eckart dell’Università di Colonia. «Questi due buchi neri sono molto diversi per attività, massa e distanza, ma sottendono angoli simili in cielo, e quindi occupano porzioni simili dell’immagine». I nuovi risultati ottenuti per M87 possono essere visti come una base di partenza per i prossimi studi, sia osservativi che teorici. I dintorni del buco nero sono inclusi in una regione chiamata ergosfera, che rimane attualmente al di sotto della risoluzione dei telescopi a nostra disposizione.

Le prime osservazioni realizzate nell’ambito del progetto Eht si sono svolte nei primi giorni di aprile 2017. I risultati potranno fornire preziosi contributi al modello presentato nell’articolo e, più in generale, alla nostra comprensione dei buchi neri supermassicci e dei loro getti.

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