Sprigionando in una manciata di millisecondi una “luce” circa un miliardo di volte più intensa di qualsiasi altra cosa mai vista nella Via Lattea, sono fra le esplosioni più energetiche dell’universo. Sono anche difficili da intercettare: dalla loro scoperta – avvenuta dieci anni fa con il telescopio di Parkes – ne sono stati scoperti una ventina o poco più. E sono saldamente in vetta alla classifica dei fenomeni più misteriosi dell’astrofisica contemporanea, al punto che sulla loro natura le ipotesi spaziano dall’origine extragalattica a quella terrestre, passando niente meno che per improbabili civiltà aliene. Sono gli Frb, dalle iniziali di fast radio bursts: lampi radio veloci.
Ora, però, pare proprio che almeno l’origine terrestre la si possa definitivamente escludere. Merito di una lunga analisi coordinata da Manisha Caleb, dottoranda dell’Australian National University, Swinburne University of Technology e del Centre of Excellence for All-sky Astrophysics (Caastro). Esaminando 180 giorni di osservazioni – per ben mille terabyte al giorno – condotte con il radiotelescopio australiano di Molonglo, a 40 km da Canberra, Caleb e colleghi sono infatti riusciti non solo ad aggiungere tre nuovi Frb in un colpo solo al breve elenco di quelli conosciuti, ma anche a stabilire che il loro punto di origine si deve trovare ad almeno 10mila km di distanza, limite del near-field dell’antenna. Dunque quanto meno al di sopra dell’atmosfera terrestre.
Le tre new entry si chiamano Frb 160317, Frb 160410 e Frb 160608 – dalle date della loro scoperta, rispettivamente il 17 marzo, il 10 aprile e l’8 giugno dello scorso anno. A captarli, ascoltando il cielo sugli 843 MHz, i due bracci paralleli – larghi 12 e lunghi 778 metri – di Most, il Molonglo Observatory Synthesis Telescope australiano. Ed è proprio il fatto che i bracci siano due, a distanza di 15 metri l’uno dall’altro, ad avere contribuito a stabilire un limite minimo alla distanza di provenienza del segnale. Si tratta infatti, come recita il titolo dell’articolo che riporta i risultati – “The first interferometric detections of Fast Radio Bursts”, in stampa su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society – della prima rilevazione interferometrica di lampi radio veloci. «Per i normali radiotelescopi a parabola singola», dice Chris Flynn della Swinburne University, fra i coautori dello studio, «è difficile stabilire se le trasmissioni hanno origine al di là dell’atmosfera terrestre».
Riadattato per essere usato come prototipo di Ska (lo Square Kilometre Array), all’origine quello di Molonglo era un radiotelescopio a bracci perpendicolari sensibile ai 408 MHz: simile dunque, per concezione e frequenza di funzionamento, alla Croce del Nord della Stazione radioastronomica di Medicina dell’Inaf. Nel 2013, gli scienziati e gli ingegneri di Caastro si sono resi conto che l’enorme lunghezza focale dovuta all’architettura unica della nuova configurazione avrebbe potuto consentire di determinare la distanza minima d’origine degli Frb. Ed è così che hanno deciso d’intraprendere il massiccio lavoro di reingegnerizzazione che ha portato a quest’ultimo successo scientifico.
«Trovare il luogo d’origine dei lampi radio veloci è la chiave per comprendere cosa sia a produrli. Fino a oggi, è stato possibile collegare un solo lampo a una specifica galassia », spiega Caleb. «Ci aspettiamo che Molonglo riuscirà a farlo per molti altri lampi radio».
Per saperne di più:
- Leggi il preprint dell’articolo “The first interferometric detections of Fast Radio Bursts“, di M. Caleb, C. Flynn, M. Bailes, E.D. Barr, T. Bateman, S. Bhandari, D. Campbell-Wilson, W. Farah, A.J. Green, R.W. Hunstead, A. Jameson, F. Jankowski, E.F. Keane, A. Parthasarathy, V. Ravi, P.A. Rosado, W. van Straten e V. Venkatraman Krishnan