DUE STUDI SU SCIENCE E NATURE ASTRONOMY

I mille volti di Chury

Un panorama sorprendente e in continuo cambiamento: così è apparsa la superficie del nucleo della cometa 67P Churyumov-Gerasimenko, nelle riprese della camera Osiris a bordo della missione Rosetta tra il 2014 e il 2016. Ad analizzare e interpretare le immagini sono stati due team internazionali a cui hanno partecipato scienziati di varie università e istituti di ricerca italiani, fra i quali gli astronomi dell’Inaf Gabriele Cremonese e Marco Fulle

     21/03/2017

Immagine della camera a campo stretto (NAC) di OSIRIS del crinale Aswan presa il 26 dicembre 2015 a 77,05 chilometri dalla superficie del nucleo della cometa. La risoluzione dell’immagine è di 1,41 metri per pixel. La freccia bianca indica la regione brillante dovuta a ghiaccio d’acqua esposto. Crediti: ESA/Rosetta/MPS for OSIRIS Team MPS/UPD/LAM/IAA/SSO/INTA/UPM/DASP/IDA

Crolli di pareti rocciose che portano alla luce grandi concentrazioni di ghiaccio, massi che rotolano sul fondovalle per decine di metri. È un panorama sorprendente e in continuo cambiamento quello della superficie del nucleo della cometa 67P Churyumov-Gerasimenko, ripreso tra il 2014 e il 2016 dalla camera a immagini Osiris (Optical, Spectroscopic, and Infrared Remote Imaging System) a bordo della missione Rosetta dell’ESA e che emerge dai risultati di due differenti articoli pubblicati sulle riviste Science e Nature Astronomy. Nei due team internazionali che hanno condotto le indagini sono coinvolti scienziati di varie università e istituti di ricerca italiani, tra cui gli astronomi dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) Gabriele Cremonese e Marco Fulle.

Le indagini ottenute con Osiris, strumento che vede un significativo contributo italiano, il cui canale a grande angolo è stato realizzato dal Cisas (Centro di Ateneo di Studi e Attività Spaziali dell’Università di Padova) per l’Asi, l’Agenzia Spaziale Italiana, e Inaf, hanno permesso di osservare per la prima volta le variazioni di strutture sulla superficie del nucleo di una cometa durante il suo passaggio al perielio – ovvero la porzione della traiettoria che si avvicina maggiormente al Sole – e comprendere con maggiore precisione i meccanismi che modellano la superficie stessa.

Immagine della NavCam di Rosetta presa il 10 luglio 2015 a 156,58 chilometri di distanza dal nucleo della cometa 67P. La risoluzione dell’immagine è di 15,81 metri per pixel. La freccia bianca mostra l’outburst prodotto dal collasso del crinale Aswan (in ombra in questa ripresa). Crediti: ESA/Rosetta/NavCam – CC BY-SA IGO 3.0.

L’articolo pubblicato su Nature Astronomy, a prima firma di Maurizio Pajola, ricercatore italiano presso il centro Nasa/Ames per il Cisas-Università di Padova, descrive il distacco rovinoso di una parte di materiale del costone roccioso denominato Aswan e situato nella regione Seth del nucleo di 67P. Il 10 luglio del 2015 oltre 57 mila metri cubi di materiale sono precipitati verso valle per circa 150 metri, accompagnati da un violento getto di polvere e gas osservato dalla Navigation Camera di Rosetta. Dopo cinque giorni, le riprese della zona ottenute da Osiris hanno non solo confermato il crollo ma hanno messo in evidenza che l’evento aveva esposto una zona interna del nucleo assai brillante: oltre sei volte quella della superficie circostante, molto scura. I ricercatori ritengono assai probabile che la regione brillante esposta dopo il crollo sia composta da ghiaccio. «Ai miei studenti dico che le comete sono tra i corpi celesti più variabili nell’universo» commenta Cremonese, astronomo dell’Inaf di Padova. «In questo caso la 67P ci ha veramente stupito in quanto in Aswan la temperatura è variata di 200 kelvin in 20 minuti. Per un corpo ricco di ghiaccio d’acqua può avere effetti realmente catastrofici».

Il secondo articolo, pubblicato sulla rivista Science e guidato da Mohamed Ramy El-Maarry, ora all’Università di Boulder in Colorado (Usa), ha passato in rassegna le trasformazioni della superficie della cometa 67P registrate dalla missione Rosetta dall’estate del 2014 fino alla sua conclusione, nel settembre del 2016, quando la sonda si è definitivamente posata sul nucleo cometario. Il team ha evidenziato l’estremo dinamismo geologico della cometa, che in un periodo di tempo così limitato ha fatto registrare crolli di fianchi rocciosi – come nell’evento di Aswan – o fratture superficiali che si aprono e si allargano, massi che cambiano posizione spostandosi di decine di metri, ma anche piogge di detriti che vanno a ricoprire alcune zone della superficie. Episodi questi legati a fenomeni che si verificano sulla cometa: quelli di tipo erosivo, quelli legati a brusche variazioni di temperatura o legati alla sublimazione del ghiaccio intrappolato nell’interno del nucleo, fino a quelli dovuti a sollecitazioni di tipo meccanico generate dalla rapida rotazione del nucleo. «I due lavori scientifici sono i primi a descrivere i cambiamenti di superficie osservati da Osiris su 67P, che riguardano principalmente l’emisfero nord, l’unico osservato a buona risoluzione all’arrivo e due anni dopo», commenta Fulle, astronomo dell’Inaf di Trieste. «I cambiamenti maggiori riguardano invece l’emisfero sud, che al perielio ha perso due metri di spessore medio – in parte disperso nello spazio, in parte trasferito nei depositi di ciottoli e massi sull’emisfero nord – ma che è stato osservato troppo da lontano e comunque su periodi troppo brevi per carpirne i dettagli. I cambiamenti osservati suggeriscono che la maggior parte della topografia del nucleo cometario sia stata modellata prima del 1959, ossia su orbite diverse dall’attuale».

Guarda il servizio video su Inaf Tv:

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature Astronomy l’articolo “The pristine interior of comet 67P revealed by the combined Aswan outburst and cliff collapse“, di M. Pajola, S. Höfner, J.B. Vincent, N. Oklay, F. Scholten, F. Preusker, S. Mottola, G. Naletto, S. Fornasier, S. Lowry, C. Feller, P.H. Hasselmann, C. Güttler, C. Tubiana, H. Sierks, C. Barbieri, P. Lamy, R. Rodrigo, D. Koschny, H. Rickman, H.U. Keller, J. Agarwal, M.F. A’Hearn, M.A. Barucci, J.-L. Bertaux, I. Bertini, S. Besse, S. Boudreault, G. Cremonese, V. Da Deppo, B. Davidsson, S. Debei, M. De Cecco, J. Deller, J.D.P. Deshapriya, M.R. El-Maarry, S. Ferrari, F. Ferri, M. Fulle, O. Groussin, P. Gutierrez, M. Hofmann, S.F. Hviid, W.-H. Ip, L. Jorda, J. Knollenberg, G. Kovacs, J.R. Kramm, E. Kührt, M. Küppers, L.M. Lara, Z.-Y. Lin, M. Lazzarin, A. Lucchetti, J.J. Lopez Moreno, F. Marzari, M. Massironi, H. Michalik, L. Penasa, A. Pommero, E. Simioni, N. Thomas, I. Toth, E. Baratti
  • Leggi su Science l’articolo  “Surface changes on comet 67P/Churyumov-Gerasimenko suggest a more active past” di M. Ramy El-Maarry, O. Groussin, N. Thomas, M. Pajola, A.-T. Auger, B. Davidsson, X. Hu, S. F. Hviid, J. Knollenberg, C. Güttler, C. Tubiana, S. Fornasier, C. Feller, P. Hasselmann, J.-B. Vincent, H. Sierks, C. Barbieri, P. Lamy, R. Rodrigo, D. Koschny, H. U. Keller, H. Rickman, M. F. A’Hearn, M. A. Barucci, J.-L. Bertaux, I. Bertini, S. Besse, D. Bodewits, G. Cremonese, V. Da Deppo, S. Debei, M. De Cecco, J. Deller, J. D. P. Deshapriya, M. Fulle, P. J. Gutierrez, M. Hofmann, W.-H. Ip, L. Jorda, G. Kovacs, J.-R. Kramm, E. Kührt, M. Küppers, L. M. Lara, M. Lazzarin, Z.-Yi Lin, J. J. Lopez Moreno, S. Marchi, F. Marzari, S. Mottola, G. Naletto, N. Oklay, A. Pommerol, F. Preusker, F. Scholten, X. Shi