VITA IN MICROGRAVITÀ

Un pesciolino per aiutare gli astronauti

Le analisi e le ricerche svolte sugli astronauti a bordo della Stazione Spaziale Internazionale hanno chiaramente mostrato come si verifichi una perdita significativa della densità minerale ossea nel corso delle missioni spaziali, ma i meccanismi molecolari alla base di questi cambiamenti della struttura ossea rimangono ancora poco chiari. Ora per comprenderli meglio gli scienziati hanno un alleato in più, un piccolo pesce

     11/01/2017

Un esemplare di Oryzias latipes, conosciuto comunemente come pesce del riso o medaka.
Crediti: Wikipedia

Sapevate che a bordo della Stazione Spaziale internazionale c’è un acquario? Naturalmente non è stato progettato per allietare la permanenza degli astronauti nello spazio, bensì per cercare di aiutarli.

Gli astronauti impegnati per mesi nelle missioni a bordo della stazione spaziale internazionale hanno mostrato infatti come il corpo umano risente della vita in condizioni di microgravità. La perdita di densità minerale delle strutture ossee comporta problematiche allo scheletro e la perdita di calcio comincia a verificarsi già dopo una decina di giorni dall’inizio delle missioni.

Per comprendere però quali siano i meccanismi molecolari alla base di questi cambiamenti nella struttura ossea i ricercato hanno messo in campo un nuovo alleato, un pesciolino, lo Oryzias latipes, conosciuto comunemente come pesce del riso o medaka, un piccolo pesce d’acqua dolce e salmastra, appartenente alla famiglia Adrianichthyidae. È la prima specie di pesci mai inviata nello spazio.

In uno studio pubblicato su Scientific Reports un team di ricercatori del Tokyo Institute of Tecnolgy ha illustrato i risultati delle osservazioni fatte sui cambiamenti occorsi nella struttura ossea di alcuni esemplari di pesce del riso ‘spediti’ a bordo della ISS, in particolare monitorando l’attività degli osteoblasti, responsabili della formazione di matrice ossea, e degli osteoclasti, responsabili della sua disgregazione.

L’esperimento a bordo della Stazione Spaziale Internazionale

Le osservazioni sono state svolte in due round: un primo esperimento, nel 2012, ha analizzato i cambiamenti avvenuti sui pesci rientrati a Terra dopo una missione di due mesi, mentre in un secondo esperimento, nel 2014,  i ricercatori hanno inviato sulla Stazione Spaziale delle larve di medaka e ne hanno osservato i cambiamenti in diretta, collegati da remoto alla stazione spaziale dallo Tsukuba Space Center. I risultati hanno evidenziato come in condizioni di microgravità le cellule progenitrici delle ossa abbiano una crescita più lenta, ritardando il processo di rigenerazione. Se lo stesso processo si verifica nelle cellule umane, queste conclusioni potrebbero aiutare a spiegare il significativo calo della densità minerale ossea degli astronauti durante le missioni spaziali.

 

Ora non resta che vedere come e se questi risultati aiuteranno gli scienziati a prevenire il calo di densità ossea degli astronauti, specialmente quelli impegnati in missioni di lungo corso, e chi, pur sulla Terra, soffre di osteoporosi forse un giorno potrà dire che ha risolto il problema grazie ad un pesciolino spaziale.

Per saperne di più:

Leggi su Scientific Reports l’articoloAcute transcriptional up-regulation specific to osteoblasts/osteoclasts in medaka fish immediately after exposure to microgravity“, di Masahiro Chatani, Hiroya Morimoto, Kazuhiro Takeyama, Akiko Mantoku, Naoki Tanigawa, Koji Kubota, Hiromi Suzuki, Satoko Uchida, Fumiaki Tanigaki, Masaki Shirakawa, Oleg Gusev, Vladimir Sychev, Yoshiro Takano, Takehiko Itoh e Akira Kudo.