OSSERVATI OGGETTI A 13 MILIARDI DI ANNI LUCE

ALMA a caccia di galassie primordiali

Un team internazionale di astronomi ha puntato le antenne di ALMA su quattro galassie primordiali, riuscendo a identificare la presenza di carbonio ionizzato. I risultati, presentati sull’ultimo numero di Astrophysical Journal Letters, forniscono informazioni importanti sulla remota epoca della reionizzazione

     21/09/2016
cosmos13679

Evidenziata dal cerchio verde, quasi al centro dell’immagine, la galassia più lontana osservata nella campagna di Pentericci e colleghi: COSMOS 13679. Qui una combinazione di immagini in diversi colori (ottici e infrarossi) raccolte con il telescopio spaziale Hubble. Crediti: Pentericci et al. 2016

Il telescopio ALMA mette a segno un altro colpo, individuando e studiando in dettaglio ben quattro galassie risalenti a quando l’Universo aveva appena 7-800 milioni di anni d’età, tra le dirette responsabili della cosiddetta reionizzazione cosmica. A darne notizia è un team di astronomi, guidato da Laura Pentericci, ricercatrice presso l’INAF – Osservatorio Astronomico di Roma, in un articolo pubblicato sulla rivista Astrophysical Journal Letters.

L’epoca in cui si trovano le galassie osservate risale a ben 13 miliardi di anni fa, a cavallo del periodo in cui l’Universo si stava trasformando, dalla nube primordiale di idrogeno neutro, e formava le prime stelle e galassie. Questa epoca si chiama reionizzazione, e dura qualche centinaio di milioni di anni, durante i quali l’Universo ionizza il gas grazie alla radiazione emessa dai primi corpi celesti e diventa sempre più trasparente.

L’epoca della reionizazione è una delle fasi più misteriose della vita dell’Universo: non soltanto non sappiamo con precisione come e quando sia avvenuto questo processo, ma non abbiamo nemmeno individuato con certezza gli oggetti celesti che lo hanno innescato. Quello che sappiamo, però, è che le prime galassie sono uno dei principali indiziati, così come i nuclei galattici attivi. Per questo gli scienziati sono in cerca di galassie molto distanti, che possono aiutarci a rispondere a questa domanda.

Questa vista panoramica del Chajnantor Plateau, che si espande per circa 180 gradi da nord (a sinistra) a sud (destra), mostra alcune delle antenne che compongono la schiera di ALMA. Crediti: ESO/B. Tafreshi (twanight.org)

Questa vista panoramica del Chajnantor Plateau, che si espande per circa 180 gradi da nord (a sinistra) a sud (destra), mostra alcune delle antenne che compongono la schiera di ALMA. Crediti: ESO/B. Tafreshi (twanight.org)

Le quattro galassie oggetto di studio erano già state identificate dal team di astronomi grazie a una serie di dati raccolti con il telescopio europeo VLT, che avevano permesso di individuare la loro riga di emissione dell’idrogeno chiamata Lyman alpha. Con queste prime misurazioni era stato possibile raccogliere informazioni circa la distanza delle galassie, e quindi i ricercatori hanno “sintonizzato” il telescopio ALMA alle frequenze a cui si aspettavano di trovarle.

«Quello a cui eravamo interessati, in particolare, era scoprire se le galassie in questione mostrassero righe del carbonio ionizzato, una delle emissioni più intense per le galassie che stanno formando stelle, rilevabile nella banda del lontano infrarosso» dice Pentericci. «Uno dei motivi per cui questa riga spettrale è particolarmente interessante è che può fornire informazioni sul tasso di formazione stellare della galassia senza alterazioni dovute all’assorbimento della polvere».

Nel corso di altre campagne osservative condotte con ALMA erano già stati fatti tentativi di raccogliere queste informazioni spettrali su galassie simili, ma con esiti contradditori. Nel lavoro presentato da Pentericci e colleghi, invece, la riga del carbonio è stata misurata con certezza in tutti e quattro i casi, sebbene mostri una luminosità molto inferiore a quello che ci si aspettava.

Combinando i dati raccolti da ALMA con le predizioni teoriche è stato possibile capire come mai l’emissione fosse così debole. L’ipotesi più solida è che queste galassie siano agli inizi della loro evoluzione, e che quindi abbiano un contenuto di elementi pesanti molto più basso rispetto a quelle più vicine a noi. Questo giustificherebbe una riga del carbonio più debole.

«Le osservazioni sono di particolare rilevanza anche perché ci permettono di capire come è possibile sfruttare ALMA per determinare la distanza di galassie molto lontane» conclude Pentericci. «Nell’epoca della reionizzazione, infatti, la maggior parte delle galassie non mostra la riga dell’idrogeno Lyman alpha, perché viene solitamente assorbita dall’idrogeno neutro presente in grandi quantità nell’ambiente circostante. In assenza di questa riga dell’idrogeno è quasi impossibile ottenere una stima di distanza con i classici telescopi ottici, ma questo lavoro dimostra che ALMA è una valida alternativa».

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