LE ORBITE ARMONICHE DI KEPLER-223

Quattro “mini nettuni” danzano all’unisono

Ha qualcosa di singolare, il sistema planetario che avvolge la stella Kepler-223: le orbite dei suoi quattro mondi sono in risonanza l’una con l’altra da miliardi di anni. Potrebbe essere l’esito della migrazione dei pianeti verso la stella madre. Lo studio su Nature

     13/05/2016
Animazione del sistema planetario di Kepler-223. Crediti: W.Rebel / Wikimedia Commons

Animazione del sistema planetario di Kepler-223. Crediti: W.Rebel / Wikimedia Commons

A 4450 anni luce da noi c’è un sistema planetario dal comportamento pressoché unico, almeno per quelle che sono le nostre conoscenze attuali sui mondi extrasolari. La sua peculiarità non sta nei pianeti che lo formano, bensì nelle loro rivoluzioni attorno alla stella madre: tutti e quattro i suoi mondi sono in risonanza orbitale.

Proprio come avviene in acustica con il fenomeno della risonanza, per esempio fra corde di strumenti musicali che vibrano su una stessa frequenza base o le sue armoniche, i quattro pianeti che ruotano attorno alla stella Kepler-223 – tutti appartenenti alla classe di esopianeti noti come mini-nettuni – hanno periodi di rivoluzione fra loro multipli. Per ogni tre orbite del pianeta più esterno, il secondo compie quattro rivoluzioni attorno alla stella, il terzo sei e quello più interno otto. E la danza riprende.

Tradotto in musica, il risultato è questo.

Di conseguenza si ripresenta, a intervalli regolari, sempre la stessa configurazione. Da quanto tempo? Su Kepler-223, calcolano gli scienziati, avviene da miliardi di anni. Ed è proprio questa durata record la caratteristica più singolare del suo sistema planetario. Perché quello dei periodi di rivoluzione interconnessi, della risonanza orbitale appunto, non è un fenomeno così raro. Almeno, non per coppie di oggetti. Succede anche con Nettuno e Plutone, per esempio: nel tempo impiegato da Nettuno per compiere tre orbite, Plutone ne percorre due.

Certo, qui parliamo di ben quattro pianeti. Ma non è escluso che, in un lontano passato, anche i quattro giganti del nostro Sistema solare – Giove, Saturno, Urano e Nettuno – si comportassero in modo analogo: potrebbero avere avuto orbite fra loro risonanti, sostengono gli astronomi delle università di Chicago e di Berkeley che hanno firmato lo studio, uscito giovedì su Nature, nel quale sono descritti gli esopianeti di Kepler-223.

Nel caso del nostro Sistema solare, però, la risonanza fra le orbite dei quattro giganti – se davvero c’è stata – a un certo punto è venuta meno. Su Kepler-223, invece, sembra perdurare imperturbabile. O meglio, imperturbata, visto che in cima alla lista dei sospetti accusati di mettere fine al gioco delle risonanze ci sono anzitutto le perturbazioni dovute ad asteroidi e planetesimi.

«Queste risonanze sono estremamente fragili», osserva infatti uno dei coautori dello studio, Daniel Fabrycky, dell’Università di Chicago. «Se ci fossero stati corpi volanti in collisione l’uno con l’altro, prima o poi avrebbero fatto uscire i pianeti dalla risonanza».

Questo per quanto riguarda la fine delle danze. Ma come ha inizio, una simile coreografia? L’estrema regolarità del sistema di Kepler-223 induce gli scienziati a ritenere che il processo chiave sia un lento fenomeno migratorio, dalla periferia al centro. O di urbanizzazione, se preferite: dopo essersi formati “in campagna”, hanno cominciato a migrare lentamente verso “la città”, la stella madre, per poi fermarsi nel luogo in cui le loro orbite andavano sincronizzandosi con quelle dei compagni di viaggio. E lì hanno trovato la loro casa.

Per saperne di più: 

  • Leggi su Nature l’articolo “A resonant chain of four transiting, sub-Neptune planets”, sdi Sean M. Mills, Daniel C. Fabrycky, Cezary Migaszewski, Eric B. Ford, Erik Petigura e Howard Isaacson

Guarda il servizio video di INAF-TV: