DA HIGGS ALLA FINE DEL COSMO

Universo metastabile? Non è detto

In uscita su Physical Review Letters uno studio teorico sui valori critici della stabilità del vuoto. Le conclusioni suggeriscono un limite superiore per il valore di soglia, relativo al quark top, fra vuoto stabile e metastabile più compatibile del previsto con la possibilità d’un universo stabile

     04/11/2015

Hawking, scialla. Universo in bilico sull’orlo della catastrofe? Può essere, ma non possiamo escludere che, in realtà, non stia già navigando in acque sicure come più non si potrebbe. E un’eventuale fine del cosmo così come lo conosciamo, allarme lanciato lo scorso anno dal fisico inglese e rimbalzato sulle prime pagine dei giornali, non solo sia altamente improbabile – come del resto già sottolineato dallo stesso Hawking – ma addirittura impossibile. A suggerirlo, uno studio di quelli arciteorici, quattro paginette fitte fitte di formule, firmato da Alexander Bednyakov del Joint Institute for Nuclear Research di Dubna (Russia) insieme a tre colleghi di Amburgo e in uscita la prossima settimana su Physical Review Letters.

Bosone di Higgs e stabilità dell'universo. Crediti: INFN/Centimetri

Bosone di Higgs e stabilità dell’universo. Crediti: INFN/Centimetri

Tutto ruota attorno a una domanda: quanto è stabile l’universo? Ovvero, quanto possiamo star tranquilli che entità fondamentali come, per dirne due, protoni ed elettroni (per non dir di noi) non siano specie in via d’estinzione? Gli stati teoricamente possibili sono tre: stabilità, instabilità e metastabilità. La prima è facile: se l’universo fosse stabile, addio sorprese. Nel senso che le particelle, le forze e le leggi della fisica che lo definiscono avrebbero già raggiunto la “forma” definitiva, non cambierebbero mai più. Anche la seconda è facile: se l’universo fosse instabile, con le leggi della fisica in continuo cambiamento, semplicemente non saremmo qui, non essendoci per esempio modo per la materia d’organizzarsi, con le costanti della natura che le cambiano sotto i piedi.

Universo in posizione stabile (valle a sx) e metastabile (valle a dx). Crediti: Fermilab

Universo in posizione stabile (valle a sx) e metastabile (valle a dx). Crediti: Fermilab

E se fosse metastabile, come pare che sia? Be’, la situazione sarebbe quella che vedete nella figura qui a fianco: apparentemente tranquilla, adagiato com’è in fondo a una conca, ma essendoci un avvallamento ancora più profondo – quello, appunto, della stabilità – non c’è garanzia che, prima o poi, qualcosa non lo sposti dal raggiunto equilibrio per farlo scivolare laggiù. Insomma, la metastabilità è una sorta di stabilità con la spada di Damocle. Ora, per quanto uno scossone talmente forte da scollarlo dalla prima conca possa apparire un’eventualità improbabile, vista l’apertura della meccanica quantistica anche agli stati più improbabili e considerata l’enormità di tempo a disposizione… insomma, noi magari no, ma fossimo un placido quark cresciuto con l’illusione di poter esistere per sempre, ecco, per lui qualche brivido sarebbe giustificato.

Avendo escluso l’instabilità, com’è dunque l’universo: stabile o metastabile? La decisione è stata presa parecchio tempo addietro: circa 14 miliardi di anni fa, per l’esattezza un centesimo di miliardesimo di secondo dopo il big bang. La possibilità di offrire una risposta, invece, è molto più recente: diciamo che possiamo provarci, senza tirare troppo a indovinare, solo da mercoledì 4 luglio 2012. Ovvero, da quando gli scienziati di LHC hanno annunciato al mondo, dall’aula magna del CERN, d’aver catturato il bosone di Higgs. Il perché è presto detto: il meccanismo di Higgs scese in campo per la prima volta proprio un centesimo di miliardesimo di secondo dal fischio d’inizio, quando la temperatura dell’universo scese al di sotto d’una certa soglia.

Allorché il meccanismo di Higgs entra in azione, si verifica la cosiddetta rottura della simmetria del campo elettrodebole. E i fermioni – quark e leptoni – acquistano massa. Quanta massa? Dipende da quanto interagiscono con il nuovo arrivato, il campo di Higgs. Il fermione che interagisce di più è il quark top, che si ritrova infatti con una massa di tutto rispetto, stimata attualmente attorno ai 173 GeV. Un numero cruciale, questo, perché insieme al valore della massa del bosone di Higgs, quell’oramai mitico 125.7 GeV annunciato al CERN, rappresenta la chiave per calcolare la stabilità del vuoto, e dunque dell’universo.

Be’, la massa del quark top la conosciamo, quella del bosone di Higgs pure, allora abbiamo tutto quel che ci serve per… Calma, non è così semplice. Anzitutto bisogna tenere conto degli errori: per quanto accurate, quelle della massa del quark top e del bosone di Higgs sono pur sempre misure, dunque un certo margine d’errore è inevitabile. Non solo: anche la linea di confine tra stabilità e metastabilità non è così certa come si potrebbe pensare.

Il diagramma di fase della stabilità del vuoto calcolato da A. V. Bednyakov et al. Il riquadro mostra in dettaglio una porzione del grafico riportato in apertura, e i punti rossi sono la massa del quark top per un valore di Higgs pari a quello misurato al CERN (punto in alto a sx) e le due masse critiche corrispoindenti: per il quark top (punto in basso a sx) e per il bosone di Higgs (punto più a dx). Fonte: arxiv.org/abs/1507.08833

Ed è proprio su un valore di soglia di questo confine che si concentrano i calcoli di Bednyakov e colleghi. La loro analisi della stabilità del vuoto, svolta applicando complesse correzioni ai valori già noti, giunge a stimare un limite superiore per la massa critica del quark top – ovvero, la massa che lo porrebbe esattamente sulla linea di confine fra vuoto stabile e metastabile – compatibile, tenendo conto degli errori, con il valore effettivamente misurato per il quark top. Il che significa, scrivono gli autori nelle conclusioni, che sì, è vero, secondo il Modello Standard l’universo ne esce metastabile. Ma non si può escludere che, se i valori delle masse del bosone di Higgs e del quark top si discostano anche solo di poco dalle stime attuali, l’universo possa in realtà risultare stabile.

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