ATTORNO A DUE NANE ROSSE

Pianeti in formazione, ma con calma

La scoperta di dischi di gas e polveri attorno a due giovani e piccole stelle potrebbe essere l'indizio di processi di formazione planetaria che avanzano con un ritmo sorprendentemente lento. Ma questa potrebbe non essere l'unica spiegazione di quanto emerso dall'indagine guidata da ricercatori di due università australiane. Il commento di Leonardo Testi (astronomo dell'ESO e associato INAF)

     16/09/2015
Rappresentazione artistica di una stella nana rossa e, in primo piano di un esopianeta in orbita attorno ad essa. Crediti: David A. Aguilar (CfA/Harvard-Smithsonian)

Rappresentazione artistica di una stella nana rossa e, in primo piano, di un esopianeta in orbita attorno ad essa. Crediti: David A. Aguilar (CfA/Harvard-Smithsonian)

Sono nane, ma anche loro hanno molto da ‘raccontare’ agli astronomi, come le due recentemente scoperte da alcuni ricercatori dell’Australian National University (ANU) e della University of New South Wales a Camberra, in Australia. Le nane in questione sono due stelle giovani di piccola massa – ben più piccole del nostro Sole- che mostrano attorno a ciascuna di esse la presenza di un disco di gas e polveri. E lì, potrebbero esserci nuovi pianeti in formazione. Seppure le stelle sono relativamente vicine a noi (si trovano infatti all’interno dell’associazione Scorpius-Centaurus, un gruppo di astri a qualche centinaio di anni luce dalla Terra), i loro rispettivi dischi non sono stati osservati direttamente dagli astronomi ma sono stati rivelati grazie a indagini spettroscopiche sulla radiazione infrarossa proveniente dagli astri, che rappresenta la componente predominante nell’emissione di questa classe di oggetti celesti.

«Riteniamo che la Terra e tutti gli altri pianeti si siano formati da dischi simili a questi. E’ affascinante osservare l’evoluzione di un potenziale nuovo sistema solare» dice Simon Murphy, dell’ANU, che ha guidato la ricerca, pubblicata sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. «Tuttavia, stelle analoghe alle due scoperte da noi e con la loro stessa età, non possiedono più dischi. Dunque queste strutture sembrano resistere più a lungo rispetto a quello che succede attorno a stelle più calde, come il Sole. Ma non ne capiamo ancora il motivo».

Secondo le stime degli astronomi infatti, le stelle avrebbero circa dieci milioni di anni, un’età già troppo avanzata rispetto a quanto ritenuto finora per possedere ancora un disco di gas e polveri a circondarle, che dovrebbe già essersi condensato per dare origine a nuovi pianeti. E dunque queste nuove osservazioni sembrano in qualche modo minare alcuni aspetti delle nostre attuali teorie che descrivono la formazione dei pianeti.

«La maggior parte degli studi indica una vita media dei dischi protoplanetari, e quindi il tempo disponibile per la formazione dei sistemi planetari, limitata a pochi milioni di anni» commenta l’astronomo Leonardo Testi, in forza all’ESO (European Southern Observatory) e associato INAF. «In questo studio vengono presentati due possibili candidati di dischi “vecchi”. Se confermate, queste osservazioni provano che in alcuni casi il tempo disponibile per formare i pianeti è più lungo del previsto. Un’altra affascinante possibilità è che sia possibile dare una seconda opportunità alle stelle per formare i pianeti, nel senso che esse potrebbero riformare un secondo disco in età avanzata. Questo è un processo che abbiamo predetto teoricamente un paio di anni fa ma che ancora non ha una conferma osservativa diretta. Insomma, give planets a (second) chance!»

Per saperne di più:

  • l’articolo New members of the TW Hydrae Association and two accreting M-dwarfs in Scorpius–Centaurus di Simon J. Murphy, Warrick A. Lawson e Joao Bento pubblicato on line sul sito web della rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society