PICCOLA E DEBOLISSIMA

Una compagna per Delta Cephei

La capostipite delle stelle variabili Cefeidi ha una compagna, rivelata solo grazie alle accurate misure spettroscopiche condotte con lo strumento Hermes installato al telescopio Mercator sull'isola di La Palma alle Canarie. Il commento di Giuseppe Bono (INAF e Università Tor Vergata di Roma)

     12/05/2015
La stella Delta Cephei. Crediti: STScI

La stella Delta Cephei. Crediti: STScI

La stella Delta Cephei è il capostipite di una classe di stelle variabili preziosissime per gli astronomi: lei e gli astri ad essa simili, le Cefeidi appunto, pulsano con un ritmo regolare che è strettamente legato al periodo di tempo che intercorre tra un massimo e l’altro della loro luminosità. Questa caratteristica unica consente agli astronomi di determinare dalle oscillazioni della luce di una cefeide e dalla sua luminosità apparente nel cielo quale deve essere la sua distanza da noi. La relazione periodo-luminosita di questi astri costituisce uno dei ‘gradini’ della scala per misurare le distanze cosmiche.

Ad aggiungere ulteriori informazioni su questo astro, tra i più studiati nella storia dell’astronomia, è un nuovo articolo, pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal e realizzato da ricercatori della Johns Hopkins University negli Stati Uniti, dell’Università di Ginevra e dell’Agenzia Spaziale Europea, in cui emerge che Delta Cephei è in realtà una stella doppia. Ebbene sì, nonostante sia stata osservata da oltre due secoli con i migliori strumenti dalla Terra e dallo spazio, questa stella ci ha nascosto una sua oscura compagna, troppo debole per essere rilevata direttamente.

A indicare la sua presenza, da un po’ di tempo sospettata dagli astronomi, sono state le misurazioni condotte dal team con lo spettrografo Hermes installato al telescopio Mercator sull’isola di La Palma nell’arcipelago delle Canarie, che hanno mostrato come la velocità di avvicinamento di Delta Cephei al Sole non è costante, ma varia nel tempo con un andamento caratteristico. Che può essere spiegato solo con la presenza di un’altra stella a formare un sistema binario. Combinando i dati ottenuti da Hemes con quelli presenti nella corposa letteratura scientifica su questo oggetto celeste, i ricercatori sono riusciti a stimare la massa della compagna, pari a circa un decimo di Delta Cephei.

«Siamo rimasti letteralmente scioccati dalla scoperta» dice Richard Anderson, primo autore dell’articolo, all’epoca dell’indagine presso l’Università di Ginevra e ora in forza alla Johns Hopkins University. «Nonostante tutta l’attenzione di cui ha goduto Delta Cephei negli anni, ci mancava una parte essenziale di informazioni su questa stella».

L’orbita del sistema mostra una elevata eccentricità, che porta periodicamente la coppia stellare a sperimentare incontri ravvicinati ricorrenti. Incontri che, secondo gli astronomi, possono innescare intensi fenomeni mareali sui due astri. «Il risultato presentato è molto interessante» commenta Giuseppe Bono, astronomo dell’INAF e professore presso l’Università Tor Vergata di Roma. «Ci consente infatti di capire alcune delle proprietà peculiari del prototipo delle Cefeidi. Osservazioni nel bande infrarosse
e radio avevano rilevato la presenza di un denso inviluppo circumstellare causato da una cospicua perdita di massa. A conclusioni simili si era giunti anche per via teorica
analizzando le curve di luce, di velocità e di raggio lungo il ciclo pulsazionale. La presenza di una compagna spiega le fenomenologie osservate. Lo stesso vale per la luminosità nei raggi X di Delta Cephei recentemente misurata, che alla luce di questa scoperta può essere spiegata come emissione di radiazione dalla corona della compagna. Gli attuali dati non consentono di poter determinare l’orbita del sistema binario, ma sono sicuramente un ottimo viatico per le misure di moto proprio e di parallasse trigonometrica che sta effettuando la missione spaziale GAIA e che presto si renderanno disponibili alla comunità astronomica».

 

Per saperne di più:

  • l’articolo Revealing δ Cephei’s Secret Companion and Intriguing Past di Richard Anderson et al. pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal