TUTTA COLPA DEL SUO BUCO NERO

Il quasar che si rifà il look

Gli astronomi dell’Università di Yale hanno identificato il primo quasar che sembra avere un proprio 'interruttore': infatti, la sua luminosità è diminuita di almeno un fattore 6 rispetto alle osservazioni realizzate in precedenza. La sorprendente scoperta potrà offrire nuovi indizi sulla storia evolutiva di questi remoti e affascinanti 'fari cosmici'

     23/01/2015

Un gruppo di astronomi, guidati dai colleghi dell’Università di Yale, ha identificato il primo quasar che sembra avere un proprio “interruttore”: infatti, la sua luminosità è diminuita di almeno un fattore 6 rispetto alle osservazioni precedenti. La scoperta potrà offrire nuovi indizi sulla storia evolutiva di questi remoti e affascinanti ‘fari cosmici’. I risultati di questo studio saranno pubblicati su Astrophysical Journal.

La figura illustra la fase “on” del quasar, cioè prima della mutazione. Credit: Michael S. Helfenbein/Yale University

I quasar sono oggetti estremamente luminosi e massivi che traggono la loro energia dai buchi neri. Fino ad oggi, gli scienziati non hanno mai osservatp in dettaglio “simultaneamente” sia la fase brillante che quella più debole per la stessa sorgente. Tuttavia, come viene descritto nel loro articolo, i ricercatori hanno individuato un quasar la cui luminosità è diminuita di un fattore 6-7 rispetto alle osservazioni che erano state realizzate qualche anno prima. «Abbiamo analizzato centinaia di migliaia di quasar e ora ne abbiamo trovato uno che si è, come dire, ‘spento’», spiega C. Megan Urry, Yale’s Israel Munson Professor of Astronomy and Astrophysics, e autrice principale dello studio. «Ciò potrebbe fornirci qualche indizio interessante sulla evoluzione di questa particolare classe di oggetti».

Stephanie LaMassa, una ricercatrice dell’Università di Yale, aveva già notato il fenomeno analizzando l’oggetto, denominato SDSS J015957.64+003310.5, durante lo studio della cosiddetta Stripe 82X, una survey di una regione equatoriale del cielo che copre 300 gradi quadrati, monitorata varie volte dal 2000 al 2008 dalla Sloan Digital Sky Survey (SDSS) e osservata da molti altri telescopi. «Stiamo osservando una sorta di interruttore galattico», dice LaMassa. «La sorgente, che era molto brillante, si è indebolita e dato che il ciclo vitale di un quasar è un argomento ancora non del tutto chiaro, vederne uno ‘in azione’ mentre cambia nell’arco di una vita umana è qualcosa di sorprendente».

Ancora più importante, per gli astronomi, è stato osservare l’indebolimento delle righe di emissione larghe che sono visibili nello spettro ottico del quasar. Le righe di emissione sono collegate alla presenza del gas che si trova troppo distante per essere consumato completamente dal buco nero centrale ma ancora abbastanza vicino da essere “eccitato” dall’energia emessa dal materiale che viene attratto verso il buco nero. Il cambiamento delle righe di emissione suggerisce che il buco nero si è messo a ‘dieta’, emettendo perciò meno energia del solito. Questa è una indicazione del fatto che il quasar sta “cambiando il suo look”, diventando più debole, mentre gran parte delle righe di emissione dello spettro ottico scompaiono.

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La figura illustra la fase “off” del quasar, cioè dopo la mutazione. Credit: Michael S. Helfenbein/Yale University

Gli scienziati hanno poi analizzato un insieme di dati, tra cui alcuni recenti spettri ottici e X per confrontarli con quelli di osservazioni ancora precedenti. Lo scopo era quello di escludere la possibilità che il quasar perdesse la sua luminosità a causa di una nube di gas o di un altro oggetto che passa di fronte. Ad ogni modo, questi risultati possono rivelarsi preziosi su più fronti. Intanto, essi forniscono una informazione diretta sulla natura “intermittente” dell’attività del quasar. Inoltre, fatto ancora più intrigante, essi si possono correlare all’attività sporadica che caratterizza i buchi neri. «E’ importante sapere come evolvono i buchi neri», dice Urry, facendo notare che in tutte le galassie risiedono buchi neri supermassicci e che i quasar rappresentano solamente una fase attraverso la quale passano i buchi neri prima di diventare più “calmi” o “dormienti”. «Forse, ciò che stiamo osservando può avere delle implicazioni importanti sull’aspetto della nostra galassia».

Infine, secondo gli autori, c’è la possibilità che il quasar possa attivarsi ancora, mostrando perciò una nuova mutazione. “Anche se gli astronomi stanno studiando questi oggetti da oltre 50 anni, è molto eccitante pensare che qualcuno come me, che ha lavorato sui buchi neri da circa 10 anni, possa trovare qualcosa di completamente nuovo”, conclude LaMassa.


arXiv: The Discovery of the First “Changing Look” Quasar: New Insights into the Physics & Phenomenology of AGN