COSA SURRISCALDA L’ATMOSFERA SOLARE?

Una strana onda infiamma la corona

Grazie ad osservazioni con il satellite giapponese Hinode, due ricercatori della Columbia University hanno determinato che le onde magnetiche nei buchi coronali potrebbero essere responsabili del surriscaldamento della corona, uno dei più annosi problemi della fisica solare.

     16/10/2013
Disco solare con buco coronale, ripreso nel 2007dalla sonda NASA STEREO

Disco solare con buco coronale, ripreso nel 2007 dalla sonda NASA STEREO

Michael Hahn e Daniel Wolf Savin, due astrofisici della Columbia University a New York, in uno studio pubblicato recentemente su The Astrophysical Journal forniscono un importante contributo alla soluzione del problema del riscaldamento coronale, un dilemma su cui i fisici solari discutono da più di 70 anni.

Per sintetizzare i termini del problema si può immaginare una fiamma sprigionarsi da un cubetto di ghiaccio: un simile effetto avviene sulla superficie del Sole. Il processo di fusione nucleare riscalda il nucleo della nostra stella a 15 milioni di gradi; man mano ci si allontana da questa fornace il plasma si raffredda, fino alla relativamente rinfrescante temperatura di circa 6.000 gradi registrata sulla superficie. Ma la temperatura del gas nella corona, la parte più esterna dell’atmosfera solare,  torna inaspettatamente a innalzarsi oltre il milione di gradi.

Esistono due teorie dominanti per spiegare il misterioso surriscaldamento della corona solare. Una lo attribuisce agli anelli di campo magnetico che si distendono lungo la superficie solare e che rilasciano energia quando si strappano. Un’altra ascrive il riscaldamento a peculiari oscillazioni del plasma solare originate sotto la superficie, dette onde alfveniche, che trasportano energia e la depositano nella corona. Entrambi questi processi accadono continuamente sul Sole, ma finora gli scienziati non hanno potuto determinare se uno dei due rilasci da solo una sufficiente energia per scaldare la corona fino alle alte temperature osservate.

Hahn e Savin hanno preso in considerazione una particolare regione del Sole, un buco coronale, un’area dove il plasma, più freddo e meno denso rispetto alle zone circostanti, è attraversato da linee di campo magnetico aperte che si distendono dalla superficie solare fino allo spazio interplanetario.

Grazie alle osservazioni di un buco coronale polare effettuate con lo strumento Extreme Ultraviolet Imaging Spectrometer a bordo del satellite giapponese Hinode, i due ricercatori hanno potuto stabilire che le onde magnetiche nel buco coronale polare contengono abbastanza energia per riscaldare la corona. Inoltre, le onde rilasciano la maggior parte della loro energia ad altezza sufficientemente basse  da permettere al calore di diffondersi attraverso la corona.

Problema risolto, dunque? «Questi  risultati sono molto importanti, ma purtroppo non mettono la parola fine alla lunga storia del problema del riscaldamento coronale» ha commentato Alessandro Bemporad dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Torino, evidenziando come rimangano ancora dubbi sulla corretta interpretazione dei dati strumentali. Inoltre, nessuno conosce ancora esattamente che tipo di onde siano quelle che gli astronomi stanno rilevando, e perché rilascino in questo modo la loro energia.  «Tante, troppe, domande rimangono ancora aperte» conclude Bemporad.