IMMAGINI DAL SISTEMA SOLARE

Mondi a confronto

I panorami di mondi diversi, distanti tra loro milioni di chilometri, messi a confronto in alcune immagini storiche dell'esplorazione del sistema solare.

     18/03/2013

Facciamo un gioco: trovare analogie e diversità tra rocce, crateri e altri dettagli di panorami apparentemente simili. In realtà, malgrado le similitudini, quelli che stiamo guardando sono mondi diversi, distanti tra loro milioni di chilometri.
L’immagine di oggi è un montaggio in cui sono state riportate in scala e assemblate le fotografie scattate su diverse superfici planetarie dalle missioni spaziali che le hanno visitate. Un simbolo della lunga collaborazione tra le varie agenzie spaziali e le comunità scientifiche che hanno permesso l’esplorazione contemporanea di corpi diversi del sistema solare. Ma anche una carrellata di mondi solo apparentemente simili ma con storie evolutive molto differenti, che hanno dato vita a condizioni di vita completamente diverse.

Una composizione di immagini da mondi diversi. Crediti composizione: Mike Malaska. mage Crediti immagini: Asteroide Itokawa [Hayabusa]: ISAS / JAXA / Gordan Ugarkovic; Luna [Apollo 17]: NASA; Venere [Venera 14]: IKI / Don Mitchell / Ted Stryk / Mike Malaska; Marte [Mars Exploration Rover Spirit]: NASA / JPL / Cornell / Mike Malaska; Titano [Cassini Huygens]: ESA / NASA / JPL / University of Arizona; Terra: Mike Malaska

Una composizione di immagini da mondi diversi. Crediti composizione: Mike Malaska. mage Crediti immagini: Asteroide Itokawa [Hayabusa]: ISAS / JAXA / Gordan Ugarkovic; Luna [Apollo 17]: NASA; Venere [Venera 14]: IKI / Don Mitchell / Ted Stryk / Mike Malaska; Marte [Mars Exploration Rover Spirit]: NASA / JPL / Cornell / Mike Malaska; Titano [Cassini Huygens]: ESA / NASA / JPL / University of Arizona; Terra: Mike Malaska

L’immagine è stata realizzata dal planetologo Mike Malaska, per conto della americana Planetary Society. Mike ha selezionato alcune immagini storiche dell’esplorazione spaziale, portandole in scala e ordinandole (da sinistra verso destra) per complessità geologica crescente, da un primordiale asteroide fino a uno dei tanti oceani che ricoprono la nostra Terra.

La prima è stata scattata sulla superficie di Itokawa, un piccolo Near Earth Asteroid dalla forma di una nocciolina lunga 600 m e del diametro medio di circa 300 m. Iotokawa ha ospitato la visita della sonda giapponese Hayabusa che lo ha raggiunto nel 2005 dopo un viaggio di oltre due anni, atterrando su di essa e prelevando dei campioni del suolo, successivamente riportati a Terra. Itokawa è il secondo asteroide su cui sia atterrata una sonda, dopo Eros visitato da NEAR nel 2001. Ed è in assoluto  il primo da cui si siano riportati a terra dei campioni. La superficie, è quella di un corpo indifferenziato e senza atmosfera, craterizzato da impatti con altri corpi, ma privo degli effetti di fenomeni geologici che ne abbiano potuto modificare la superficie.

Nella seconda immagine, la Luna fotografata nel 1972 dagli astronauti dell’Apollo 17, l’ultima missione umana realizzata dalla NASA. L’Apollo 17 è allunata a Taurus-Littrow, una valle scelta proprio per analizzare l’altopiano lunare più antico, risalente all’impatto che ha formato il Mare Imbrium e valutare le possibilità di un’attività vulcanica nelle vicinanze. L’immagine racconta la storia di un corpo non modellato da agenti atmosferici e geologicamente poco attivo. Non agendo sulla Luna forze tettoniche, non si vedono tracce di eruzioni vulcaniche o fenomeni sismici ad averne modificato la superficie di recente.

Il terzo panorama è stato realizzato sul suolo di Venere ed è una immagine storica, realizzata dalla missione sovietica Venera 14. Insieme alla sua gemella Venera 13 questa sonda è stata lanciata nel 1981 per atterrare sulla superficie del pianeta e raccogliere dati e preziose immagini resistendo per qualche ora alle terribili condizioni venusiane. A differenza dei corpi precedenti, Venere ha una densissima atmosfera composta principalmente da anidride carbonica che genera una pressione al suolo di 90 volte quella terrestre e un effetto serra tale da comportare tempertaure medie di oltre 400 gradi su tutto il pianeta. Quella che vediamo nell’immagine è una superficie più giovane delle precedenti, figlia dall’intensissima attività vulcanica che ha rimodellato il suolo del pianeta in un passato relativamente recente.

A seguire, Marte, fotografato più recetemente da Spirit, il primo dei due rover gemelli della NASA che dal 2004 hanno inziato a esplorare il pianeta, funzionando contro ogni aspettativa fino al 2011. L’immagine sembrerebbe quella di un deserto di sabbia con rocce stratificate e dai bordi taglienti, dunque poco esposte a processi atomsferici. E se attualmente le condizioni sul pianeta rosso, la sua tenue atmosfera e le condizioni di pressione e temperatura al suolo, rendono impossibile l’esistenza di acqua liquida, gli scienziati sono sempre più convinti che in un passato più o meno lontano questa possa essere esistita ed aver modificato la superficie del pianeta, esattamente come succede oggi per la Terra. E proprio come succede per la Terra, anche Marte ha un clima che risente di stagioni periodiche, un’intensa attività vulcanica e alcuni indizi suggeriscono che nella sua storia sia esistita attivita tettonica.

La penultima immagine è l’orizzonte di Titano, fotografato dalla sonda europea Huygens nel 2005, alla fine della sua avventurosa discesa nell’atmosfera della Luna di Saturno. Qui, il panorama potrebbe sembrare terrestre, con rocce arrotondate, levigate da processi atmosferici simili a quelli del nostro pianeta. I dati raccolti dagli strumenti ancora funzionanti sulla Cassini-Huygens parlano di una luna con una atmosfera di azoto, metano e idrocarburi dove esiste un ciclo del metano che alimenta i laghi che si trovano sulla sua superficie, in tutto e per tutto simile a quello terrestre dell’acqua.

Acqua protagonista dell’ultima immagine, decisamente terrestre, uno dei tanti oceani che ricoprono oltre il 70% del nostro pianeta. Una delle possibili conclusioni di una serie di processi evolutivi, che in presenza di alcune fortuite e quasi miracolose condizioni (definite da quella che si chiama “zona abitabile” del pianeta) può portare, in alcuni rari casi, alla nascita della vita.

Per l’immagine originale:

http://www.planetary.org/multimedia/space-images/charts/distant-horizons-different-horizons.html