CAMBIO DELLA GUARDIA AL SETI

La cacciatrice di alieni va in pensione

Jill Tarter, che ispirò tra l’altro il film Contact con Jodie Foster, lascia l’incarico di direttrice scientifica del SETI, l’istituto che cerca segnali di vita intelligente nel cosmo. D’ora in poi si dedicherà alla ricerca di finanziamenti per il programma, messo a rischio dai tagli.

     23/05/2012

Jill Tarter (Immagine SETI Institute)

Trentacinque anni a inseguire gli alieni sono tanti anche per lei. E così Jill Tarter, la direttrice scientifica del SETI (Search for Extra Terrestrial Intelligence) Institute, ha lasciato ieri il suo incarico, dove sarà sostituita da Gerry Harp.

La più famosa cacciatrice di alieni del mondo (inserita da Time nel 2004 tra le 100 personalità più influenti del mondo, a lei era ispirato tra l’altro il personaggio interpretato da Jodie Foster nel film Contact) va in pensione, degnamente celebrata dai colleghi dell’istituto che ha contribuito a far crescere (a lei sarà dedicata anche una serata di gala durante la conferenza SETIConII, dal 22 al 24 giugno). Ma non smetterà di lavorare per l’impresa a cui ha dedicato la vita, quella di “sentire” qualche traccia della presenza di vita intelligente nell’Universo, attraverso le “orecchie” dei radiotelescopi che fanno parte della rete SETI. Tarter, infatti, ha annunciato che si dedicherà da ora in poi al fund-raising, sforzandosi di trovare fonti stabili di finanziamento per un progetto che, altrimenti, vede il suo futuro seriamente a rischio.

Ascolta l’intervista audio a Jill Tarter

Jill Tarter, che ha 68 anni, si unì al programma SETI nei primi anni ’70, quando era ancora il “passatempo” di un piccolo gruppo di ricercatori della NASA, impegnati a sviluppare nuove attrezzature e nuove metodologie per rendere più sistematica la ricerca di vita extraterrestre. Fino al 1993 il programma poteva contare sul sostegno finanziario del governo federale. Da lì in poi, però, la decisione del Congresso di stringere i cordoni della borsa ha costretto SETI a fare conto su donazioni private. Il che, nonostante la collaborazione di molti grandi radiotelescopi che “prestano” parte del loro tempo osservativo al progetto, ne limita molto le possibilità. L’anno scorso si è temuto il peggio, quando l’Allen Telescope Array in California, una rete di 42 parabole situata vicino Hat Creek, tra le montagne della California settentrionale che è la principale arma a disposizione del progetto SETI, dovette interrompere per 7 mesi le proprie attività, a causa del ritiro dal progetto dell’Università della California a Berkeley.

L’Allen Telescope è tornato in funzione solo lo scorso dicembre, dopo che il SETI era riuscito a raccogliere circa 200.000 dollari di donazioni attraverso il sito di crowd sourcing SETIStars. “E’ stato un campannello di allarme”, ha spiegato Tarter intervistata da Nature. “Ci siamo resi conto che se non mettiamo sotto controllo il problema dei fondi, diventeremo presto un istituto che si chiama SETI, ma non fa nessuna ricerca di intelligenza extraterrestre”. Il programma costa circa 3 milioni di dollari l’anno, e un calcolo approssimativo dice che per assicurarsi di tenerlo in piedi almeno per un secolo (la ricerca di intelligenze extraterresti non può che essere un obbiettivo di lunghissimo periodo) bisognerà raccogliere in breve tempo qualcosa come 60 milioni di dollari. “Ma in qualunque momento negli Stati Uniti sono in corso campagne per raccogliere la stessa somma per qualche nuovo laboratorio, o per qualche sala da concerto. Non è impossibile”.

A questo Tarter dedicherà ora le sue energie, rivolgendosi soprattutto a finanziatori privati, mentre Gerry Harp la sostituirà come responsabile del programma scientifico, che è in realtà più eccitante che mai. Il satellite della NASA Kepler ha scoperto negli ultimi due anni centinaia di esopianeti, permettendo ai radiotelescopi di SETI una ricerca molto più mirata. “Oggi non puntiamo più le nostre antenne verso stelle che assomigliano al Sole nella speranza che ci siano anche pianeti” spiega Tarter. “Ora Kepler ci dice dove guardare, e possiamo concentrarci sulle stelle attorno a cui sappiamo che i pianeti ci sono davvero.”. Ma anche la tecnologia evolve, e la prossima estate Harp conta di testare un nuovo sistema di analisi del segnale che consentirebbe all’Allen Array di monitorare molte stelle contemporaneamente, molte più delle tre per volta che è in grado di osservare ora.

Al progetto SETI collabora da anni anche l’Italia grazie al radiotelescopio di Medicina, come spiega Stelio Montebugnoli, ricercatore dell’INAF-IRA di Bologna. Che ricorda: “Ho conosciuto Jill Tarter 22 anni fa a un congresso di bioastronomia in Francia. Ci siamo poi visti mediamente una volta all’anno ai congressi SETI”. Da noi però la ricerca di segnali di vita extraterrestre si fa in modo molto diverso. Non con radiotelescopi dedicati come l’Allen Array, ma “in modalità serendip, cioè in parallelo con le osservazioni astronomiche in corso, grazie a un analizzatore di spettro fornitoci anni fa  dall’Università di Berkeley. In questo modo le osservazioni SETI non hanno costi aggiuntivi rispetto al budget scientifico. Ovviamente non puntiamo target precisi ma osserviamo quello che  il radioastronomo sta studiando in quel preciso momento. Diversi altri istituti, come Parks in Australia e Arecibo a Portorico fanno lo stesso tipo di osservazioni. I radiotelescopi costano molto, e per noi dedicarne uno esclusivamente alla ricerca SETI sarebbe impensabile”.