
Come spiegano su un articolo pubblicato sulla rivista Ophthalmology, i ricercatori hanno visitato con cura i sette pazienti, riscontrando dei cambiamenti effettivi nei loro occhi come ad esempio un appiattimento della regione posteriore e un eccesso di liquido. Probabilmente queste variazioni sono dovute al diverso modo in cui i fluidi scorrono verso la testa in condizioni di bassa gravità, anche se stranamente gli astronauti non hanno risentito di altri effetti legati a tale stato, quali ronzio nelle orecchie e mal di testa.
Lo studio va ad aggiungersi a un recente rapporto della NASA sui problemi fisici riscontrati da un campione di 300 astronauti: tra chi proveniva da missioni di breve durata, il 23% aveva riscontrato problemi alla vista, una percentuale che saliva al 48% quando si passava agli astronauti di missioni di lunga durata. Non si è trattato di risultati inattesi: che vi fosse un legame tra la vista e le condizioni di bassa gravità era noto da decenni, al punto che da tempo capsule e navette sono dotate di occhiali correttivi pronti per l’uso in caso di necessità. Ma lo studio degli oftamologi rivela che i disturbi sono dovuti non a una situazione momenta quanto a concrete variazioni dell’occhio, con conseguenze sulla vista molto più prolungate nel tempo di quanto si era valutato. Il problema è quindi complesso e in prospettiva di permanenze nello spazio più lunghe delle attuali, come nel caso della eventuale missione umana su Marte la cui durata totale si aggirerebbe sui tre anni, non può più essere risolto solo con un paio di occhiali.






