SPECIALE RICADUTE TECNOLOGICHE

Plasma ai raggi X

Gli astrofisici lo usano per osservare la geometria e il campo magnetico delle sorgenti più estreme del cielo. Ma un polarimetro a raggi X, come il Gas Pixel Detector sviluppato dall’INAF, può avere molte altre applicazioni. Persino nella progettazione di centrali a fusione nucleare.

     15/04/2011

Scorre nelle vene dei dispositivi tokamak per la fusione nucleare. Si agita nei campi magnetici prodotti da stelle di neutroni e buchi neri. È il plasma ad alta temperatura, una miscela di gas altamente ionizzati non semplice da analizzare. Uno fra i più importanti mezzi di diagnostica per i plasmi ad alta temperatura, la misura della polarizzazione dei raggi X, è infatti rimasto fino a oggi un campo largamente inesplorato, a causa delle difficoltà intrinseche della tecnica di misura e alla scarsa sensibilità degli strumenti fin qui costruiti.

Dalla sinergia tra l’INAF-IASF Roma e l’INFN di Pisa, arriva ora un nuovo tipo di polarimetro per i raggi X, basato sull’effetto fotoelettrico, per colmare questa lacuna. Chiamato Gas Pixel Detector (GPD), è uno strumento a immagini per raggi X che permette di “fotografare” il percorso dei fotoelettroni emessi in una cella di gas anche a bassa energia (da 2 a 35 keV), quando la traccia è lunga pochi decimi di millimetro appena. I prototipi attuali sono estremamente compatti , e hanno peso (1.6 kg) e consumo (5 W) molto ridotti. Inoltre, a differenza degli strumenti concorrenti costruiti oggi in tutto il mondo, il GPD unisce l’elevata sensibilità alla polarizzazione e le buone capacità spettroscopiche con la possibilità di produrre un’immagine della sorgente.

Ma a che può servire, uno strumento del genere, oltre a studiare stelle e buchi neri? Lo abbiamo chiesto a Fabio Muleri, assegnista di ricerca presso il gruppo dell’INAF-IASF di Roma che ha sviluppato il polarimetro X.

«La polarimetria è una delle tecniche di diagnostica principali per lo studio dei plasmi nei tokamak, i dispositivi in cui si tenta di raggiungere la fusione dell’idrogeno al fine di produrre energia. Uno dei problemi principali è comprendere il funzionamento di questi plasmi. E la polarimetria potrebbe essere di grande aiuto».

Visto da fuori, come si presenta, il Gas Pixel Detector?

«Il rivelatore vero e proprio è una scatolina di un centimetro e mezzo per un centimetro e mezzo. Complessivamente, o strumento pesa meno di un chilo, ed è racchiuso in una scatola di 10x15x8 cm».

Ne esistono molti, in commercio?

«Per le caratteristiche che ha, il nostro è unico. In generale, gli strumenti per misurare la polarizzazione dei raggi X, nel mondo, sono pochissimi. E sono ancora meno per quello che riguarda l’astrofisica. Noi siamo in concorrenza con un gruppo  americano che ha sviluppato un altro polarimetro. Il loro ha una maggiore efficienza, ma questo lo costringe a sacrificare altre caratteristiche. Il nostro strumento, per esempio, è l’unico polarimetro X in grado di produrre un’immagine della sorgente, a differenza di quello americano. Inoltre, riusciamo a ottenere tutte le caratteristiche del fotone: il tempo di arrivo nello strumento, la direzione, il livello energetico e la polarizzazione».

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