AD ACCORGERSENE È STATO UN ASTROFILO

Giove ritrova la striscia perduta

La striscia scura di Giove impallidita la primavera scorsa sta riguadagnando colore. Per gli astronomi, è un’occasione unica per osservare in diretta un fenomeno raro e misterioso, provocato dai venti e dalla chimica delle nubi del pianeta.

     25/11/2010

Le metamorfosi della South Equatorial Belt

L’aveva smarrita la primavera scorsa. I primi a dare l’allarme erano stati gli astrofili. Quelle pennellate orizzontali che rendono inconfondibile il più grande pianeta del Sistema solare, loro, le conoscono una a una. E la scomparsa della strisciata scura nota come South Equatorial Belt (SEB) – una banda marrone in corrispondenza dell’equatore, larga più o meno il doppio della Terra – non poteva certo passare inosservata. Il mistero venne chiarito in tempi brevissimi: in realtà, la bella fascia color nocciola era ancora lì, nascosta però sotto una coltre di nuvole biancastre, formate da cristalli di ghiaccio di ammoniaca. Ma l’aspetto di Giove non era più lo stesso.

Ora, però, pare che il pianeta stia ritrovando il suo look. E ancora una volta, il primo a coglierne le avvisaglie è stato un astrofilo, Christopher Go (di Cebu City, nelle Filippine), che a inizio novembre ha registrato la formazione di una macchia brillante in corrispondenza della fascia smarrita: «Sono riuscito a coglierne l’inizio appena in tempo. Mi ero messo a osservare più tardi del solito, rientravo da un meeting che era andato per le lunghe. Per fortuna: avessi scattato le immagini prima, non l’avrei vista». Un successivo follow-up in infrarosso e in ottico, compiuto questa volta con tre fra i migliori telescopi al mondo – l’Infrared Telescope Facility della NASA, il Gemini e il Keck, rispettivamente con specchi da 3, 8 e 10 metri, tutti situati in cima al vulcano Mauna Kea, nelle Hawaii – ha dato conferma agli scienziati che la deflagrazione osservata da Go («un outburst tremendamente energetico», come l’ha definita Imke de Pater, dell’Università di Berkeley) è l’inizio d’una sorta di tempesta ad alta quota. Evento che sembra preludere a una bella schiarita.

Ulteriori dati a conferma di questa ipotesi giungono dalle osservazioni a lunghezze d’onda attorno ai 5 micron, sensibili all’emissione termica delle zone più profonde dell’atmosfera di Giove. Osservazioni dalle quali si evince che il materiale scuro che inizia a intravedersi in banda ottica è visibile proprio attraverso i «buchi» che squarciano lo strato di nubi.  «Potrebbe essere il primo atto del revival della South Equatorial Belt», conclude Glenn Orton, del JPL.

Le metamorfosi della South Equatorial Belt non sono una novità, anzi: tendono ad avere un andamento ciclico. Ogni qualche decina d’anni la SEB diventa completamente bianca per un periodo che va da uno a tre anni. Un cambiamento sul quale gli scienziati si sono interrogati a lungo, e che sembra manifestarsi — per lo meno in modo così intenso e repentino – solo in questa fascia, rendendolo un fenomeno unico per Giove e nell’intero Sistema solare. E variazioni meno appariscenti della luminosità della SEB si verificano con frequenza. Poterle osservare “in azione” offre agli astronomi un’opportunità imperdibile per cercare di comprendere a fondo i fenomeni chimico-fisici dell’atmosfera di Giove, e per mettere meglio a fuoco i quesiti scientifici ai quali la missione spaziale Juno della Nasa, il cui arrivo su Giove è previsto per il 2016, potrebbe dare risposte.