È PIÙ CALDO DELLA MAGGIOR PARTE DELLE STELLE

Kelt-9b, il pianeta bollente

La temperatura arriva a 4600 gradi kelvin, e la sua atmosfera non ha eguali né tra i pianeti né tra le stelle che conosciamo. Alla scoperta, pubblicata oggi su Nature, hanno contribuito l’Osservatorio astronomico dell’Università di Salerno e l’Osservatorio Canis Major

     05/06/2017

Rappresentazione artistica della stella Kelt-9 e del suo pianeta bollente, Kelt-9b. Crediti: Robert Hurt / NASA/JPL-Caltech

Un nuovo pianeta gigante appena scoperto è così caldo che sfida la definizione stessa della parola “pianeta”. Con una temperatura di 4600 gradi kelvin, il pianeta Kelt-9b è addirittura più caldo della maggior parte delle stelle della nostra galassia ed è solo 1200 gradi più “freddo” del nostro Sole.

La scoperta di questo pianeta dalle caratteristiche eccezionali è stata annunciata su Nature da un team internazionale di ricercatori guidato da astronomi della Ohio State University e della Vanderbilt University. Il pianeta è stato rivelato grazie al suo periodico passaggio davanti alla stella ogni 36 ore, notato nei dati della collaborazione Kelt, acronimo di “Kilodegree Extremely Little Telescope”, ossia un piccolo telescopio dalle caratteristiche low cost. La scoperta è stata poi confermata da una rete di telescopi diffusi in tutto il mondo. Per l’Italia hanno contribuito l’Osservatorio Canis Major, diretto da Roberto Zambelli, e l’Osservatorio astronomico dell’Università di Salerno, con il gruppo diretto da Valerio Bozza.

Si tratta di un pianeta gigante con una massa 2,8 volte più grande di quella di Giove, ma con una densità 2 volte più bassa. Infatti, il pianeta, sottoposto ad una radiazione estremamente intensa da parte della sua stella, si è gonfiato come una mongolfiera. Inoltre, poiché rivolge sempre la stessa faccia alla sua stella (come la Luna con la Terra), il lato esposto alla radiazione è così caldo che molecole come acqua, anidride carbonica e metano non possono formarsi. Le proprietà del lato oscuro del pianeta sono del tutto misteriose: forse alcune molecole vi si possono formare, ma solo temporaneamente.

«Sarebbe un pianeta secondo le classiche definizioni basate sulla massa», afferma Scott Gaudi della Ohio State University, che ha guidato lo studio, «ma la sua atmosfera non ha eguali né tra i pianeti né tra le stelle».

«In effetti, le caratteristiche uniche di Kelt-9b sono dovute alla sua stella, che è 2 volte più grande e calda del nostro Sole», ricorda Valerio Bozza dell’Università di Salerno. «Si tratta della più calda stella conosciuta che ospiti un pianeta».

La stella di Kelt-9b emette una tale quantità di radiazione ultravioletta che potrebbe arrivare a dissolvere completamente il pianeta nel giro di qualche centinaio di milioni di anni, spiegano i ricercatori, oppure, se Kelt-9b possiede un nucleo solido roccioso, potrebbe essere ridotto a un’arida roccia come Mercurio. Tuttavia, in meno di un miliardo di anni, la stella diventerà una gigante rossa e potrebbe inghiottire il suo pianeta prima di averlo dissolto. Quale che sia la sua sorte, certamente non si tratta di un mondo ospitale.

Con un’atmosfera continuamente spazzata da un flusso di raggi ultravioletti senza pari, il pianeta potrebbe perfino sviluppare una coda composta dal materiale strappato via, come una cometa.

Sebbene gli astronomi spendano gran parte del loro tempo nello sviluppo di missioni progettate per trovare pianeti abitabili in altri sistemi stellari, ci sono buone ragioni per studiare mondi inabitabili all’estremo. Dopo le recenti scoperte del pianeta intorno a Proxima Centauri e dell’affascinante sistema di Trappist-1, la comunità astronomica si è concentrata nella ricerca di pianeti terrestri intorno a stelle piccole e più fredde del Sole. Dal lato opposto, la stella di Kelt-9b è più grande e più calda del Sole. È perciò utile per complementare questi studi e per capire come possano formarsi pianeti intorno a stelle calde e massicce e, in ultima analisi, come vengono distrutti.

Nei prossimi mesi, osservazioni con i telescopi spaziali Hubble, Spitzer e poi il James Webb Space Telescope potranno chiarire se il pianeta ha una coda cometaria e predire quanto durerà l’infuocata vita di questo pianeta.

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature l’articolo “A giant planet undergoing extreme-ultraviolet irradiation by its hot massive-star host“, B. Scott Gaudi, Keivan G. Stassun, Karen A. Collins, Thomas G. Beatty, George Zhou, David W. Latham, Allyson Bieryla, Jason D. Eastman, Robert J. Siverd, Justin R. Crepp, Erica J. Gonzales, Daniel J. Stevens, Lars A. Buchhave, Joshua Pepper, Marshall C. Johnson, Knicole D. Colon, Eric L. N. Jensen, Joseph E. Rodriguez, Valerio Bozza, Sebastiano Calchi Novati, Giuseppe D’Ago, Mary T. Dumont, Tyler Ellis, Clement Gaillard, Hannah Jang-Condell, David H. Kasper, Akihiko Fukui, Joao Gregorio, Ayaka Ito, John F. Kielkopf, Mark Manner, Kyle Matt, Norio Narita, Thomas E. Oberst, Phillip A. Reed, Gaetano Scarpetta, Denice C. Stephens, Rex R. Yeigh, Roberto Zambelli, B. J. Fulton, Andrew W. Howard, David J. James, Matthew Penny, Daniel Bayliss, Ivan A. Curtis, D. L. DePoy, Gilbert A. Esquerdo, Andrew Gould, Michael D. Joner, Rudolf B. Kuhn, Jonathan Labadie-Bartz, Michael B. Lund, Jennifer L. Marshall, Kim K. McLeod, Richard W. Pogge, Howard Relles, Christopher Stockdale, T. G. Tan, Mark Trueblood e Patricia Trueblood