A CACCIA DI ESOPIANETI CON NUOVE TECNOLOGIE

La stella t’acceca? Basta un chip

Un nuovo dispositivo interferometrico promette di captare la debole luce emessa dai pianeti extrasolari annullando (o quasi) quella proveniente dai loro soli. Realizzato dai ricercatori dell’Australian National University, consentirebbe di cercare mondi le cui atmosfere contengono ozono, un buon indicatore della possibile presenza di vita

     07/12/2016
Il nuovo chip per telescopi Credit: Stuart Hay, ANU

Il nuovo chip per telescopi. Crediti: Stuart Hay, ANU

Un nuovo dispositivo è stato presentato al convegno dell’Australian Institute of Physics in corso a Brisbane questa settimana. Si tratta di un chip ottico per telescopi messo a punto dalla squadra di ricercatori guidati da Steve Madden, dell’Australian National University (ANU). Lo strumento consente di rimuovere la luce della stella madre di un pianeta extrasolare permettendo così agli astronomi di avere una chiara immagine dell’esopianeta stesso.

Nato da una collaborazione durata oltre dieci anni tra astronomi e ingegneri, l’obiettivo finale è quello di «trovare un pianeta simile alla Terra che potrebbe sostenere la vita», dice Madden. «Per riuscirci, abbiamo bisogno di capire come e dove i pianeti si formano all’interno di nubi di polvere. Compreso questo, potremo metterci alla ricerca di pianeti con un’atmosfera contenente ozono, che è un forte indicatore della presenza di vita».

Ma come funziona questo nuovo chip ottico? «Si tratta di un interferometro», spiega Madden, «e funziona in modo simile alle cuffie che cancellano il rumore». Nel caso dell’osservazione di esopianeti, «l’interferometro aggiunge onde uguali ma opposte a quelle della luce che proviene dalla stella madre, annullandola e lasciando così emergere la luce più debole».

Steven Madden Credit: Stuart Hay, ANU

Steven Madden. Crediti: Stuart Hay, ANU

«Funziona un po’ come i visori termici che consente ai vigili del fuoco di vedere attraverso il fumo», aggiunge Harry Dean-Kenchington Goldsmith, il dottorando che ha costruito il chip. «Utilizza il calore emesso dal pianeta, visibile anche attraverso le nubi di polvere, consentendo così di vederne la formazione. La stessa tecnologia ci permetterà di rilevare l’ozono su pianeti alieni che potrebbero sostenere la vita» .