LO STUDIO DI UN TEAM DELL’UNIVERSITÀ DEL CILE

Buchi neri: chiedilo alla polvere

È stato pubblicato su MNRAS uno studio sui nuclei galattici attivi che misura la quantità di energia restituita da un buco nero supermassiccio dopo un “pasto”. Le simulazioni hanno stabilito la quantità di energia che il buco nero emette, misurando le radiazioni assorbite dalle nubi di gas e polveri che circondano l’oggetto: il cosiddetto toro

     08/04/2016
Un fermo immagine della simulazione realizzata sulla base dei risultati dello studio sull'interazione tra la radiazione emessa da un buco nero che 'mangia' e il toro di gas e polvere che gli ruota intorno. Crediti: Ricardo Ramírez, CATA

Un fermo immagine della simulazione realizzata sulla base dei risultati dello studio sull’interazione tra la radiazione emessa da un buco nero che ‘mangia’ e il toro di gas e polvere che gli ruota intorno. Crediti: Ricardo Ramírez, CATA

Uno studio sui nuclei galattici attivi, ovvero quei buchi neri supermassicci che superano di milioni o addirittura miliardi di volte la massa del nostro Sole, ha misurato la quantità di radiazione che viene restituita dall’oggetto quando si alimenta e che è assorbita dal toro, ovvero quella “ciambella” di gas denso e ricco di polvere che ruota attorno ai nuclei attivi.

Lo studio è stato pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society e realizzato da un team di scienziati guidati da Marko Stalevski, investigador postdoctoral del Dipartimento di Astronomia della Universidad de Chile e del Centro di Astrofisica e tecnologie affini (CATA), utilizzando i dati provenienti da alcuni telescopi spaziali, tra i quali Herschel, Spitzer e Hubble, e a terra: Subaru, Galex, Ukirt e CFHT.

I buchi neri sono oggetti affascinanti, la loro fama deve molto al mistero che li avvolge e da sempre questo loro fascino è stato sfruttato in film e serie di fantascienza: uno fra tutti – e certamente tra i più belli dei film che li vede protagonisti – è il recente Interstellar, che ha sfruttato al riguardo le teorie di Kip Thorne. Anche per questo, mentre tra i non addetti ai lavori pochi hanno sentito parlare di pulsar o radiogalassie, i buchi neri li conoscono tutti. Almeno di nome. In realtà molto poco si sa di questi oggetti e del loro comportamento, e lo studio realizzato dagli scienziati cileni dà un importante contributo sulla via della loro conoscenza.

Dopo mesi di lavoro, durante i quali un ruolo di primo piano è stato svolto dai supercalcolatori usati per effettuare le simulazioni, è stato infatti possibile ricostruire l’interazione esistente tra la luce e la materia che ruota intorno ai buchi neri supermassicci, quelli di massa tale da essere classificati come nuclei galattici attivi. Nell’universo locale il 10 percento circa delle grandi galassie hanno un nucleo compatto ed estremamente luminoso detto appunto nucleo galattico attivo (Active Galactic Nucleus, AGN).

Si usa dire che un buco nero si alimenta quando qualcosa “cade” al suo interno. La materia ingurgitata raggiunge allora temperature altissime ed emette radiazioni. Quello che non era mai stato misurato è quante di queste radiazioni fossero catturate dalle nubi ricche di polveri che ruotano intorno all’oggetto e grazie alle misurazioni simulate è stato possibile stabilire che la quantità di radiazioni catturate è minore di quanto ci si aspettasse.

Secondo Paulina Lira, dell’Università del Cile e tra gli autori dello studio, questo è un risultato particolarmente interessante perché ci permette di stabilire quanto i buchi neri “crescano” in proporzione alla quantità di materiale che viene ingurgitato. Tale quantità può essere infatti stabilita misurando la radiazione catturata dal toro.

Tra gli autori dello studio ci sono anche due italianI: Jacopo Fritz, dell’Instituto de Radioastronomía y Astrofísica messicano, e Claudio Ricci, ricercatore postdoc presso il dipartimento di Astrofisica della Pontificia Universidad Católica de Chile, al quale abbiamo rivolto qualche domanda.

Dottor Ricci, in quale modo i risultati di questo studio possono contribuire alla nostra comprensione dell’evoluzione dell’Universo?

«I nuclei galattici attivi giocano un ruolo molto importante nell’evoluzione delle galassie, ed uno dei temi più dibattuti nello studio di questi oggetti è come essi riescano ad influenzare zone della galassia che sono situate al di fuori del loro campo gravitazionale. Un passo fondamentale per risolvere questo problema è capire come gli AGN interagiscono con il gas e la polvere attorno al buco nero. Le nostre simulazioni ci hanno permesso di chiarire questo punto, mostrando come si può usare la radiazione emessa dalla polvere nell’infrarosso per ottenere importanti informazioni sulla struttura e l’evoluzione del materiale attorno al buco nero».

Possiamo dire, grazie ai risultati delle simulazioni di conoscere meglio gli AGN, ma quanto rimane ancora da scoprire prima di poter dire di conoscerli davvero?

«Gli AGN sono oggetti molto complessi, e c’è ancora molto da capire per quanto riguarda, ad esempio, la loro struttura ed evoluzione».

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